L’ottimo intervento di Luigi Manconi (‘La Repubblica’, giovedì 29 agosto), su ‘Il protagonismo dei cattolici’, merita una rispettosa postilla, che si propone di chiarire, almeno in parte, i termini dell’ambivalenza dialettica in cui si prospetta l’impegno del cristiano in politica, tra l’incombenza sovrana della legge e la condizione dell’uomo nella sua crudezza esistenziale.

Tale dicotomia è già evidenziata nei Vangeli dall’agire concreto del galileo Gesù, per il quale la legge era fetta non per dominare, ma per sorreggere l’uomo, non valeva quindi in se stessa, ma nel riferimento all’uomo. Ciò consentiva nella necessità insuperabile di trasgredirla, come avvenne più di una volta, come quando i suoi discepoli per fame raccolsero e mangiarono le spighe di grano nel giorno del sabato, che era rigorosamente sottratto ad ogni attività. L’assolutezza universale ed inesorabile della legge veniva così infranta. E’ difficile tracciare con certezza questo limite mobile della necessità, nella varietà delle situazioni umane, e, tuttavia, anche il codice penale ne fa carico al ministero del giudice, come la più alta espressione di saggezza per una sentenza giusta.

Per il politico questo criterio dovrebbe valere a monte e la legge dovrebbe sempre concepirsi per ossequiare la dignità dell’uomo, messa a rischio dalla contrarietà
esistenziale, liberandolo dall’umiliazione del male e del bisogno e promuovendo la sua dignità e libertà di scelta. Si conviene teoricamente che sia considerato politicamente di destra chi attribuisce maggior funzione e vincolo alla legge, per la sicurezza e l’ordine della struttura della società e delle sue articolazioni rispetto ai bisogni dei singoli, vedendo nell’uniformità garantita un’opportunità di buona vita collettiva, da preservare anche con processi di repressione contro gli inosservanti. Un caso di estremismo esasperato ed emblematico di tale tendenza si è verificato nella Chiesa Cattolica, con l’emanazione del ‘Sillabo’ di Pio IX (1890) contenente 80 enunciazioni di teorie e comportamenti ritenuti contrari alla religione e perciò colpiti dall’estrema sanzione della scomunica (anathema sit). Chi incorreva in quei comportamenti, umanamente anche nobili, diveniva ‘eretico’ per decisione dell’autorità papale. Oggi ne abbiamo un esempio per chi in Russia usi la parola ‘guerra’, perché l’autorità ha imposto che costituisca un rischio sociale. E così tante leggi sugli immigrati li costituiscono per editto come irregolari: la legge, secondo l’arbitrio del potere, li pone in una condizione di delinquenza. E’ una grave limitazione della libertà degli uomini, per la destra necessaria, per la sinistra ingiusta e vessatoria. Quella di Pio IX era una posizione dettata da crescente perdita di potere, che si voleva arginare con la deterrenza delle sanzioni, tendenza dismessa dal papato nella seconda metà del XX secolo, quando finalmente ha evangelicamente volto lo sguardo alla precarietà delle moltitudini (misereor super turbas) e invitato tutti gli uomini a convivere nella solidarietà, con straordinari documenti come la ‘Populorum progressio’(1965) di Paolo VI e i ‘Fratelli tutti’(2020) di Papa Francesco.

Si possono pertanto scorgere le due fondamentali e significative tendenze: quella dei dottrinari legalitari che vedono nelle norme la possibilità di realizzare un mondo coeso e prospero, reprimendo le individuali devianze, e quella dei compassionevoli che vedono nelle tribolazioni degli uomini l’insufficienza, e spesso la malvagità, degli ordinamenti vigenti, e pongono l’urgenza di un relativismo e riformismo universalistico della legge, che accompagni ordinatamente l’evolversi dei bisogni umani, capace anche di superare l’impeto rivoluzionario nell’autoinganno di poter generare un mondo migliore opponendo violenza a violenza, anche legislativa.

Vi sarebbe, poi, la porzione fascinosa degli utopisti puri che si oppongono ai violenti, sia conservatori che rivoluzionari, e ritengono la ricerca della pace il massimo bene che può essere solo realizzato da se stessa, nonostante la sua inerme impotenza di fronte alla aggressioni quotidiane tra individui, gruppi e nazioni. Il pacifismo abbraccia lo strumento di imporre la pace nell’accettazione redentiva di chi subisce la violenza senza reagire, nella pratica però dando alla stessa violenza un vantaggio operativo, che certamente non giova alla pace e alla dignità umana, come i Buddisti della Birmania annessi dalla Cina.
Manconi sembra accennare ad una quasi storica propensione della Gerarchia Cattolica verso una prevalente disposizione all’ossequio dei precetti di vita, rispetto alla strategia di soddisfare le esigenze che permettano ad ogni uomo di vivere la sua esistenza dignitosamente. Si proclama l’ubbidienza alla legge come equivalente ubbidienza a Dio, e meno male che non esista nel presente alcuno degli strumenti storici punitivi, fino alla condanna a morte, dei fedeli eretici. Sembra, tuttavia, che la Gerarchia possa ancora esercitare pressioni sociali verso i politici meno ossequienti alle loro indicazioni. Egli accenna all’espressione di Romano Prodi del ‘cristiano adulto’ che si pone responsabilmente come politico il dovere di risolvere i bisogni concreti dell’uomo nella sua società con nuove leggi rispetto alle vecchie e superate, anche religiose, ritenute invece eterne dalla Gerarchia, e tuttavia oppressive, non più imponibili.

Questo orientamento ideologico appartiene soprattutto alla politica riformista, che si pone nella prospettiva di un continuo miglioramento (migliorismo) delle norme, nessuna di esse ritenuta intoccabile, se la sua modifica risolve dei problemi veri e seri dell’uomo. E qui v’è l’inghippo che la gerarchia non può cancellare: il primato dell’uomo sulla legge è anche, come si accennava, lo spirito del Vangelo: il perdono dell’adultera, il buon samaritano, il buon ladrone, guarigione nel giorno di sabato che i farisei contestavano (Mt, 12,9) prigionieri dell’ossessione delle norme, che erano anche il fondamento del loro potere, e sordi alle urgenze degli uomini. Il cristiano progressista in politica deve oggi possedere il sentimento della pietà, fondamentale ingrediente dell’amore universale, ed agire di conseguenza, anche scardinando antichi e sacri convincimenti. Ma tali cristiani risultano spesso ostici alla Curia Vaticana. Sta di fatto che tre grandi cristiani capi di governo, De
Gasperi, Moro e Prodi, si sono trovati nella necessità di non condividere decisioni della gerarchia e perciò ne hanno subito una strisciante delegittimazione politica. Vi sono poi anche sinceri cristiani che ritengono insufficienti gli stessi strumenti politici, e perciò si collocano in una dimensione mistica e utopistica, come Giuseppe Dossetti (1913-96), convinto di agire per i l bene dell’uomo più efficacemente da mistico che da politico, nella convinzione del ‘corpo mistico’ in cui i valori comunque si diffondono.

Il reiterato meeting a Rimini di ‘Comunione e Liberazione’ torna a dibattere su tali problemi, nel precario equilibrio tra la società dei bisogni e quella delle rigide formulazioni giuridiche, che sembra abbiano maggior credito. Oggi Papa Francesco, invece, ha esplicitamente come suo parametro pastorale non la fedeltà pedissequa ai precetti e tradizioni della Chiesa, ma quello incombente dei bisogni di un’umanità sofferente, degli ultimi, degli emarginati, dei rifiuti umani. Ed è intrigante la sua vicinanza al sentire di una grande anima del ‘900,
Simone Weil (1909/44) che si è arrovellata nella riflessione di alto valore speculativo sulla difesa di ogni uomo nella sua fragilità e nei suoi limiti e bisogni. Il valore supremo di ogni uomo è da lei condensato in una sconvolgente proposizione, in cui l’uomo viene posto all’apice nella scala di tutti i valori possibili, perfino di quello massimo della ‘verità’: “mettere la verità prima della persona umana è l’essenza della bestemmia” (da La persona e il sacro).

Il filosofo comunista J.P.Sartre (1905/80), invece, in quegli stessi anni, definiva l’altro come l’inferno, che sollecitava non la solidarietà ma la repulsione. Il mondo del cattolicesimo invece è fortemente orientato dagli ultimi pontefici verso valori di solidarietà, pur in un ambito di ortodossia. Papa Francesco sembra, invece, disposto anche a romperne gli argini, teorizzando: “l’altro è il valore massimo del cristiano”, consentendo in questo anche con Don Lorenzo Milani, che si dichiarava disposto a dannarsi l’anima pur di aiutare i suoi poveri montanari: la politica, di conseguenza, sembra chiamata ad un compito non di dominio, ma di assoluto servizio, oltre l’imposizione delle leggi vigenti. L’enunciazione è teoricamente eccellente, la sua pratica altrettanto problematica, e la storia umana procederà prevedibilmente ancora caracollando dialetticamente tra chi tiene alla società con le sue leggi e chi ne forza gli ambiti per salvare la dignità di ogni uomo, conculcata dal male e dal bisogno.

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