Sviluppo economico, sostenibilità ambientale e salvaguardia dell’occupazione. È su queste basi che si sono aperti i lavori di COP24, la Conferenza sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite, che si è tenuta lo scorso dicembre a Katowice, in Polonia.
Con la sottoscrizione della Dichiarazione di solidarietà e giusta trasformazione (Solidarity and Just Transition Slesia Declaration) da parte di 55 Stati – tra cui Polonia, Germania, Francia, Danimarca, Gran Bretagna, Svezia, Unione Europea -, la lotta ai cambiamenti climatici viene rafforzata dall’alleanza con il mondo del lavoro e della giustizia sociale.

La Dichiarazione di Slesia, la carta d’identità di COP24

Nella Dichiarazione di Slesia riemerge lo spirito di Solidarnosc, l’originale spirito solidaristico che ha fondato la nuova Polonia, che mette alla base delle politiche di sviluppo non le comunità nazionali, ma la cooperazione tra gli Stati più ricchi e quelli più poveri su tutti i terreni, dalla finanza alla cooperazione tecnologica, dallo sviluppo economico alla ricerca scientifica.

La Just Transition di Slesia, ovvero una transizione equa e solidale, costituisce la vera novità e la carta di identità della COP24. La Just Transition, che costituiva un paragrafo nelle premesse dell’Accordo di Parigi del 2015, è diventata di fatto un pilastro del passaggio alla decarbonizzazione dell’Economia. Sostanzialmente, non ci può essere una lotta vincente ai cambiamenti climatici se non viene accompagnata dall’attenzione e dalla salvaguardia dell’occupazione, tanto che la trasformazione dell’economia verso la decarbonizzazione deve prevedere la creazione di nuovi posti di lavoro e lo sviluppo di delle relative competenze.

Le stesse vicende dei gilet gialli francesi, che hanno avuto inizio con l’opposizione forte e frontale alle maggiori tasse sui carburanti fossili, conferma che anche le migliori finalità ambientali  se non accompagnate da un’attenta valutazione sugli effetti sociali rischiano di trovare una forte opposizione sociale e popolare.

Gli impegni verso la decarbonizzazione dell’economia, per la lotta ai cambiamenti climatici, che determineranno profondi cambiamenti nell’organizzazione delle attività produttive ed economiche, necessitano di un forte coinvolgimento di tutti i settori della società e bisognerà calibrare con attenzione tempi e modalità della trasformazione con un’elevata attenzione ai costi economici e ai costi sociali, a partire dalla quantità e qualità dei nuovi posti di lavoro.

Per questo, un’interlocuzione diretta con le forze sociali più rappresentative, diffuse capillarmente nei settori e nei territori, possa costituire un’utile alleanza per garantire il successo della transizione all’economia decarbonizzata.

COP24 come governare la transizione verso lo sviluppo sostenibile

Non sono, infatti, in discussione gli impegni sempre più stringenti sugli obiettivi della riduzione della CO2, l’aumento delle energie da fonti rinnovabili e la crescita ulteriore dell’efficienza energetica, anzi si fa sempre più stringente, per la salvaguardia del pianeta e delle attività umane, la necessità di accelerare la decarbonizzazione dell’economia, l’uscita dall’utilizzo dei combustibili fossili e dall’economia dello spreco delle risorse naturali.
Ma, come emerge dalla Dichiarazione di Katowice, bisogna governare la transizione, fare in modo che le politiche sociali dell’occupazione e delle competenze e le politiche industriali accompagnino il processo della riconversione ecologica.

Un mondo più verde, più ecologico deve essere attraente anche per il miglioramento della qualità sociale del lavoro e della tenuta della competitività dell’industria e del sistema economico che supporta e regge l’occupazione.

Diventa fondamentale quindi che gli obiettivi ambientali trovino i corrispettivi piani dell’occupazione e piani industriali di sostegno. Diventa decisivo definire tempi e modi delle trasformazioni in ogni settore, in ogni territorio per individuare velocità e modalità delle trasformazioni che assicurino occupazione e tenuta dell’industria e della competitività globale.

In uno slogan? Essere concreti. A titolo esemplificativo, è giusto ridurre e azzerare l’utilizzo della plastica derivata dal petrolio e far crescere la bioplastica. Ma quale piano industriale e occupazionale accompagna la dismissione di fabbriche che occupano migliaia di lavoratori? Bisogna al più presto definire la transizione alle bioplastiche, evitando la creazione di migliaia di disoccupati.

COP24, a che punto è l’Italia?

La chiusura delle centrali a carbone nel nostro Paese è fissata al 2025. Ma quali sono i piani dell’occupazione che fanno da sfondo a questa decisione? E quali sono i piani di tenuta del sistema elettrico nazionale a fronte della chiusura delle centrali a carbone, di quelle a olio combustibile e della variabilità, non ancora risolta, della produzione da fonti rinnovabili? E come garantiamo, oltre alla tenuta del sistema elettrico e alla continuità della fornitura del servizio, anche la riduzione dei costi che continuano a essere del 30% superiori alla media europea, pesando sulla competitività delle produzioni nazionali?

La mobilità elettrica rappresenta lo sbocco obbligato della nuova motorizzazione. Ma mentre nell’immediato, incentivare la rottamazione dei motocicli verso quelli elettrici significa confermare e rafforzare una leadership nazionale sul mercato globale e quindi consolidare e aumentare il lavoro, l’occupazione, fare la stessa cosa sulle auto private significa favorire l’importazione dei veicoli prodotti in Asia, ridurre le quote di mercato della produzione nazionale, favorire fasce di popolazione con reddito medio alto e creare nuovi disoccupati.

I tempi e le modalità della transizione, quindi, sono decisivi per la tenuta dell’occupazione e dell’industria nazionale. Quindi il Piano energia e clima, deve essere accompagnato da un Piano dell’occupazione e delle competenze e da un Piano industriale della transizione all’economia decarbonizzata.

Il Governo e il Ministero dell’Ambiente, che resta il motore, l’ispiratore della trasformazione ecologica dell’economia, devono garantire la convergenza, la sintonia e la sinergia della questione ambientale con quella sociale e con quella economica e industriale. Per questo è necessario che sia firmata, prima possibile, la Dichiarazione di Slesia anche dal Governo italiano.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here