Negli ultimi giorni abbiamo appreso la notizia che l’esercito di Israele, durante un rastrellamento a Gaza City, ha ucciso tre degli ostaggi israeliani, che i terroristi di Hamas avevano catturato durante il tragico raid del 7 ottobre scorso, che erano riusciti a liberarsi e a fuggire dai loro carcerieri. Si parla di “fuoco amico”, di responsabilità individuali dei soldati che avrebbero commesso un errore, di non rispetto delle regole d’ingaggio. Non ritengo che la questione possa essere liquidata in questo modo.
I tre ostaggi sono stati uccisi nonostante, consapevoli di trovarsi in una zona di guerra, si fossero presentati con una bandiera bianca, a torso nudo per dimostrare che non avevano armi o esplosivi addosso e chiedendo aiuto in lingua ebraica. Non è il primo episodio, in questo drammatico conflitto, di civili uccisi dall’esercito israeliano in situazioni simili: tanti civili palestinesi sono stati uccisi mentre issando la bandiera bianca cercavano di soccorrere feriti o recuperare i corpi di familiari uccisi. Nelle stesse ore cecchini israeliani uccidevano una donna e una bambina e ferivano altre sette persone, rifugiati presso la parrocchia Sacra Famiglia, unica chiesa cattolica di Gaza. Una chiesa che, come ricordato dal Patriarca di Gerusalemme, monsignor Pizzaballa, dà rifugio, insieme alla casa delle Sorelle della Carità anch’essa bombardata, a tante famiglie, ragazzi e portatori di handicap palestinesi a cui, giornalmente, Papa Francesco telefona per porgere la sua parola di conforto.
Tutto questo ci dice che l’episodio dell’uccisione degli ostaggi non può essere addebitato alla responsabilità del singolo soldato ma va addossato alla scelta fatta dal governo di Israele di condurre una “guerra totale” contro i palestinesi, una guerra in cui non c’è nessuna distinzione tra civili e miliziani, una guerra in cui non si fanno prigionieri e in cui la stessa sorte degli ostaggi israeliani è considerata come un inevitabile prezzo da pagare.
Caro Salvatore, condivido in pieno le tue riflessioni.
E noto con profonda amarezza che questa posizione, secondo me largamente condivisa dalle persone che analizzano i fatti con oggettività e buon senso, sia totalmente estranea al messaggio che ci arriva dai mezzi di comunicazione “mainstream”.
Caro Salvatore, condivido ogni tua parola. La tua analisi è drammaticamente vera. Occorre una risposta forte da ogni cittadino (del mondo) per chiedere la pace e garantire ai palestinesi una patria indipendente in cui poter vivere umanamente. In risposta al silenzio dei potenti (?) la piazza può far sentire la sua voce
Bravo Salvatore! Alla fine ci sei arrivato pure tu. È una stupidaggine colossale continuare a pensare che questa guerra comincia il 7 ottobre, dove invece si svolge una fase certamente cruenta. Penso che moltissimi israeliani la pensano come noi Ti abbraccio!
Condivido in pieno ma purtroppo non mi aspettavo niente di diverso dalla reazione dell’attuale governo di Israele. Sono piu’ preoccupata dall’incapacita’ di tutti i cosiddetti paesi democratici, compresi gli Stati Uniti, di assumersi le proprie responsabilita’ per avere chiuso gli occhi sul problema palestinese.
Caro Salvatore, è quello che penso anch’io, come molti altri. Considerato il potere finanziario e politico che esercitano molti ebrei fuori da Israele, occorrerebbe che grandi organizzazioni promuovessero manifestazioni nei principali Paesi occidentali
Ciao Salvatore, sempre lucido e grande capacità di analisi, quello che è successo il 7 ottobre per mano di hamas è sicuramente una barbarie da condannare forse israele non aspettava altro per fare quello che sta facendo a nome del diritto alla difesa, tutte le guerre sono una barbarie e sempre chi ne paga le conseguenze sono i civili vedi anche la questione ucraina, da qualche tempo mi sto facendo sempre più spesso una domanda, noi occidentali siamo immuni da responsabilità? Forse no, l’indifferenza verso le diaspore di altri paesi vissute sottovoce sicuramente non valorizzano la diplomazia la quale ritengo abbia grosse responsabilità, soprattutto sulla vicenda ucraina.siamo deboli, siamo incapaci? purtroppo le indifferenze di tutti a non affrontare i problemi sfociano quasi sempre in conflitti e le guerre anche se le condanniamo, sono morte e distruzione, bisogna trovare la via per fermarle, e soprattutto prevenirle.