Grandi progetti per la digitalizzazione dei servizi per il welfare, tecnologie innovative per un nuovo portale a cui si accede con un semplice click, un hub nazionale, massima interoperabilità fra le pubbliche amministrazioni e un polo integrato tra Inps, Inail e Istat: questi gli ambiziosi progetti presentati dal Presidente dell’Inps nell’audizione alla Camera per il Recovery Plan. Un impegno incredibile per migliorare l’offerta dei servizi di welfare ed agevolarne l’accesso da parte dei cittadini. Ma, accanto allo sviluppo di tanta tecnologia, qual è, molto più semplicemente, l’attenzione dedicata all’informazione previdenziale dei cittadini e dei lavoratori? Quanto ci si preoccupa di creare un’adeguata consapevolezza dei cambiamenti avvenuti nel sistema pensionistico obbligatorio e delle implicazioni che questi avranno sull’accesso alla futura pensione e sul reddito che da essa potrà derivare?

Ciò che emerge da diverse ricerche è che, in Italia, “sull’informazione previdenziale siamo all’anno zero”. Il risultato di un’indagine campionaria di Mefop e Ipsos evidenzia che gli italiani non conoscono l’abc del sistema previdenziale: il 30% della popolazione dice di non sapere come funziona il calcolo contributivo e più di 1/5 sostiene che il sistema vigente è interamente o prevalentemente a calcolo retributivo. Non sapere che dal 1996, nel nostro sistema è stato introdotto il calcolo contributivo dell’importo della pensione e che gli effetti di quella norma si sono già concretizzati anche per chi ha iniziato a lavorare molti anni prima del 1996, impedisce ai giovani di pianificare il loro futuro previdenziale e alle persone prossime alla pensione di operare la scelta migliore tra quelle a disposizione. Nell’opera di informazione, lo Stato e l’Inps hanno una grande responsabilità. L’uno, per l’inarrestabile processo di invecchiamento della popolazione nel nostro Paese, che imporrebbe, almeno, di evidenziare le criticità che potrebbero derivare dal non aver scelto, durante la vita attiva, percorsi e forme di risparmio “privato” per garantirsi, durante il pensionamento, un tenore di vita adeguato, ma anche le cure, inevitabilmente necessarie con l’avanzare dell’età. L’altro, per essere l’Ente gestore di quasi tutte le posizioni assicurative ed erogatore della quasi totalità delle prestazioni previdenziali in Italia e delle indennità assistenziali e sociali a favore di tutti i cittadini. Diversamente da quello che insegnano le brillanti esperienze dei Paesi del Nord Europa, l’unica iniziativa italiana – quella della cosiddetta “busta arancione – si è rivelata parziale, non sempre foriera di informazioni corrette. In ogni caso, un insuccesso per essersi rivelata più come un’operazione di marketing dell’Istituto previdenziale che non come un effettivo e sistematico strumento attraverso il quale mettere a disposizione degli iscritti elementi e dati aggiornati e affidabili.

Eppure l’Italia è stata attraversata, fin dagli anni ’90, da numerose e corpose riforme previdenziali, che hanno prodotto una «legislazione alluvionale» che sovrappone un provvedimento all’altro anche in modo caotico e contraddittorio”: così il Cnel ha definito il nostro sistema normativo! E anche dopo la Legge Monti Fornero, che ha previsto solo due vie per accedere alla pensione con identici requisiti per tutti, senza differenze di genere e di gestione o fondo previdenziale, le modalità e le strade per giungervi si sono, invece, nel corso degli anni, diversificate e moltiplicate! E’ ancora possibile, infatti, accedere alla pensione secondo le deroghe della riforma Amato del 1992, ma anche secondo i requisiti meno onerosi, vigenti prima del 2011, con le famose salvaguardie, giunte, oggi, alla nona esperienza. I contributi accreditati in più gestioni previdenziali possono essere sommati in diversi modi per ottenere un’unica pensione. Si possono, infatti, cumulare, totalizzare, computare, ricongiungere o calcolare con il sistema contributivo esercitando un’espressa facoltà prevista dalla legge. I cittadini – è vero –  hanno ora più scelta, ma sono anche esposti a più rischi. La numerosità degli istituti previsti offre, infatti, un ricco ventaglio di opportunità; in realtà, spesso, è causa di errori di valutazione da parte degli assicurati, costretti a scegliere tra istituto e istituto, attraverso molteplici tentativi di simulazione per immaginare la strada più conveniente. E in questa ricerca, il cittadino è in balia di una comunicazione superficiale e generalmente incompetente. Sono molto frequenti, infatti, gli slogan, enunciati anche da buona parte della politica, che descrivono il sistema contributivo come il peggiore, o il riscatto “agevolato” del corso di studio universitario come la “panacea” per tutti i lavoratori che desiderano raggiungere più velocemente il diritto alla pensione spendendo poco.

Ma i cittadini e i lavoratori dovrebbero sapere che la previdenza non si può risolvere con le generalizzazioni e che ogni situazione va, invece, sempre esaminata singolarmente. Sembrerà strano, ma l’esperienza insegna che in determinate situazioni il sistema contributivo si può rivelare più vantaggioso di altri, tradizionalmente ritenuti migliori. Ma anche che una scelta frettolosa quando si è ancora lontani dalla pensione, può incredibilmente condurre a conseguenze tali da pregiudicare in maniera definitiva alcune importanti opportunità pensionistiche.  O che, sostenere un onere di riscatto basso significa anche avere una resa pensionistica irrilevante e che, quindi, forse è più redditizio investire quelle stesse somme in un fondo pensione di previdenza complementare. Sono tanti i temi che sarebbe doveroso affrontare e le Istituzioni dovrebbero impegnarsi di più per una questione, come quella previdenziale, che ha rilevanti ricadute sociali. Soprattutto in un Paese come l’Italia che, con quasi 14 milioni di anziani, vanta la popolazione più vecchia d’Europa,  ma anche per la garanzia del ruolo di “ammortizzatore contro il disagio sociale” derivante dall’assenza di occasioni di lavoro per i più giovani, che, ancora per molto tempo, gli assegni pensionistici dovranno, probabilmente, continuare a svolgere.

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