L’educazione finanziaria è uno dei grandi temi con i quali confrontarsi, sapendo che è un beneficio per il singolo, per gli operatori e per la collettività.

Cittadini “educati” sanno scegliere i servizi e i prodotti per loro più adeguati e possono essere uno stimolo verso gli operatori obbligandoli a una maggiore formazione, a una più precisa offerta, a una qualità maggiore del servizio.

Non ultimo un consumatore “educato” avrà vantaggi anche in termini di salute, per la riduzione dello stress legato alle scelte creditizie e finanziarie.

A livello collettivo un risparmiatore formato e informato può meglio allocare i propri risparmi indirizzandoli verso proposte produttive, con un rischio “controllato” maggiormente remunerativi e darebbe finalmente il giusto spazio al risparmio previdenziale e sanitario, utile per far fronte alla presenza sempre più bassa dello Stato in questi campi.

La diffusione della cultura finanziaria, non è quindi solo un’esigenza individuale ma è una delle variabili fondamentali per la crescita solida nel lungo periodo del sistema economico-finanziario italiano.

Enunciati i principi per cui è fondamentale agire nel campo educativo è necessario sapere di cosa si stia parlando e prima che di educazione finanziaria si deve parlare di “semplice” alfabetizzazione.

Educazione finanziaria, l’alfabetizzazione dovrebbe essere la base per e di tutti

Come a scuola si inizia con le vocali e le consonanti e le figure della casa o del cane, così tutti dobbiamo avere conoscenza elementare di come si apre un conto corrente o si chiede un finanziamento o la differenza tra un’azione e un’obbligazione

Solo dopo si può passare alle “scuole superiori”. Continuando nell’esempio della scuola e come in essa ci siano vari indirizzi, classico, scientifico, professionale, così avviene nel mondo del credito e della finanza. Tutti parlano di educazione finanziaria, intendendo per tale l’universo-mondo del rapporto tra cittadini o imprese e sistema bancario e finanziario, ma l’educazione non è una e non è uguale ma creditizia, finanziaria, assicurativa, previdenziale e, ormai anche digitale.

Pur se è di tutta evidenza che nessuno di questi temi è avulso dagli altri, anzi, sono pienamente integrati tra loro, in ogni caso hanno regole, professionalità, difficoltà di conoscenza, temporalità diverse.

Quella che per semplicità continueremo a chiamare educazione finanziaria deve essere indirizzata, prioritariamente, verso la persona e solo successivamente e in maniera ponderata deve riguardare i prodotti e gli strumenti finanziari; viene consequenziale che l’educazione finanziaria deve riguardare l’intera vita della persona, partendo dall’avvio del rapporto con il sistema bancario fino alla costruzione di percorsi di risparmio previdenziale integrativo o complementare, con tutto ciò che si può avere nel mezzo. Ciò comporta che l’educazione finanziaria non può essere una tantum, ma deve essere aggiornata, alla luce degli accadimenti della vita, quindi personalizzata, e ripetuta periodicamente, al fine di partecipare alla costruzione del benessere finanziario delle famiglie.

Un’educazione indirizzata alla persona che deve tenere conto dei bisogni e delle attese del cittadino/cliente/consumatore; in questo senso si può parlare di darle un taglio “difensivo” dove è importante la tutela rispetto a comportamenti non comprensibili, scorretti se non illegali. In questo caso l’educazione finanziaria è importante, ma l’attività principale deve essere svolta dalle istituzioni, dalle rappresentanze dei consumatori e dalla magistratura.

Il cliente può anche volere una educazione “interessata” e vuole conoscere i prodotti, per cui è fondamentale l’intervento degli intermediari e degli altri professionisti attivi nel comparto.

Infine, esiste l’educazione finanziaria più completa, quella “utile”, con la quale il cliente vuole essere posto in condizioni di scegliere l’interlocutore e il prodotto o lo strumento finanziario, a lui più consono rispetto alle attese e alle esigenze.

Crisi bancarie e risparmiatori truffati, come contrastare i comportamenti non corretti degli operatori

Qualsiasi attività educazionale sarebbe però inutile senza un comportamento profondamento corretto ed etico degli operatori e questo porta a quanto è accaduto e sta accadendo a decine di migliaia di piccoli risparmiatori.

È dall’inizio degli anni 2000 che si ripetono situazioni in cui i risparmiatori subiscono perdite anche notevoli, dei propri risparmi. Senza voler tornare ai casi, Cirio, Parmalat, Argentina, quanto accaduto con le crisi di una decina di banche negli ultimi anni è il compendio più completo di conoscenza, etica, comportamenti.

La stragrande maggioranza dei risparmiatori che hanno perso i loro risparmi con le quattro banche risolte, con le due banche venete, con la perdita di valore delle obbligazioni di Mps e Carige, ha subito comportamenti non corretti, in alcuni casi truffaldini, per decisioni e scelte di alcuni “personaggi” che hanno sfruttato a loro vantaggio, bisogni e mancanza di conoscenze di quei risparmiatori.

Risparmiatori che ora hanno tutto il diritto di vedersi risarciti dei danni subiti; il punto è da “chi”, “come” e “perché”.

Sul chi è stato deciso che fosse lo Stato; una scelta che molti ritengono giusta. È difficile dare un giudizio, ma non sembra molto equo che i danni creati da alcuni “personaggi” siano posti a carico di tutta la collettività piuttosto che in capo a chi quei danni ha provocato; si può solo ricordare che per i crack degli anni 2000 lo Stato non ha messo un euro e anche ora una parte dei rimborsi è stata posta a carico delle singole banche o delle loro acquirenti.

Più netto il giudizio sul “come”. È giusto che il ristoro delle perdite sia concesso a chi ha prestato soldi alle singole banche – gli obbligazionisti – e a chi ha avuto delle conseguenze gravi da quelle perdite, molto meno condivisibile è un rimborso, sostanzialmente erga omnes. Un obbligazionista, come detto, presta soldi alla propria banca, un azionista fa un investimento di rischio, sapendo in partenza che può guadagnare e che può perdere e allo stesso modo non si possono mettere sullo stesso piano risparmiatori di poche migliaia di euro e investitori fino a duecentomila euro.

Infine sul “perché” la risposta per molti dei risparmiatori è semplice è la fiducia nel proprio interlocutore e la scarsa conoscenza di che operazioni si stesse facendo, con quale rischio e con quali conseguenze.


Non sempre ma spesso è sufficiente ricordare un’affermazione molto semplice: più è alto il guadagno, più alto è il rischio di compromettere i propri risparmi.

 

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