Il contributo che segue fa parte di una raccolta di articoli a cura di Lucio Lamberti, docente presso l’Università Telematica San Raffaele, dal titolo “Crisi sanitaria, crisi economica e crisi finanziaria. Le nuove torri gemelle”. Leggi anche il primo contributo, “Le nuove Torri Gemelle e le crisi globali“.

La cronaca della crisi

In questa crisi, come nelle altre, i primi segnali di allarme erano evidenti. Le tensioni sui mercati dei mutui nel 2008, le difficoltà greche nel 2011, le prime avvisaglie in Cina del Coronavirus. Ma le implicazioni erano talmente complesse che non si aveva voglia di vederle. Non si aveva la forza politica e morale di affrontarle.

E’ presto per capire come ne usciremo, anche se ne usciremo anche in questo caso. A volte le crisi possono essere salutari per ripensarsi. Ma non sempre avviene nel modo giusto. Nel caso delle crisi ultime abbiamo solo rimandato i problemi. Questa volta è un po’ più difficile rimandarli, ma vedremo solo fra qualche anno se lo stop improvviso delle economie, la recessione, la paura sociale, la coscienza della fragilità ci avranno spinto a ripensare con coraggio al futuro.

Siamo ancora all’inizio, molto è ancora da scrivere ma può essere utile ripercorrere insieme alcune delle fotografie iniziali. Quelle scattabili con i dati di oggi, per trarre qualche insegnamento anche se la evoluzione è molto rapida.

 

Dalla crisi sanitaria alla crisi economica: le tre fasi percettive della pandemia, l’arresto forzoso e la difficile stima degli impatti economici

Gennaio e Febbraio sono ancora i mesi della incoscienza. I mercati sono ancora molto tranquilli. A livello medico non c’è una sensazione di urgenza e si vede con distacco quello che avviene in Asia. E’ un fenomeno lontano e probabilmente si esaurirà come gli altri allarmi (Ebola ad esempio) in un problema locale e passeggero.

Il prima punto di svolta nella percezione della crisi è stata la diffusione in Italia. E’ la presa visione in diretta, anche mediatica, che uno scenario di crisi straordinaria, difficile da interpretare per le modalità e i tempi di diffusione, la mortalità e gli effetti che avrà sulla nostra stessa vita, sulle economie, sugli investimenti, può colpire anche un paese ricco, industriale e organizzato dal punto di vista sanitario, e metterlo in ginocchio.

Ma nei primi giorni, continua la incredulità, nonostante la diffusione cominci a diventare problematica nel resto del mondo e in paesi come l’Iran. E’ un tragico problema italiano, un incidente medico, e le prime soluzioni vengono viste con scetticismo e distacco. Bastano tuttavia pochi giorni  e la crudezza della diffusione globale si fa chiara e costringe ad un rapido cambiamento di politica tutte le maggiori potenze industriali. A fine marzo la pandemia è diffusa in tutto il mondo, i casi accertati superano il milione e le morti crescono geometricamente.

Geolocalizzazione casi Covid-19
Crescita totale dei casi Covid-19

Se la Cina sembra essere riuscita dopo oltre due mesi a fermare la diffusione del virus, mantenendo un apparato produttivo ancora attivo, dopo l’Italia, gli USA e gli altri paesi occidentali diventano il nuovo focolare con intensità e mortalità inimmaginabili. Un rapporto realizzato da un gruppo di epidemiologi dell’Imperiale College di Londra, guidati dal professore Neil Ferguson, e specializzati nei modelli di previsione di questi fenomeni ipotizza che senza un intervento massiccio del governo per rallentare il contagio e sopprimere i nuovi casi, il coronavirus potrebbe arrivare a fare oltre due milioni di vittime negli Usa. New York è costretta tra le prime a dichiarare lo stato di emergenza.

E’ un fatto senza precedenti. L’arresto delle economie globali per alcuni mesi, rischia di essere letale per molte industrie e devastante da un punto di vista sociale anche nei paesi occidentali. In Cina l’alt produttivo ha prodotto in tempi brevi un violento impatto su produzione e consumi.
Il contagio mette in ginocchio i sistemi sanitari sia dei paesi sviluppati che degli emergenti, scopre le debolezze della divisione internazionale del lavoro, e costringe a misure mai prese precedentemente come l’arresto parziale o totale degli spostamenti e delle attività non primarie per oltre metà della popolazione mondiale. A fine marzo le misure di isolamento obbligatorio o consigliato, quarantena e coprifuoco riguardano più di 90 paesi. Ad Aprile, oltre 90 paesi hanno fatto richiesta di fondi  e aiuti al Fondo Monetario Internazionale.

Le imprese legate ai servizi che contribuiscono per gran parte del Prodotto interno lordo USA, quasi l’80%, rischiano il collasso. L’indice PMI delle imprese legate ai servizi, che indica le aspettative per il futuro in termini di occupazione, fatturato è ai minimi storici. Il 50% delle imprese immagina una riduzione significativa degli occupati. Un segnale chiaro della virulenza del rallentamento si è avuto con il fortissimo rialzo delle domande di sussidi in USA. Le stime sulla disoccupazione potenziale sono discordanti, ma potremmo benissimo avere un raddoppio o una triplicazione dei disoccupati entro la fine dell’anno.

In Europa e in Italia l’effetto rischia di essere altrettanto devastante, con in più i limiti di una minore elasticità del sistema produttivo e finanziario, e a una eccessiva frammentazione della capacità di reazione politica.

Il volano finanziario

Come accennato i volani principali di diffusione e amplificazione della crisi sono i mercati finanziari, grazie alle dimensioni, alla tecnologia che velocizza gli scambi, alla concentrazione delle decisioni e alla apertura degli stessi, al sistema dei media che uniforma tempi e direzione delle decisioni. L’elemento base è comunque la dimensione. Con la globalizzazione i mercati finanziari hanno assunto dimensioni notevoli rispetto alle economie di riferimento. Le banche centrali hanno iniettato una dose notevole di liquidità.

Risorse a costo zero, disponibili per una industria finanziaria abituata alla leva, e bassa velocità di circolazione della moneta hanno determinato la esplosione dei prezzi delle attività finanziarie. Negli USA il grado di dipendenza dalla stabilità dei mercati finanziari è raddoppiato negli ultimi venti anni. La leva sul prodotto lordo è di poco meno di 6 volte. In questo mondo surreale di dominio assoluto delle attività finanziarie, le regole economiche convenzionali si rompono. Le autorità centrali sono interessate alla stabilità ma la stabilità delle economie e la ricchezza delle famiglie e delle imprese dipendono sempre più dal valore degli attivi finanziari. I supporti di liquidità non possono essere ritirati e il costo del capitale non può aumentare. Anzi.

Negli ultimi anni le borse sono state le principali beneficiarie, con effetto moltiplicatore sulla ricchezza delle famiglie. Ma non solo le borse. Con la politica di tassi zero e l’abbondanza di risorse finanziarie, l’effetto inflattivo su tutte le attività finanziarie è stato uniforme, dalle obbligazioni, al credito, ai prodotti strutturati. Nel 2019 in particolare i ritorni sono stati multipli dell’inflazione in qualsiasi mercato, nonostante la crescita moderata. L’economia finanziaria è stata notevolmente più redditizia di quella reale.

Dopo due mesi di relativa calma in marzo i mercati finanziari hanno avuto una vera e propria scossa tellurica, paragonabile per intensità solo al 2009, con variazioni dei prezzi giornalieri estreme. Per Europa e USA si sono registrate le maggiori discese giornaliere da sempre.

Le 10 maggiori discese in punti del Dow Jones nella storia

03/16/2020 −2997; 03/12/2020 −2353; 03/09/2020 −2014; 03/11/2020 −1465; 02/27/2020 −1191; 02/05/2018 −1175; 02/08/2018 −1033; 02/24/2020 −1032; 03/05/2020 −970; 02/25/2020 −879

Per tutto il mese di marzo l’intensità dei movimenti è rimasta molto ampia. Questo dato è sinteticamente chiaro vedendo l’andamento dell’indice VIX SP500 Il VIX stima la volatilità implicita delle opzioni (call e put) sullo S&P 500, offrendo una previsione della variabilità del mercato azionario nei successivi 30 giorni.

Rispetto alle grandi crisi del passato la velocità di reazione è stata persino più rapida e intensa della crisi del ’29. Inoltre è stata globale. In meno di trenta giorni le discese da inizio anno per la gran parte dei mercati azionari (a parte la Cina) hanno superato il 30%.

Le vendite hanno riguardato tutti i settori. In Europa in alcuni settori in poche settimane il valore medio delle aziende si è dimezzato in meno di un mese.    Si pensi ad esempio alle imprese del settore energetico. In un mese hanno toccato il 45% in meno di valore. Si pensi anche alle imprese del settore finanziario con colossi come AXA, BNP, Santander o Allianz che hanno toccato discese superiori al 40% in un mese.

La crisi si è riflessa in andamenti molto negativi anche delle obbligazioni meno sicure e dei paesi emergenti. In pochissimo tempo i prezzi sono scesi ed è aumentato di conseguenza a livelli record il premio che le imprese meno sicure devono pagare per finanziarsi. Sono comportamenti da panico finanziario, che si giustificano spesso  dalla necessità di liquidare le posizioni, più che da valutazioni finanziarie vere e proprie. Guardiamo ad esempio il comportamento dei mercati obbligazionari globali e USA nel mese di marzo.

In presenza di una politica monetaria ultra accomodante e tassi di finanziamento del debito zero o negativi, queste performance hanno una valenza molto psicologica e tattica. Fare liquidità dove possibile. Nelle crisi passate il tempo ha consentito il ritorno veloce dei prezzi, man mano che gli interventi statali hanno consentito il ritorno alla normalità.

Affinché la ripresa possa essere duratura è necessario però che si verifichino almeno quattro condizioni. Uno: il virus deve stabilizzarsi. Due: l’economia deve dare la sensazione di avere toccato il fondo. Tre: la risposta politica deve essere forte. Quattro: le vendite forzate devono finire.

Le prime due sono ancora lontane dal verificarsi. Questo peserà ancora sui mercati. La terza condizione, cioè la risposta politica, si è sta realizzando. Ma è ancora in via di definizione soprattutto in Europa. L’ultima condizione è ora più vicina: ormai gli investitori dovrebbero aver in gran parte riequilibrato i portafogli, dunque le vendite forzate potrebbero calmarsi.

 

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