Il nostro Paese e l’Europa stanno attraversando un periodo che definire difficile è sicuramente riduttivo. La posta in gioco si è alzata moltissimo e ne va della stessa qualità democratica delle nostre società. Nel nostro Paese, il Governo gialloverde sempre più si caratterizza, oltre che per incompetenza e improvvisazione specie sulle questioni economiche, per una comunanza di intenti tra le forze politiche che lo sostengono, comunanza che definirei “eversiva” delle Istituzioni nazionali ed europee. Su questo terreno sembra esserci grande unità tra Lega e 5 Stelle.
A sostegno di questa tesi ci sono diversi esempi, comportamenti, prese di posizione che, con più o meno rilevanza, perseguono il disegno di smantellare, o almeno di depotenziare, istituzioni fondamentali della Repubblica e dell’Ue. Lo svuotamento del ruolo e della funzione del Parlamento, l’occupazione spartitoria delle cariche pubbliche, il tentativo di mettere in mora il Presidente della Repubblica, arrivando a parlare di impeachment, i continui attacchi alle strutture e ai dirigenti dello Stato, prima fra tutte la Ragioneria Generale, gli attacchi smodati all’autonomia della Banca d’Italia e alle altre Autorità di garanzia, l’uso disinvolto e illegittimo di divise e simboli di Corpi dello Stato che finisce per appannarne il ruolo e l’immagine di terzietà rispetto alle appartenenze partitiche, la continua e sguaiata delegittimazione delle Istituzioni Europee e dei loro rappresentanti, e si potrebbe continuare…
Tutti parlano o straparlano di Europa, ma, escludendo coloro che hanno l’unico obiettivo di distruggere o comunque ridimensionare l’Unione europea e le sue Istituzioni, sarebbe necessario che le forze politiche che si dichiarano “europeiste” iniziassero a mettere in chiaro quali sono le loro concrete proposte di riforma dell’Unione, atteso che, a qualche giorno dal voto europeo, esse risultano spesso indeterminate e poco conosciute.
Quello che segue vuole essere un contributo (schematico) di merito, a questa urgente discussione, senza avere la pretesa di essere esaustivo di tutte le questioni da affrontare.
Si può partire da quattro grandi questioni che costituiscono, a mio avviso, delle priorità:
- assetto istituzionale;
- politiche economiche (moneta unica, fiscalità, welfare, crescita economica);
- politica estera e di difesa;
- politiche migratorie.
Assetto istituzionale
L’Ue è una libera associazione tra Stati nazionali e l’adesione all’Unione non può che comportare alcune rinunce dì sovranità nazionali a favore di una sovranità condivisa. Oggi le sovranità esercitabili dall’Ue sono insufficienti e parziali.
Bisogna:
- dare effettivi poteri legislativi al Parlamento europeo consentendone l’immediata applicabilità negli Stati membri;
- superare il meccanismo decisionale all’unanimità tra gli Stati membri, passando alle decisioni a maggioranza, semplice o qualificata a seconda delle questioni;
- definire sanzioni economiche per gli Stati membri che non dovessero rispettare le decisioni assunte (si può agire tramite rimodulazioni dei benefici dei Fondi Strutturali e di altri programmi europei);
- stabilire regole comuni di democrazia economica e di partecipazione dei lavoratori nell’impresa. Incrementare i poteri del Comitato Economico e Sociale.
Politiche economiche
In questo ambito, l’Ue viaggia a velocità diverse. La differenza più grande è tra i Paesi che aderiscono alla moneta unica e quelli che ne sono fuori.
Ma anche tra gli stessi Paesi aderenti all’Euro, esistono forti differenze di equilibrio di bilancio, di produttività, di surplus commerciale, di welfare, di fiscalità. È necessario adottare politiche di maggiore convergenza, definendone, come nel Trattato di Maastricht, tempi e obiettivi:
- rapido superamento dei “paradisi fiscali” interni e delle politiche di “dumping fiscale” praticate da alcuni Paesi membri;
- rafforzamento del Fondo Sociale Europeo, quale strumento per la compensazione dei differenziali di sviluppo;
- varo di un grande e organico piano europeo, di lunga durata e con risorse adeguate, per sostenere, nei singoli Paesi o aree territoriali svantaggiate, la crescita, l’innovazione tecnologica, la competitività globale, la sostenibilità ambientale, la valorizzazione dei patrimoni culturali ed ambientali dei territori;
- rafforzare i poteri della BCE di controllo e di garanzia sui titoli di debito emessi dagli Stati membri, per una maggiore stabilità dell’Euro sia dal punto di vista del cambio che del controllo dell’inflazione;
- definizione di un programma europeo di difesa dei disoccupati (tipo “Scudo europeo” ideato da Tarantelli) che intervenga sia sul sostegno al reddito che sulla formazione finalizzata ai nuovi lavori;
- definizione della percentuale di bilancio che ogni singolo Stato membro dovrà obbligatoriamente destinare alle politiche di welfare, lasciando alla determinazione di ciascuno, la distribuzione tra le diverse voci di spesa sociale;
- varo di uno specifico programma di sostegno all’istruzione che, ricomprendendo la felice esperienza di Erasmus, la allarghi anche all’istruzione media e professionale.
Politica estera e difesa
Questi ambiti sono, senza dubbio, i più delicati e quelli sui quali la rinuncia di sovranità è più difficile. Ciononostante, bisogna essere consapevoli che il mondo è troppo grande perché ogni singolo Stato europeo possa avere l’ambizione di giocare un ruolo globale che, tuttavia, rimane un obiettivo indispensabile se non si vuole divenire ininfluenti non soltanto sul piano geopolitico ma anche economico, sociale e culturale.
Non partiamo da zero, infatti il riconoscimento della speciale funzione di Ministro degli Esteri dell’Ue, la presenza di “ambasciatori” e “inviati” della stessa Unione in molte aree di crisi del mondo, l’esistenza di molteplici strutture militari, permanenti e “on call” comuni, di programmi congiunti per la realizzazione di nuovi sistemi d’arma, sono la concreta dimostrazione di come sia forte la consapevolezza, più o meno da parte di tutti i governi degli Stati europei, della necessità di unificazione di queste politiche.
Tuttavia, l’Europa continua a presentarsi divisa e spesso impotente sullo scenario internazionale e i sovranismi dilaganti ci stanno facendo fare passi indietro. Sono necessarie scelte forti:
- rafforzamento delle strutture di Politica estera dell’Unione aumentando i poteri di coordinamento della figura di Ministro degli Esteri europeo, istituendo la figura di ambasciatore dell’Ue, in tutti i Paesi extra-Unione e affidandogli sia il compito di rappresentare le istituzioni comunitarie che quello di coordinatore delle rappresentanze diplomatiche dei Paesi membri. Rappresentanza unica dell’Ue nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (necessario un atto di coraggio e lungimiranza da parte della Francia);
- creazione di un vero e proprio Stato Maggiore europeo, sovraordinato rispetto agli stati maggiori nazionali, con il compito di coordinare e gestire gli interventi di peace keeping e di peace enforcement che il Consiglio e il Parlamento europeo decideranno di realizzare. A questo organismo militare andranno assegnati, in via permanente, tutte le forze necessarie a perseguire gli obiettivi assegnati.
Analogamente va costruita una vera e propria Agenzia europea degli armamenti, magari partendo dall’attuale struttura di OCCAR, al fine di pervenire alla massima standardizzazione possibile dei sistemi d’arma, a una maggiore integrazione, anche societaria, dei produttori nazionali e alla specializzazione produttiva per filiere e per Paesi.
Politiche migratorie
I fenomeni migratori non sono contingenti e non sono arginabili. Sostenere questo assunto non significa avere un atteggiamento passivo ma, al contrario, interrogarsi su quali siano le politiche più efficaci per gestire il fenomeno.
Troppo ampie sono le differenze tra il Nord e il Sud del mondo (economiche, sanitarie, alimentari, sociali, di speranza di vita, di libertà personale e politica, di pace, ambientali, ecc.) per poter pensare di impedire con muri o blocchi navali, la sacrosanta ricerca di una vita migliore da parte di questi diseredati del pianeta. Troppo allettante è il nostro stile di vita per tutti costoro.
Del resto, mentre la nostra popolazione invecchia a un ritmo così veloce da mettere a rischio la sostenibilità stessa del nostro livello di vita, questi popoli esprimono una vitalità esplosiva cui si accompagna un desiderio insopprimibile di migliorare la propria condizione.
Se non governato, questo fenomeno crea paure che potrebbero anche sfociare in conflitti. I sovranisti europei stanno irresponsabilmente alimentando queste paure per meri calcoli elettorali e quando, come nel nostro Paese, divengono forza di governo, anziché tentare di gestire il fenomeno dando risposte alle paure dei propri cittadini, continuano ad alimentarle assumendo posizioni “muscolari” che mettono in discussione l’umanità stessa nel sentire comune della nostra civiltà.
L’Europa, che ha conosciuto e prodotto gli orrori del nazismo e del fascismo, non può accettare questa prospettiva e le sue classi dirigenti devono abbandonare, come ci esorta continuamente Papa Francesco, le politiche miopi, egoiste, securitarie, che sono state seguite in questi anni.
Bisogna, allora, mettere in campo politiche che non facciano perdere, né ai migranti né agli europei la propria dignità umana.
L’Ue deve:
- rivedere il trattato di Dublino, prevedendo una distribuzione obbligatoria, tra tutti gli Stati membri, dei migranti che arrivano in Europa, a prescindere dal loro punto di ingresso;
- combattere e sconfiggere con azioni di polizia internazionale, le mafie dei trafficanti di esseri umani. A questo fine non basta rafforzare Frontex ma andrebbe costituita una vera e propria Polizia Europea di Frontiera, sia navale che terrestre, collegata ad una specifica Agenzia Europea per la distribuzione dei migranti tra tutti i Paesi membri;
- prevedere una specifica dotazione finanziaria, nell’ambito dei Fondi Strutturali, per sostenere politiche che consentano agli immigrati di integrarsi attraverso la conoscenza della lingua, della Costituzione e delle regole di convivenza di ciascun Paese ospitante. Consentire alle amministrazioni locali di impiegare i migranti in lavori di pubblica utilità che arrechino beneficio alla comunità e permettano ai nuovi cittadini di trovare una dimensione lavorativa che gli ridia dignità ed autonomia;
- combattere e reprimere tutti i comportamenti illegali, sia di quelli dei migranti che delinquono, sia quelli dei cittadini europei che, approfittando della debolezza e del bisogno, li sfruttano con il caporalato e il lavoro nero;
- finanziare un grande programma di sostegno economico, sociale, istituzionale per il miglioramento delle condizioni di vita e di sopravvivenza nei Paesi di origine. Ridurre la forbice delle differenze tra le nostre società e quelle dei paesi di provenienza è l’unica politica possibile per contenere il fenomeno nel lungo periodo.
Verso gli Stati Uniti d’Europa
Queste proposte, parziali, incomplete, insufficienti, forse velleitarie, nell’attuale contesto, affrontano temi assolutamente necessari per ridare una prospettiva all’Unione europea e per ricostruire la sua credibilità agli occhi dei suoi cittadini e del mondo.
Per farle divenire una prospettiva concreta è però indispensabile che nel voto del 26 maggio prossimo si realizzi una grande partecipazione dei cittadini che possa dare, alle forze politiche pro-Europa, quella forza necessaria a riprendere il cammino verso gli Stati Uniti d’Europa.
Gli architetti Rem Koolhaas e Stephan Petermann hanno elencato 9 ragioni per cui far parte dell’UE. Quali sono le tue??️ ⬇️ https://t.co/LFo2T2wQjH via @YouTube
— Parlamento europeo (@Europarl_IT) 22 maggio 2019