Una forte ispirazione emerge, sempre più evidente, nel ministero di papa Francesco, tra documenti, encicliche, messaggi e viaggi. Si scorge il progetto di portare alla società contemporanea  non tanto il cristianesimo confessionale, con  la sua storica e bimillenaria elaborazione dogmatica, quanto il suo stesso fondamento, spesso da quella oscurato, e cioè la  predicazione originaria del Vangelo, come annuncio della buona novella di Gesù. E ciò appare evidente già dai primi suoi scritti: Evangelii gaudium(2013); il Vangelo del sorriso (Milano Piemme, 2013).

Il Vangelo costituisce il sommo messaggio di  universale fraternità, di cui l’umanità ha estremo bisogno oggi, a fronte di un pianeta divenuto un ‘villaggio globale’, caratterizzato dalla modalità della prossimità intensa e diffusa tra i popoli, con scambi fisici ed elettronici.  Il Vangelo emerge come un fascinoso ed efficace testo, di estrema modernità,  capace di orientare le modalità di vita sia personali, che sociali, giuridiche, economiche, verso una proficua visione non provvisoria, ma di lungo corso, di millenaria saggezza, contrapposta alle condotte autodistruttive di odi, egoismi e arsenali delle armi.

Nell’ultima enciclica, ‘Fratelli tutti’, del 3 ottobre scorso, Papa Francesco ha ribadito la sua ispirazione, confermata dal suo coraggioso viaggio in Iraq del 5 marzo successivo. Di fronte al mondo, egli richiama il Vangelo, come testo di integrale umanità, senza alterigia dottrinale, ma come monito dell’uomo all’uomo verso i valori che danno dignità e conforto alla vita, come tolleranza, solidarietà, compassione, amore tra le persone e nelle strutture sociali e perfino giuridiche dei popoli.

Francesco svolge il mandato evangelico di predicare  la buona novella, che non è il contenuto di un dogma religioso, ma quella meravigliosa realtà,  che Gesù stesso voleva fosse riferita  a Giovanni Battista e cioè “i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, ai poveri è annunciata la buona novella”. (Mt. 11,5)

Non speculazioni teologiche, dunque, ma rendere accettabili le condizioni della vita terrena, sotto la tutela di un Dio,  padre amoroso, che reagisce severamente solo contro i prepotenti, che opprimono  i deboli  e i ricchi egoisti che li lasciano morire di fame.

Occorre costruire il regno dell’esigente paternità di Dio, anche se invocato con nomi diversi, tendenti tuttavia ad uno stesso fine, quello di configurare una realtà trascendente, a tutela e guida del destino di tutti gli uomini, ‘Fratelli tutti’.

Il Vangelo, con epigrammatica semplicità, ne enuncia i rivoluzionari principi:  fame e sete di giustizia;  gli ultimi come primi; l’amore per il prossimo e perfino per il nemico; la legge fatta per l’uomo,  a suo sostegno  e non ad asservimento;  l’autorità  come servizio e non  dominio e prevaricazione;  il rispetto sacro per la donna e per i piccoli; i pacifici e i miti  destinati a possedere la terra; la tolleranza verso i diversi; meglio la desistenza  e la non-violenza che la reazione;  la misericordia (il buon Samaritano) e la solidarietà fra popoli di diversa religione e nazione; ecc. 

Una nuova tavola di valori individuali è anche enunciata  nel discorso della montagna che ribalta i convincimenti correnti e proclama beati  i semplici di spirito, i puri di cuore, i  miti, i pacifici, i misericordiosi, chi è perseguitato.

Non si trovano simili messaggi in altre religioni e perciò la buona novella del Vangelo, per il suo alto contenuto di umanità, non va  rinchiusa nel recinto della società  dei battezzati,  ma va partecipata fraternamente a tutti i popoli del pianeta.

Papa Francesco sa bene che, in modo embrionale, molte di quelle idee  erano già patrimonio delle intelligenze migliori di tante antiche culture, e soprattutto dell’ellenismo, costituendo il background in cui si è collocato lo stesso cristianesimo. Era un deposito di saggezza al quale il Vangelo ha offerto un’ospitalità forte e gentile, per i cristiani suggellata come  parola divina. Ma sono idee che appartengono all’uomo universale, piattaforma di una futura ed universale religione immanentistica dell’uomo, capace di guidare tutti i popoli e costituire il fondamento sommo  delle leggi e delle stesse convenzioni internazionali, come in parte sta avvenendo (parità di tutti gli uomini, delegittimazione della violenza ecc.).

L’annuncio dell’umanità nuova viene offerto da Papa Francesco in assoluta semplicità, senza supponenza dottrinaria o ieratica sacralità, ma con cordialità dialogica, tesa ad abbattere le barriere culturali e raggiungere il cuore di ogni persona e di ogni popolo, perché si vada tutti verso un’universale  ‘conversione’ della mente e del cuore.

Ciò richiede, di conseguenza, la messa tra parentesi della pretesa della rivelazione divina, come supremazia religiosa, che indispone chi professa altre  religioni. E’ possibile, invece, un terreno di incontro sui valori evangelici, offerti come proposta dell’uomo all’uomo. Il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi, il suo messaggio è nella carne e nel cuore di ogni uomo e lì va risvegliato, con pari dignità di tutti, senza priorità egemoniche precostituite, ma guardando ai bisogni dell’uomo.

L’universalità dei contenuti del messaggio evangelico richiede, dunque,  che vadano liberati dell’involucro del marchio confessionale ad essi sovrapposto, e li segrega e rinchiude nell’enclave del cristianesimo storico ufficiale, resosi, peraltro, molto spesso indegno a causa dei peggiori vizi di dominio e potere.  La fetta di umanità che si è impossessata del Vangelo rappresenta ancora oggi la porzione di umanità che maggiormente domina il resto del pianeta, ed ha costituito un ordine planetario che gli consente di sfruttare con apparente legalità gli altri popoli, contro il dettato del Vangelo stesso. 

Il quale, liberato dall’armatura confessionale, coinvolgerebbe molto meglio ogni uomo, ogni popolo. Va, dunque, nella prospettiva papale, costruito un vero ecumenismo, che superi gli steccati delle appartenenze, pur senza rinnegarle. Occorre un disarmo confessionale che consenta una disseminazione ‘laica’ del Vangelo, come dei testi di base di altre religioni,  per indicare a tutti i popoli un cammino di saggezza, carta fondamentale per tutte le convenzioni internazionali, perché sorreggano una pacifica vita sul pianeta.

La definizione, data da Lattanzio (III-IV sec. d. C.) e cara a S.Agostino (354-430), della religione come un ‘religare’ e cioè un vincolare verso la divinità, diventa in Papa Francesco un ‘religare’ verso l’uomo, immagine di Dio, verso ogni uomo, l’universo dei  fratelli, nella loro dimensione personale e sociale, nella ricchezza delle loro diversità. E si tratta di condurre anche le altre religioni a ‘convertirsi’ all’uomo, mettendo al suo servizio il culto e l’impegno obbliganti verso la divinità. Nella sua lettera S. Giovanni ammonisce che è bugiardo chi dice di amare Dio e non ama il prossimo. (Gio. I, 4,20)

La fondamentale appartenenza all’umanità, che oggi diventa una prossimità esigente in un mondo sempre più interconnesso, impone più vincolanti doveri di reciprocità. ‘Fratelli tutti’ rappresenta una enunciazione, alta, rispettosa e discorsiva,  di un disegno di fratellanza planetaria.  

Egli apre la sua enciclica (par. 3) con il racconto di S. Francesco d’Assisi, che rifiuta l’eccitazione collettiva delle crociate, con le sue omicide e peccaminose guerre religiose,  e va dal Sultano di Egitto, Malik-al Kamil per vivere con lui “la grandezza dell’amore desideroso di abbracciare tutti… vivere un’umile e fraterna ‘sottomissione’…per evitare ogni forma di aggressione o contesa”.

Pertanto, ammonisce con forza i grandi della terra perché si passi dalla contesa o concorrenza rapace ed aggressiva, alla solidarietà, come feconda modalità anche per una buona economia, ed unica forma di convivenza che  può assicurare permanente pace e prosperità  planetaria, sfruttando saggiamente  le risorse di  “sora nostra matre terra, la quale ne sostenta e governa” (Cantico delle  creature di S. Francesco).

Fratelli tutti’ spinge in questa direzione e le diversificazioni di razza, nazione, sistemi politici vengono bruciate e risolte nella necessità di fondo: o tutti fratelli in un comune destino progressivo planetario o verso la catastrofe. E sembra che perfino la pandemia del covid19 abbia dato una mano a papa Francesco: essa sta rendendo evidente il legame di un comune ineludibile ed intrecciato destino per l’umanità, che non consente fughe negli egoismi, perché nessuno si salva da solo.  

Papa Francesco, come S.Francesco, suo richiamo ideale,  ha assunto su di sé la missione di questo progetto strategico di ‘pace e bene’ (pace è bene), nonostante l’infuriare ancora delle ostilità concorrenziali, scorie di un passato destinato all’obsolescenza. Egli ha il coraggio di parlare chiaro e forte ai governanti, mentre si mostra comprensivo, e quasi nume tutelare, verso le popolazioni doloranti ed oppresse, lo scarto mondiale. In una prospettiva di umanizzazione della religione, di una religione dell’immanenza, egli sembra affidare alla Chiesa il compito, seguendo il Vangelo, di sollecitare, a cominciare da se stessa, una fraternità universale, che superi ogni rigidità e conflittualità.

Nell’epoca in cui l’uomo ha costruito strumenti distruttivi, fisici e biologici, di immensa potenza, l’alternativa non è che la catastrofe, mentre un pianeta che va facendosi così  interconnesso per l’onnipresenza dei siti Internet (WWW, ragnatela estesa al mondo), ha sempre più bisogno di praticare una  quotidiana contiguità e fraternità universale.

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