Per chiudere vorrei dirvi una cosa: se non si fanno queste riforme, se non si interviene seguendo questa direzione, l’Europa è finita. Lo ripeto: è finita. Ve lo dico perché questo è il mio incubo più frequente.”
A dispetto dei toni abitualmente misurati utilizzati nei discorsi ufficiali, con questa frase diretta e cruda Mario Draghi accompagna la presentazione del suo Rapporto, richiestogli tempo addietro dalla Commissione europea.

Sono fondamentalmente tre le linee su cui l’Unione dovrà impegnarsi per stare al passo con gli altri grandi del mondo, recuperando in più il terreno perduto: l’innovazione (con i connessi temi della ricerca e della formazione), la transizione ecologica (con la sfida di tenere insieme sviluppo, occupazione e ambiente) e la Difesa (premessa indispensabile per essere un soggetto geopolitico, dotato di una vera politica estera).

Per fare tutto ciò Draghi prevede un poderoso piano di investimenti di circa 800 miliardi di euro annui, pari al 5% circa del PIL dell’UE. Vuol dire più di due volte il volume del Piano Marshall degli anni ’50, uno sforzo senza precedenti, pari alla sfida da vincere. Draghi non lo dice ma sembra chiaro che tutto questo debba prevedere forme di debito comune.

Leggendo le parti che riguardano i singoli settori analizzati nel Rapporto, ci si rende conto che alcune proposte sono già confezionate per essere tradotte in provvedimenti, tanta è l’urgenza che traspare da tutto il documento.

“Una sfida esistenziale” la definisce Mario Draghi di fronte alla quale le istituzioni europee e (soprattutto) i governi dei paesi UE devono presto assumere iniziative e decisioni. Accanto a loro le forze politiche e, non da ultimo, le opinioni pubbliche debbono svolgere un ruolo importante.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here