Intervista al Prof. Enrico Giovannini, co-fondatore e Portavoce ASviS, già Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché Presidente Istat e Chief Statistician OCSE

 

Professor Giovannini, la nuova Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato in più occasioni di ritenere centrale la necessità di affrontare i cambiamenti climatici, tecnologici e demografici che stanno trasformando le nostre società e il nostro modo di vivere. I lavori della Commissione hanno preso il via ufficialmente il 1° novembre 2019. C’è da aspettarsi una rivoluzione? Qual è lo stato dell’arte sul Green New Deal in Europa?

Sin dal suo primo discorso di insediamento, Ursula von der Leyen è stata chiara dicendo che lo sviluppo sostenibile deve essere al centro delle politiche europee. Intenzione confermata dalle lettere di missione inviate ai commissari designati, nelle quali viene esplicitata la loro responsabilità per il raggiungimento degli SDGs (l’acronimo inglese per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile). Inoltre, la Presidente ha annunciato di voler ridisegnare il Semestre europeo, cioè il processo di coordinamento delle politiche economiche e sociali dei Paesi UE, intorno all’Agenda 2030. Parallelamente, il Commissario europeo designato per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha dichiarato, durante la presentazione del Rapporto ASviS 2019 del 4 ottobre, che si concentrerà in primo luogo su un grande piano di investimenti, circa 1000 miliardi di euro, per costruire un’Europa sostenibile. Tutte dichiarazioni che registrano un netto cambio di passo rispetto alla precedente Commissione. Certo, fino a ora sono solo parole, vedremo quali saranno i fatti.

Frans Timmermans è stato designato come vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo (gestendo anche il portafoglio di azioni per il clima). E’ la persona giusta, secondo lei?

Si tratta di un compito difficile, ma Timmermans ha le competenze per portare avanti il grande disegno di rendere l’Europa il primo continente carbon neutral del mondo, come da lui dichiarato nelle recenti uscite pubbliche. Durante il suo ultimo mandato ha guidato i progetti europei sullo sviluppo sostenibile e ha contribuito all’adozione della strategia europea sull’economia circolare, che risulta piuttosto ambiziosa, senza dimenticare la direttiva sulla plastica monouso. Conosce bene, quindi, quali e quante sono le problematiche e le opportunità legate allo sviluppo sostenibile.

In Italia, il Parlamento ha approvato la Manovra 2020 dell’Esecutivo Conte-bis. Come valuta le misure in tema di sviluppo sostenibile? Si può parlare dell’inizio di un Green Deal italiano?

Per essere valutata in modo obiettivo, bisogna ricordare che questa Legge di Bilancio nasce dall’esigenza di disinnescare l’aumento previsto dell’Iva. Nei limiti finanziari, credo che il provvedimento presenti diversi elementi interessanti e innovativi, anche per questo scatena polemiche, e va guardato nella sua interezza. Per esempio, sono state individuate diverse azioni per lottare in modo deciso sull’evasione fiscale. Non si tratta soltanto di una questione di ingiustizia sociale, in quanto l’evasione aiuta le imprese che invece di innovare e competere in modo corretto, fanno soldi attraverso l’evasione. I dati, infatti, mostrano chiaramente che in quei settori dove c’è maggiore evasione, la produttività cresce poco. La manovra prevede una serie di provvedimenti innovativi per la transizione ecologica. Il primo ha a che fare con una proposta che l’ASviS porta avanti ormai da quasi quattro anni, cioè legare gli incentivi all’innovazione e per la digitalizzazione al passaggio all’economia circolare, invece che considerarli due processi separati. Questo non costa di più, ma aiuta le nostre imprese a orientare le proprie strategie verso la sostenibilità. E poi ci sono ingenti investimenti a favore del Green New Deal. Sono ancora insufficienti, ma il cambio di prospettiva rispetto ai precedenti governi è evidente.

Secondo lei, vanno nella direzione degli SDGs delineati dall’Agenda 2030?

Il provvedimento conferma quanto dichiarato dal ministro Roberto Gualtieri durante la presentazione del Rapporto ASviS. Leggendo l’insieme degli atti di governo, la Legge di Bilancio, il Decreto legge sul clima e quello fiscale, la proposta avanzata dal Governo prevede investimenti senza precedenti nella trasformazione del sistema socio-economico nel senso dello sviluppo sostenibile. Senza dimenticare la difficoltà di tradurre in fatti i buoni propositi sugli investimenti, è comunque interessante la prospettiva che emerge dalla proposta del Governo.

Dal punto di vista economico degli investimenti in progetto per l’economia sostenibile nel nostro Paese, ritiene che siano sufficienti per iniziare un processo di cambiamento?

Nonostante i risultati fin qui ottenuti in termini di uso di energie rinnovabili, abbiamo bisogno di accelerare il processo di decarbonizzazione della nostra economia e questo richiede risorse ingenti, non solo da parte del settore pubblico, ma soprattutto dei privati. D’altra parte, la discussione delle ultime settimane ha reso evidente a tutti che la transizione a un modello sostenibile di sviluppo non è un processo facile e senza costi. Quello che è inaccettabile è un giorno lodare la pressione che i giovani esercitano per rendere il mondo sostenibile e il giorno successivo sostenere chi si oppone al cambiamento in nome dei propri interessi, per quanto legittimi. Alla politica, ma anche agli opinion leader, agli imprenditori e alla società civile tocca orientare le scelte di oggi verso l’economia circolare e lo sviluppo sostenibile, sapendo che esse influiranno sul presente e sul futuro dell’Italia e del pianeta.

I discorsi di insediamento della Presidente von der Leyen e del Presidente Conte manifestano una sintonia riguardo al tema del Green New Deal e di quanto esso sia diventato cruciale per la nostra esistenza futura su questo pianeta. Ecco, Oscar di Montingy su Linkiesta scrive che “senza il rilancio della democrazia la svolta verde sarà un flop”, e che nonostante quanto sostenuto dai Presidenti, “solo col consenso generale si potrà davvero cambiare la situazione”. E’ d’accordo?

Lo sviluppo sostenibile è chiaramente un tema che tocca da vicino la democrazia. Si pensi al mondo dell’energia, il passaggio da un sistema basato sui combustibili fossili a uno sulle rinnovabili richiede il decentramento da grandi centrali inquinanti, come quelle a carbone, a piccole e medie strutture sul territorio capaci di produrre e stoccare energia in modo pulito. Questo decentramento del potere energetico è un esempio del cambiamento negli assetti economici che ci aspetta, con inevitabili redistribuzioni del potere tra diversi gruppi sociali. Anche la richiesta di maggiore giustizia tra le generazioni espressa dai giovani che manifestano per la lotta al cambiamento climatico ha a che fare con un cambiamento degli attuali processi decisionali democratici, a favore di una maggiore attenzione al futuro, a scapito del rendimento immediato di scelte politiche poco lungimiranti. L’inefficienza dei governi di tutto il mondo nella lotta al cambiamento climatico è una sfida alla democrazia, oltre che al funzionamento attuale del sistema capitalistico, incapace di assicurare sia la giustizia intragenerazionale, sia quella intergenerazionale. E non lasciare nessuno indietro è proprio il motto dell’Agenda 2030. D’altra parte, c’è il rischio che la paura del futuro spinga verso soluzioni politiche nazionalistiche e isolazioniste, che sappiamo bene non funzionano e anzi determinano danni ingenti. La storia del Novecento, con le sue guerre e i suoi orrori, sta lì a dimostrare i rischi che le democrazie possono correre se non si dimostrano in grado di rispondere alle giuste istanze dei cittadini con soluzioni cooperative e aperte al futuro.

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