(dal sito fiscodiprossimita.it)

Due anni fa, al momento del cambio di Amministrazione, il Comune di Napoli era disastrato sul piano finanziario (5 miliardi di esposizione: 2,2 di deficit e 2,8 di mutui); debilitato sul piano organizzativo (4500 dipendenti circa, per quasi 1 milione di abitanti); bloccato nel suo sviluppo (trasporti, igiene e rigenerazione urbana, decoro, accoglienza, ecc).

Il peso che Napoli ha nel quadro italiano ed europeo è tale che si doveva farla uscire dall’immobilismo economico e dal dissesto finanziario. E questo era l’impegno assunto con gli elettori. Bisognava, però, agire subito. Ma fu immediatamente chiaro che, dato lo stato in cui versava, Napoli non sarebbe stata in grado di ripartire da sola.
Questa convinzione fu condivisa dal governo Draghi, in carica allora; dai partiti nazionali e locali, che lo sostenevano e, in verità, anche da molti esponenti della minoranza locale e nazionale di allora. Così Napoli divenne una “questione nazionale”.

I tre piani di intervento

Si decise, quindi, di muoverci su tre piani.

  • Il primo: ottenere un contributo finanziario dello Stato (diventato poi il “Patto per Napoli” con il 1,3 miliardi a fondo perduto); accompagnato da un piano di interventi, sia fiscali che organizzativi, che il Comune avrebbe adottato;
  • Il secondo: avviare una riorganizzazione della struttura del Comune, delle partecipate e del patrimonio, a cominciare dalla assunzione di quasi un migliaio di persone.
  • Il terzo: cogliere appieno l’opportunità data dal PNRR per finanziare un piano di investimenti molto ambizioso su mobilità, decoro e rigenerazione urbana.

Questa strategia è, evidentemente, di lungo periodo; ma sta già dando i suoi frutti. Le assunzioni si sono fatte e altre ne sono previste e l’ingresso di centinaia di giovani favorisce un risveglio di energie positivo; il riordino delle partecipate è quasi completato e l’accordo con la Sgr pubblica Invimit ha dato impulso alla valorizzazione dell’intero patrimonio comunale (67 mila unità immobiliari, di cui 23 mila Erp). I molti cantieri aperti (metropolitana, strade, verde) provocano disagio; ma sono la prova che la città si sta muovendo e, a oggi, abbiamo largamente superato il miliardo di finanziamenti (PNRR e altri fondi) e prevediamo di arrivare a 2 miliardi entro il 2026.

I numeri del bilancio

Anche il bilancio, ancora molto problematico, sta reagendo positivamente alla cura. Il primo indicatore, il più significativo, è il risultato del 2022: oltre ad aver coperto le pendenze obbligate (la quota annuale di rientro dal disavanzo e le rate dei mutui, entrambe di circa 150 milioni ciascuna) abbiamo realizzato 50 milioni di avanzo, che, purtroppo, per le regole contabili degli Enti sottoposti a piano di rientro, restano accantonate sino alla fine del piano (ovvero, per noi, nel 2044!). Certamente le risorse previste dal “Patto per Napoli”, che Draghi e Manfredi hanno firmato nella primavera del 2022, sono una fonte di ossigeno necessaria; ma il risanamento finanziario del Comune è anche il frutto dei provvedimenti, condivisi nel “Patto”, adottati in proprio dal Comune.

L’impegno della cittadinanza

Sul piano fiscale, innanzi tutto. Si trattava, da un lato, di recuperare risorse, ma soprattutto di dimostrare a noi stessi e al resto del Paese che all’ingente finanziamento statale corrispondeva un impegno in proprio dei napoletani. Abbiamo aumentato dello 0,1% l’addizionale Irpef nel 2022 e nel 2023 e adeguato la Tari, che era ferma da 4 anni. Ma, in compenso, abbiamo anche previsto un sostegno alle situazioni famigliari più disagiate.
L’esplosione turistica post Covid è una manna per Napoli, ma gestirla significa maggiori servizi, penso ai rifiuti, e alzare la qualità dell’offerta. Abbiamo, perciò, aumentato di 2 euro la tassa di imbarco aeroportuale e, anche se non previsto dal “patto”, incrementato di 0,50 euro la imposta di soggiorno.

Risolvere il problema della riscossione

Ma la vera emergenza si è rivelata la riscossione. Il tasso di evasione ed elusione a Napoli è tra i più alti d’Italia e i crediti del Comune verso i contribuenti si aggirano sui 3 miliardi (oltre 800 milioni di multe non riscosse e poco meno di Tari e 250 milioni di morosità del patrimonio pubblico). L’aspetto più sorprendente è che il tasso di evasione è elevato in ogni quartiere della città, indipendentemente dal reddito medio e dalla vivibilità delle aree. È evidente che il problema di fondo del Comune di Napoli è questo. Fino a che non si recupera un tasso di riscossione normale ogni intervento di sostegno finanziario esterno o di aumento fiscale solo su chi già paga, sarà sempre una pezza su una ferita sanguinante. Abbiamo affidato alla società specializzata Municipia il recupero delle tasse e tributi non pagati. L’operazione è appena cominciata; bisognerà attendere un po’ per intravvedere i primi effetti sul bilancio. Ma già nelle prossime settimane saranno spediti circa 200 mila “inviti” ai napoletani a regolarizzarsi.

Un nuovo patto per la città

Il successo di questa complessa strategia di rilancio della città non dipende soltanto dalle soluzioni tecniche e organizzative, pur indispensabili, ma dallo spirito che le anima: definire un nuovo patto tra l’Amministrazione e i napoletani per una città migliore vissuta da cittadini che così la condividono e partecipano a costruirla.

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