Con una tempesta perfetta all’orizzonte, il nostro Paese si è affidato per la seconda volta ad un illustre economista, dai più definito “tecnico”, da alcuni, correttamente e fin da subito, considerato “abile politico”, e gli affida il compito di condurre l’Italia fuori da una rotta incerta che sembrava divenuta andatura costante, ineludibile ed irreversibile. 

E’ tutta nostrana la diffusa certezza che uno statista non debba incarnare un individuo dotato di straordinaria sensibilità, di capacità di ascolto delle esigenze della collettività che è chiamato a guidare, di permeabilità alle proposte degli apparati e di visione geopolitica. Se poi ci si ritrova in una fase strangolata dal Covid-19, dalla crisi economica e dalla scarsa consapevolezza geopolitica, tali qualità assumono ancor più la cifra dell’effimero, dell’inefficace, visto che l’impresa affidata al presidente del Consiglio si configura come un intreccio di manovre ai limiti delle possibilità, “tenace concetto”, atto strenuo di resistenza come l’avrebbe definito Leonardo Sciascia. Dunque Draghi è sentito come l’uomo giusto al comando dal paese, dall’Europa e dagli alleati internazionali.

A guardarle per macro criticità, le prossime strategie di ripresa riguardano: l’utilizzo delle risorse europee, l’attuazione di alcune inderogabili riforme (tra cui quella della Pubblica Amministrazione) ed il rilancio del sud, il tutto da affrontare con una governance in grado di realizzare la transizione dall’emergenza ad una vera e propria rifondazione del Paese.  

Gli ultimi dati ISTAT ci dicono che in Italia i poveri ammontano a circa 5 milioni di persone, con un aumento di circa un milione in più nel 2019, nonostante il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione ed i redditi di cittadinanza ed emergenza. Inoltre, un dato preoccupante, ma sinergico, è quello che mostra un aumento maggiore al nord (700 mila poveri in più), rispetto ad un sud che pure continua da decenni a mostrare situazioni di sofferenza endemica e picchi di indigenza. Oltre il 70% dei nuovi poveri sono rappresentati dalla fascia di età dai 35 ai 50 anni, a seguire quella dai 18 ai 34. E’ ampiamente acclarato infine che l’occupazione femminile è tornata ai livelli di oltre un ventennio fa ed è quella che paga maggiormente in tempi pandemici. Ma non basta, perché quella che si delinea all’orizzonte, è davvero una tempesta perfetta provocata da almeno 6 elementi che avversi: i fallimenti di imprese già indebolite dalla crisi preesistente, la fine del blocco dei licenziamenti, il rapidissimo progresso tecnologico (sostitutivo di ogni categoria lavorativa: giornalisti, medici, operai, creativi, e non solo operai, impiegati, ecc), la delocalizzazione delle imprese, lo smart working (che sta determinando la crisi di un indotto di notevoli dimensioni), infine lo stesso PNRR che riserva molteplici incertezze sulle ricadute in termini occupazionali.

Le risorse che l’Europa intende riversare in forma di aiuti finanziari si chiamano Next generation Eu. Ricordiamo che si tratta di risorse ingenti che non saranno concesse gratuitamente: dei 750 miliardi stanziati in sede Eu, risulta dagli ultimi calcoli che all’Italia ne spettano nominalmente 191,5 spalmati su quadriennio 2021-2024, di cui: 70 in sovvenzioni a fondo perduto, il resto in prestiti a lunga scadenza (2058) ed a tassi agevolati. Se si aggiungono poi i fondi del React Eu, si arriva a circa 204 miliardi. Ma è bene chiarire che dei 70 miliardi di sovvenzioni, ne resteranno 20, in quanto 50 miliardi saranno il contributo italiano al bilancio comunitario degli anni in questione. In ogni caso si tratta di risorse mai viste in precedenza, che ammontano a quasi cinque volte i fondi europei che erano previsti per il nostro Paese per il periodo 2021-2027.  Ma per quanto al concetto di “fondo perduto” è evidente che la Commissione intende monitorare i criteri, i tempi e i modi di spesa delle risorse, pertanto un arduo compito sarà quello di garantirne tutta la necessaria efficienza e trasparenza nel loro utilizzo.

Preoccupa dunque quella che potrà essere la conduzione dei progetti che sono praticamente in viaggio verso Bruxelles, nonché la loro rendicontazione, anche alla luce delle affermazioni della Corte dei Conti che evidenzia la crescente complessità della materia dei contratti pubblici sottoposta a iper-regolamentazione, schiacciata da carenze di programmazione, rallentata da criticità nelle modalità di affidamento dei contratti e nella scelta delle procedure di aggiudicazione.

E veniamo al nodo cruciale: la governance istituzionale della realizzazione di un piano di ripresa senza precedenti.

Negli anni abbiamo assistito ad un depauperamento degli apparati burocratici, non diversamente da quanto accaduto nella gran parte del mondo sviluppato, che si può tradurre in 200 mila unità in meno nella pubblica amministrazione, con una età media dei dipendenti che si attesta ai 55 anni – il livello più alto nei paesi OCSE – con una quota di occupati di età tra i 18 e i 34 anni che si attesta al 2%. Le Pubbliche amministrazioni spendono circa 48 euro per 1,2 giornate di formazione all’anno per dipendente a tempo indeterminato. Si tratta di personale con profili in prevalenza di tipo giuridico, a discapito di quelli tecnici e organizzativi. A leggere i dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni statistiche sui dirigenti pubblici non prevedono una differenziazione nel titolo di studio, che in ogni caso sono di tipo giuridico ed economico, mentre ci viene fornita una immagine del vertice amministrativo di tipo generalista, facilmente intercambiabile proprio perché non specializzato. Per finire il ricorso a circa 350 mila figure flessibili e precarie ed all’esternalizzazione di funzioni ha evidentemente impedito di migliorare e valorizzare le competenze del personale pubblico. Tanto per fare un esempio, gli Uffici Studi e Ricerche sono stati negli anni smantellati in tutte le P.A., preferendo il ricorso a studi di consulenza esterna.

Per dirla con Sebino Cassese “una pubblica amministrazione che manca di efficaci catene di comando e di snodi fondamentali opera come un arcipelago, come un apparato atomizzato, disaggregato e che mal si presta ad offrire validi contributi alle scelte politiche, ad eseguire direttive altrui e ad elaborare procedure proprie, perché difetta di gerarchia e continuità”.

Nel discorso pronunciato alle Camere all’atto dell’insediamento del Governo, Draghi ha dichiarato che sarà obiettivo determinante investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubbliciper permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare “gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma nazionale di Ripresa e Resilienza.” L’opera di “maturazione” del personale sarà affiancata alla riforma non più procrastinabile della macchina amministrativa. “Nell’emergenza l’azione amministrativa, a livello centrale e nelle strutture locali e periferiche, ha dimostrato capacità di resilienza e di adattamento grazie a un impegno diffuso nel lavoro a distanza e a un uso intelligente delle tecnologie a sua disposizione. La fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo è, tuttavia, una realtà che deve essere rapidamente affrontata”, continuando a citare Draghi. La riforma si muoverà lungo due direttrici: investimenti in connettività con la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle nuove assunzioni le migliori competenze e attitudini”.

Nel mese di marzo scorso è stato firmato il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, un accordo quadro che inaugura una nuova stagione di relazioni sindacali – sottoscritto dal Presidente del Consiglio e dal Ministro Brunetta con Cgil, Cisl e Uil – che va a definire i contorni della imminente riforma della Pubblica Amministrazione. Il documento definisce l’importanza della flessibilità organizzativa degli apparati, la semplificazione e rapidità dell’azione amministrativa, il potenziamento tecnologico. I prossimi mesi saranno cruciali per i rinnovi contrattuali, che prevedono un adeguamento dei sistemi di partecipazione sindacale, mentre le parti hanno concordato sulla necessità di implementare gli istituti di welfare contrattuale, con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego di agevolazioni fiscali già riconosciute al settore privato, relative alla previdenza complementare e ai sistemi di premialità diretti al miglioramento dei servizi.

Sembra dunque si profili all’orizzonte una scelta chiara di investimento sull’innovazione del lavoro pubblico, sulla buona occupazione, sulla formazione, sul più efficace funzionamento della macchina amministrativa. Del resto nel corso dell’audizione sulle linee programmatiche, svolta lo scorso 9 marzo dinanzi alle Commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera e del Senato, il Ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha illustrato le azioni principali di riforma della regolamentazione delle pubbliche amministrazioni, organizzandole in quattro capitoli, che racchiudono gli assi sui quali si muoverà il programma di Governo: assunzioni, buona amministrazione, capitale umano e digitalizzazione.

Tuttavia ci chiediamo se il sistema pubblico sia pronto ad affrontare con rapidità questa rivoluzione, che necessita di un investimento sul personale in termini di aggiornamento professionale, di lavoro per progetti ed obiettivi, che siano efficaci per i cittadini, pensati all’interno di una nuova organizzazione che ad un anno dall’inizio della pandemia non ha ancora messo a punto regole in grado di stabilire chi, come, quando nel lavoro a distanza e con quali ricadute sui cittadini, sull’economia e sulle nostre città. Il Ministro Franco ha definito questo periodo come un “trauma salutare”, fatto di nuovi ed inaspettati equilibri, che ci sta conducendo più che ad un rinnovamento, semmai ad una maturazione, che necessita prima di ogni cosa di solidità interna. Noi aggiungiamo, che necessita anche di una valutazione di impatto multidimensionale per ognuna delle scelte che si stanno facendo, affinché davvero nessuno resti indietro.

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