Non capita spesso, nel dibattito quotidiano, di parlare di senso civico, sia in ambienti formali che informali. O meglio: il problema è che diventa argomento di discussione solo ed esclusivamente per sottolinearne l’assenza, trovandoci, tra l’altro, tutti d’accordo. Se poi osservazione e ragionamento si ampliano in un’analisi sul modo di fare italico al riguardo, beh, è plebiscito assicurato che culmina con l’ammirazione di culture più virtuose. Ma, al di là del comune sentire e del nostro quotidiano, che comunque rappresentano una fonte importante di informazioni, esistono dati che possono aiutarci a comprendere qual è il livello di senso civico nel nostro Paese? La risposta è sì! E i numeri del Rapporto Istat che li raccoglie sono anche piuttosto recenti: il report 2019, infatti, ha preso in esame come periodo di riferimento il biennio 2016-2018. Senza pretesa didattica, quanto piuttosto come strumento utile alla comprensione dei dati che seguono, dal punto di vista sociologico il senso civico può essere definito come un atteggiamento di fiducia negli altri orientato alla disponibilità a cooperare per il miglioramento della società in cui si vive, con effetti benefici per tutta la società. In particolare, il livello di benessere è più alto, le istituzioni, la sanità e i servizi pubblici funzionano meglio, i cittadini sono mediamente più soddisfatti della propria esistenza. La sfiducia, al contrario, provoca indifferenza e in alcuni casi addirittura atteggiamenti predatori verso gli altri e le risorse pubbliche. Più praticamente: per senso civico dei cittadini ci si riferisce a quell’insieme di comportamenti e atteggiamenti che attengono al rispetto degli altri e delle regole di vita in una comunità.

Vediamo, quindi, che immagine ci riporta l’analisi Istat “Senso Civico: atteggiamenti e comportamenti dei cittadini nella vita quotidiana” (per tutti i dati, le tavole e la nota metodologica si rimanda, ovviamente, al documento completo).

Senso civico: tra civismo e giudizi di ammissibilità

Per quanto riguarda i comportamenti negli spazi pubblici, l’84% delle persone di 18 anni e più nel 2018 riporta di non gettare carte per strada (in aumento rispetto al 2014), il 74,4% degli automobilisti di non parcheggiare in doppia fila e poco più della metà di questi dichiara di prestare abitualmente attenzione a non adottare comportamenti rumorosi alla guida. I giudizi sui comportamenti attinenti alla sfera civica mostrano un quadro di generale adesione, almeno formale, alla norma sociale e giuridica condivisa: nella grande maggioranza dei casi sono infatti improntati all’intransigenza. In tal senso, più che il quadro del civismo, i dati sembrano offrire una rappresentazione del grado di diffusione della desiderabilità sociale dei vari comportamenti. Il decoro urbano, ad esempio, è uno degli aspetti sui quali i cittadini si mostrano più intransigenti. La quasi totalità non giustifica il gettare rifiuti in terra. Anche laddove sono ammesse eccezioni, si tende a giustificarle con il cattivo funzionamento del servizio di nettezza urbana (mancano i cestini o sono pieni: 6,4%) oppure si minimizza la portata del comportamento (per piccole cose o se già sporco: 3,2%).

Dal lato dei giudizi di ammissibilità dei comportamenti il 23,4% degli intervistati ritiene, in determinate condizioni, accettabile parcheggiare in sosta vietata, il 18,5% concede deroghe all’uso del cellulare alla guida, il 28,3% ritiene tollerabile farsi raccomandare per avere un lavoro e il 29,3% non pagare le tasse. Guidare dopo aver bevuto, passare con il rosso, non indossare il casco sono giudicati gravi rispettivamente dall’87,2%, dal 79,0% e dal 78,2% dei rispondenti. Una quota decisamente più bassa (52,6%) giudica grave usare il cellulare alla guida, giustificato principalmente per telefonate urgenti (14,4%), molto meno negli altri casi. Il 76,1% e il 72,5% dei cittadini assegnano un giudizio di gravità massimo al voto di scambio e alla corruzione mentre solo il 53,5% valuta allo stesso modo l’infedeltà fiscale che, in ordine di gravità, precede solo l’affissione selvaggia di manifesti, avvisi e pubblicità su pali, cassonetti o muri (41,4%).

“Accettata” la raccomandazione nella ricerca del lavoro, per molti la corruzione è naturale e inevitabile

Per quanto riguarda la ricerca del lavoro è particolarmente rilevante la quota di persone di 14 anni e più che ritengono giusto in alcuni casi farsi raccomandare (28,3%). La giustificazione più diffusa è la mancanza di alternative per ottenere un posto di lavoro (19,6%) mentre l’8,7% lo valuta un comportamento ammissibile se lo si merita. Dal punto di vista territoriale, la pratica clientelare nella ricerca del lavoro è leggermente più accettata al Nord che al Sud e nelle Isole: la differenza è riconducibile soprattutto alle quote più elevate di coloro che ritengono ammissibile la raccomandazione in presenza di merito (10,1% contro circa il 7%). La distanza territoriale è ancora meno evidente per chi ammette la raccomandazione come estrema ratio (se non c’è altro modo, 19-20%). La raccomandazione è valutata con maggiore indulgenza tra i 18 e i 34 anni, una fascia di età in cui generalmente ci si affaccia nel mondo del lavoro; tra questi il 63% circa approva la pratica clientelare; più intransigenti giovanissimi (68%) e anziani (74%). Tra i giovani, la minore intransigenza si associa a sentimenti di rassegnazione o a ragioni di merito: il 22,6% dei 18-24enni ritiene che sia giusto ricorrere alle raccomandazioni se non c’è altro modo per avere un lavoro e il 12% circa quando si è convinti di meritarlo (16,5% e 6,8% tra i più anziani). Quote più elevate di persone che considerano giusto farsi raccomandare per ottenere un posto di lavoro si rilevano poi tra i disoccupati (34,9%).

Vita quotidiana e senso civico: cosa pensa chi vive in Italia – fonte: Istat

Osservando percezione e atteggiamenti nei confronti della corruzione e della possibilità di denuncia, il rapporto dei cittadini con questo fenomeno si mostra più articolato e complesso di quanto emerge dai giudizi di gravità. Un quarto delle persone di 14 anni e più considera la corruzione un fatto naturale e inevitabile (il 25,8% si dichiara molto o abbastanza d’accordo con tale affermazione); sei persone su dieci ritengono pericoloso denunciare fatti di corruzione e oltre un terzo (36,1%) lo ritiene inutile (Prospetto 5). La percezione dell’inevitabilità della corruzione è di poco più elevata al Sud (27,9%) mentre nei confronti della denuncia i residenti del Nord ritengono in misura maggiore che sia pericolosa (66,7% degli abitanti del Nord-ovest e 64,7% di quelli del Nord-est) o inutile (37,2% e 38,6%).

A fronte di una richiesta di erogazione di una prestazione professionale in nero, il 56,1% degli intervistati insisterebbe per avere la ricevuta, il 27,5% accetterebbe se conviene e il 13,8% pagherebbe per evitare discussioni. Analogamente, nel caso della mancata emissione di uno scontrino da parte di un esercente di un servizio commerciale, sei persone su 10 (61,6%) insisterebbero per avere lo scontrino, il 19,4% non ci farebbe caso e il 16,5% non direbbe alcunché per evitare discussioni.

Considerando il complesso dei comportamenti presi in esame, il quadro di sostanziale adesione alla norma sembra riguardare una quota di cittadini decisamente più ridotta: a ritenerli sempre ingiustificabili è solo il 42,4%. Più della metà della popolazione di 14 anni e più ammette dunque possibilità di deroga almeno per qualche comportamento. In particolare, il 29,3% ammette eccezioni in relazione al pagamento delle tasse; una quota simile (28,3%) per la raccomandazione, a conferma della particolare criticità di questi aspetti. Seguono, con percentuali più basse, parcheggiare dove non è consentito e l’uso del cellulare alla guida.

Già da questa brevissima sintesi pare emergere una distonia tra la nostra esperienza e i dati, tra quello che vorremmo fosse e invece è. Come rilevato nel documento, probabilmente, mentre per alcuni aspetti è possibile trovare una buona percentuale di coerenza, per quanto riguardai situazioni che potremmo definire più critiche  (in quanto vanno a toccare sfere della vita più direttamente “impattanti” sul nostro vissuto quotidiano) più che del grado di civismo i dati sembrano offrire una rappresentazione del livello di desiderabilità sociale dei vari comportamenti.

Come migliorare il senso civico?

Che fare, dunque? In che modo è possibile incrementare il senso civico nel nostro Paese? Domande di un grado di complessità davvero notevole che necessiterebbero di voci ben più autorevoli. Tuttavia, abbiamo aperto questo contributo con un riferimento sociologico, e allora chiediamo ancora una volta aiuto alla disciplina. “Ogni società – riporta Evangelista– è caratterizzata da reti di comunicazione e di scambio interpersonali, formali e informali. Alcune di queste reti sono orizzontali, nel senso che mettono in contatto tra loro persone su base egalitaria e facilmente possono diventare veicolo di reciproca solidarietà. Sono reti di questo tipo, ad esempio, quelle fra i genitori degli alunni di una scuola, le relazioni fra vicini, le relazioni fra i componenti di un’associazione sportiva o culturale. Senso civico e reti sociali orizzontali si rafforzano a vicenda: la fiducia negli altri produce e olea società con un elevato numero di relazioni orizzontali, la sfiducia, d’altro canto, fa sì che vi sia penuria di relazioni orizzontali e il predominio delle relazioni verticali (formate cioè da persone legate fra loro da rapporti asimmetrici di dipendenza)”.

Fonte dati: Istat

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