Tra le varie sfide che il neo Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha voluto inserire nella sua agenda e che rappresentano gli assi portanti di quella che egli stesso ha definito una “nuova ricostruzione”, c’è quella della sostenibilità, della transizione ecologica. Tema molto caro a diverse associazioni ambientaliste, sostenuto da varie parti politiche e, ovviamente, dall’Europa.
Prima dell’insediamento di Draghi (e della successiva costituzione del nuovo dicastero), esisteva già un dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi, e che faceva parte del Ministero per l’Ambiente guidato da Sergio Costa. Il dipartimento curava le competenze del Ministero in materia di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, efficientamento energetico, miglioramento della qualità dell’aria e sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale ambientale, valutazione e autorizzazione ambientale e di risanamento ambientale.
Ma quello di cui, probabilmente, c’era bisogno era un cambio di passo, anche per quanto riguarda la “questione ecologica”, condivisa, non più rimandabile, e da tradurre in azioni concrete nel più breve tempo possibile. E così Draghi è stato di parola: la prima mossa, in questo senso, è stata la creazione del nuovo Ministero della Transizione Ecologica, un super-Dicastero che sostituisce e riorganizza il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ampio l’ambito di azione, che assorbe, oltre a tutte le competenze dell’ex Ministero dell’Ambiente, anche alcune delle competenze chiave nel processo della transizione ecologica, inerenti principalmente il settore dell’energia. In quest’ottica è previsto il passaggio nella nuova struttura di alcune Direzioni del Ministero dello Sviluppo economico.
Pochi giorni fa, nel corso del webinar “Verso la Conferenza Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile”, Roberto Cingolani (fisico, accademico e titolare del nuovo Dicastero) ha illustrato gli otto macro-temi del suo programma per “un Pianeta in salute e una società giusta”. Per il Ministro “la sostenibilità è un concetto di compromesso fra diverse istanze, che cambiano nel tempo. I problemi sono tutti interconnessi e richiedono soluzioni multiple“. Il percorso parte da crocevia molto chiari: programmi internazionali e nazionali per l’ambiente, clima, trasporti, abitazioni, chimica, rifiuti, uso delle risorse naturali, cibo e biodiversità. Sono questi gli otto punti della suo piano: “Con questa agenda avremo molto da costruire. Mi sono dato qualche mese per creare un documento di visione che rimanga per le future scelte che verranno fatte da chi farà politica. Servirà per indirizzi durevoli per le future generazioni”.
Il Ministro ha parlato innanzitutto dell’approccio al tema della transizione ecologica, che “va affrontata con un’ottica ‘glocal’. Il primo punto è che l’umanità deve mettersi d’accordo su cosa fare, poi ciascun Paese deve fare il suo“. Poi a seguire Cingolani ha inserito interventi su clima e trasporti. Il primo, ha spiegato, è vittima di un danno veloce da realizzare e lungo da recuperare: “Se portiamo le temperature sopra i 2 gradi dai livelli pre-industriali, poi ci metteranno secoli a scendere”. Mentre in materia di mobilità l’obiettivo sarà quello di raggiungere un “giusto equilibrio fra le esigenze dell’economia e dell’ambiente. L’elettrificazione, il trasporto pubblico, la riduzione dei mezzi privati”.
Il quarto punto riguarda le abitazioni: “In metà del pianeta, la principale fonte di inquinamento sono le case e le cucine. I centri urbani creano grandi opportunità, ma anche grandi problemi”, sottolinea Cingolani. Che si è soffermato anche sull’utilizzo improprio della chimica: “Viviamo in un’era ‘chemical intensive’: plastica, pesticidi, antibiotici, sostanze nuove delle quali non conosciamo i rischi”. Il ciclo dei rifiuti è il sesto punto, mentre al settimo c’è l’uso delle risorse naturali. Cingolani ha spiegato che fra luglio e agosto avremo già consumato le risorse dell’anno e cominceremo a consumare quelle dell’anno successivo. Il cosiddetto Earth Overshoot Day. “Occorre puntare sul recupero dei materiali. Servirebbe insegnare ai nostri figli forme di sobrietà digitale”, ha spiegato il ministro. Ultimo punto è quello legato a cibo e biodiversità: “Fatta 100 la massa globale degli animali selvatici, quella degli animali domestici è 700, quella degli uomini 300. L’agricoltura intensiva pone problemi. La soluzione non è fermare il progresso, ma neppure fare quello che si vuole”.
La nascita del nuovo super-ministero è chiaramente una buona notizia. Le intenzioni sono difficilmente non condivisibili e in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030, ma è innegabile che il rischio che il Ministero si trasformi in una scatola vuota (come accaduto in Francia) c’è. E questo no, non possiamo davvero permettercelo, anche perché per accedere ai fondi del programma Next Generation EU, cioè ai fondi che arriveranno all’Italia dall’Unione Europea e che ammonteranno a circa 210 miliardi di euro, è necessario che il Piano nazionale di ripresa e resilienza sia in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e che si basi su alcuni principi fondamentali, come ad esempio la transizione ambientale.