L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, che ha sede a Vilnius, ha
effettuato lo scorso 8 ottobre la sua country visit a Roma e ha illustrato i risultati
del Gender Equality Index 2017,da cui emergono spunti interessanti di
riflessione per le politiche del nostro Paese.
Gender equality index, i progressi fatti dall’Italia
Il dato più confortante che ci è stato consegnato è che l‘Italia è il
paese nell’Unione Europea che ha fatto i maggiori progressi
nell’uguaglianza di genere, registrando un aumento negli ultimi dieci anni
di 12,9 punti, posizionandosi con un punteggio di 62 al quattordicesimo posto a livello europeo rispetto al precedente ventiseiesimo.
Italy is the country that improved the most in #EIGEIndex:
☑12.9 points up in the past 10 years
☑ reaching a score of 62.1 out of 100.
We are in ?? to discuss how EIGE’s research & tools could help progressing #genderequality even more – https://t.co/P79BPl0Uyy pic.twitter.com/eqt7S2rrqg— EIGE (@eurogender) 9 ottobre 2018
Questo progresso non è omogeneo in tutti i settori o “domini” esaminati,
con luci e ombre, frutto di scelte e politiche precise e che indicano
quanto ancora il percorso sia in salita per le donne nel nostro paese.
Decisivo in questo balzo in avanti è stato il dominio del potere e in
particolare del sotto-dominio della politica e dei processi decisionali. La
rappresentanza politica delle donne nel Parlamento italiano è più che
raddoppiata negli ultimi 10 anni e ha registrato un vero e deciso balzo in
avanti la rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione delle
società quotate in borsa (dal 3% al 27%). Mentre nel 2005 le donne
erano assenti dal consiglio di amministrazione della banca centrale, ora
detengono il 20% dei posti. Questo progresso è frutto delle leggi sulle quote
rosa, sulla doppia preferenza di genere, sia a livello nazionale che in
molte regioni d’Italia e, in particolare, della legge Golfo-Mosca del 2012. Tali
leggi sono il risultato di un grande lavoro politico trasversale delle
donne, che ha scardinato stereotipi consolidati sulle loro capacità e le loro
competenze.
“Decisivo in questo balzo in avanti è stato il dominio del potere e in particolare del sotto-dominio della politica e dei processi decisionali.
Tra l’altro, l’introduzione delle quote, che tanto dibattito ha provocato
nel nostro Paese, anche nel mondo femminile, ha funzionato in tutta Europa
come un grosso volano per l’aumento della partecipazione femminile alla
vita politica e proprio sull’esempio virtuoso dell’Italia, la California
si accinge a varare una legge simile.
Nel mondo del lavoro si registra un lieve e lento progresso in termini di
disparità di genere, soprattutto in termini di durata lavorativa, ma questo
settore risente della scarsa partecipazione nel decennio sia degli uomini
che delle donne al mercato del lavoro e del peggioramento delle condizioni
economiche per tutti .
Ancora le donne guadagnano il 18% in meno degli uomini e quasi il 25% delle
donne rispetto al 7% degli uomini lavora nel campo dell’istruzione, della
sanità e delle attività di assistenza sociale. Scarsi progressi dunque nel
mondo del lavoro, nonostante sia notevolmente aumentato il numero delle
donne laureate (14% contro il 12% degli uomini) pur con un grosso gap
ancora da colmare nelle professioni STEM, ovvero scientifiche,
tecnologiche, matematiche e ingegneristiche.
La gestione del tempo, una criticità per l’uguaglianza di genere nel nostro Paese
Un dominio nel quale l’Italia non conosce in questo decennio miglioramenti
nell’uguaglianza di genere è quello della gestione del tempo, che indica
una persistente disparità, anzi un ampliamento del divario, nella
ripartizione dei compiti domestici e di cura tra donne e uomini.
Ancora nel nostro Paese le dinamiche di coppia sono per lo più orientate a
spostare esclusivamente sulla donna i carichi familiari, sia che si tratti
di figli che di genitori anziani, con un impegno quotidiano nei lavori
domestici che vede un divario di genere tra le coppie con figli di 82 punti
percentuali. Tale divario è ancora più elevato in relazione al basso
livello di istruzione e con una differenza di 20 punti percentuali tra Nord
e Sud d’Italia.
Interessante rilevare che a questo riguardo I ricercatori dell’Eige parlano
del divario territoriale come se si trattasse di due Stati diversi,
evidenziando come le reti di welfare incidono profondamente nelle dinamiche
di coppia e nelle gestioni familiari. Se per le donne la nascita di un
figlio rappresenta spesso l’occasione per lasciare definitivamente un
lavoro, pur se precario, soprattutto al Sud, per gli uomini l’arrivo di un
figlio influisce poco o niente sulla partecipazione al lavoro, ma
ovviamente determina solo una nuova distribuzione del suo tempo libero.
“Interessante rilevare che a questo riguardo I ricercatori dell’Eige parlano
del divario territoriale come se si trattasse di due Stati diversi, evidenziando come le reti di welfare incidono profondamente nelle dinamiche di coppia e nelle gestioni familiari.
Crisi economica e conciliazione, i punti di caduta dell’Italia
È del tutto evidente da tale breve quadro riassuntivo del rapporto
sull’indice di uguaglianza di genere in Italia come la crisi economica
abbia accentuato le disuguaglianze di genere e come il mancato investimento
in politiche di condivisione e di conciliazione rischi di farci fare passi
indietro rispetto agli altri paesi europei.
Se infatti oggi non possiamo permetterci i costi per un nuovo welfare che
sostenga le famiglie o le giovani coppie, o non allontani definitivamente
una donna dal mondo del lavoro dopo la nascita di un figlio, potremmo però
indirizzare le politiche sociali verso modelli di lavoro agile, che senza
costi aggiuntivi rappresentano un investimento per favorire l’occupazione
femminile.
Se guardassimo con maggiore attenzione agli studi dell’Istituto Europeo per
l’uguaglianza di genere le nostre politiche troverebbero solidi riscontri
obiettivi per valutare gli impatti positivi sulla crescita economica
generati da una partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro e
maggiori spunti per ridurre i divari di genere e promuovere politiche di
conciliazione.