Nonostante il PD. Complemento concessivo abusato in questi ultimi cinque anni dagli amministratori locali progressisti che hanno avuto la forza di vincere le elezioni. E’ nella sua archiviazione che ieri si è compiuta l’impresa del centrosinistra e di Bonaccini, di ribaltare il risultato delle europee di appena sette mesi fa. Sì, perché Bonaccini non ha vinto “nonostante il PD”, ma “anche grazie al PD”. Uno stravolgimento completo di una costante a cui eravamo abituati. Il buon governo locale degli amministratori dem travolto dall’ondata politica nazionale che soffia forte da destra o dal meno recente pentastellismo è già un ricordo. Ne hanno fatto le spese tra gli altri Fassino e Cosolini e più recentemente Zedda e Chiamparino. Ora il quadro è variato. Sì, perché il centrosinistra in Emilia supera il centrodestra di quasi 3 punti, sette mesi fa era sotto di 6. Nove punti recuperati in sette mesi. Sono circa 200 mila persone che in una sola regione hanno mutato sensibilmente il loro orientamento politico. Società liquida teorizzava Bauman. Qui siamo all’ideologia molle.

Sia chiaro, non stiamo parlando di 200 mila persone che passano dal centrodestra al centrosinistra. Qui siamo ad un riequilibrio del quadro politico nazionale che ha avviato Salvini con le Europee del 2019 e ha concluso Zingaretti con il voto di domenica. Abbiamo usato il termine riequilibrio. << Italia spaccata a metà, testa a testa! >> Ci tornano in mente le estenuanti elezioni del 2006. Prodi contro Berlusconi. Pareggio perfetto. Metà nazione era riformista, l’altra metà conservatrice. All’infuori di questi due blocchi il nulla o quasi. C’è stato quindi un preciso momento storico nel panorama politico italiano in cui un 50% si riconosceva nel centrodestra e un 50% nel centrosinistra. Negli ultimi 7 anni sono poi entrati prepotentemente nello scenario elettorale i 5 Stelle, che hanno saputo captare i bisogni dei delusi degli altri due poli e a trasformarli in suffragi. Il Movimento ha vissuto momenti di alti e bassi, ma alle europee del 2019 accade qualcosa. Dopo 11 anni il centrodestra ritorna ad essere rappresentativo di metà del Paese. Salvini riesce nell’operazione di “riportare a casa” gli ex elettori di centrodestra che alle ultime elezioni avevano preferito mettere una x sul partito di Grillo. Da quel giorno il Movimento 5 Stelle non è più un partito trasversale. I suoi elettori sono in gran parte gli ex elettori di quel Romano Prodi che con fatica 14 anni prima arrivò a Palazzo Chigi. Di Maio non lo ha capito, ha flirtato con Salvini, ha tenuto una linea ambigua su immigrazione e diritti civili. Non ha compreso che i suoi elettori non erano più quelli di un anno prima. Loro, invece, si sono trovati smarriti di fronte all’inadeguatezza dell’offerta politica che il “movimento” ha proposto. E domenica, 8 su 13 sono “tornati a casa”, a casa del PD che cresce di 3 punti in meno di un anno nonostante la scissione di Renzi e di Calenda, e a casa di Bonaccini e delle sue civiche che racimolano più di 5 punti oltre al PD.

Eccolo, il riequilibrio, portato avanti grazie (o a insaputa) di Zingaretti, che vince su tutta la linea. Il suo partito è il primo in Emilia e in Calabria dove solo sette mesi prima era rispettivamente secondo e terzo. Le liste di centrosinistra superano il centrodestra in Emilia e Bonaccini vince con un vantaggio siderale contro la sfidante. Senza voler nulla togliere a Bonaccini, possiamo tranquillamente affermare che quella di ieri non è stata una parentesi felice per il centrosinistra da arginare ad una elezione locale. Quello di ieri non è stato solo l’esito meritato per un’azione di buon governo largamente riconosciuta. Domenica è iniziato un nuovo ciclo politico che ci riporta (finalmente) ad un quadro bipolare, molto simile a quello del 2008, dove il Paese è in maggioranza di centrodestra, ma in un contesto nuovamente competitivo e dall’esito non più scontato.

L’autore è fondatore dell’istituto statistico WinPoll.

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