Intervista a Valentino Nizzo, Direttore Museo Nazionale Etrusco di “Villa Giulia”, Roma 

Qual è lo stato di salute della cultura in Italia?
Negli ultimi anni la situazione è migliorata. Il nostro Paese ha finalmente recepito una serie di esigenze di livello europeo e mondiale che hanno migliorato il modo in cui vanno gestiti i luoghi della cultura e il rapporto con i cittadini. In particolare negli ultimi 5 anni l’Italia è riuscita ad instaurare un tipo di strategia che ha consentito di riavvicinare il pubblico al consumo culturale. Inoltre l’autonomia conferita ai musei ritenuti di rilevante interesse nazionale ha consentito di essere più efficaci nell’organizzazione e nella gestione, dando maggiore popolarità ai direttori manager.

Valentino Nizzo, direttore Museo Nazionale Etrusco Villa Giulia

L’iniziativa che prevedeva l’ingresso gratuito nei musei la prima domenica del mese ha contribuito a riavvicinare il pubblico?
Il battage comunicativo che le ha accompagnate ha sicuramente rinvigorito la  frequentazione dei musei, producendo una crescita anche sul piano degli ingressi a pagamento, perché ha saputo creare un circolo virtuoso. Da ultimo, tuttavia, se la possibilità data ai Musei di adottare strategie differenziate ha permesso di incrementare con 8 giornate in più di gratuità e di diversificare l’offerta prevenendo situazioni di eccessivo affollamento, dall’altro ha depotenziato l’aspetto comunicativo che era stato determinante nel rendere popolari le aperture gratuite.

Cosa ne pensa della riforma Bonisoli?
Questa nuova riorganizzazione interviene su quella di Franceschini, la supera ma conservandone molti elementi caratterizzanti. Quasi tutti i direttori autonomi in scadenza di mandato, ad esempio, sono stati riconfermati per altri 4 anni. Idem per quasi tutti i musei autonomi e per le Soprintendenze uniche. Le cose invece sono un po’ cambiate al centro: è previsto il potenziamento del ruolo del segretario generale e delle sue funzioni di coordinamento. Ci sono inoltre modifiche alle modalità di esportazione e prestiti per le mostre, il superamento dei poli museali regionali per andare in direzione delle reti museali territoriali anche su base sovraregionale.

Cosa non la convince?
È difficile giudicare un provvedimento solo per quello che dice il testo del Dpcm. Da direttore del Museo Etrusco ho purtroppo dovuto constatare nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale quanto era già noto dalle precedenti anticipazioni, cioè che a partire dal 22 agosto Villa Giulia perderà la sua autonomia, insieme al Parco Archeologico dell’Appia e alla Galleria dell’Accademia di Firenze. L’idea, tuttavia, confermata più volte anche dal ministro è, dopo una delicata fase di transizione che si auspica possa essere il più rapida possibile, quella di porre il museo alla guida di una rete museale  sovraregionale a tematica etrusca. Il mio timore è che tale realtà possa non essere facile da gestire coinvolgendo una realtà molto ampia e dotata di una specificità tematica che potrebbe essere ritenuta settoriale. Ritengo però che tale sfida possa diventare uno degli aspetti più originali e forti della riorganizzazione targata da Bonisoli poiché la forza può essere data proprio dalla rete e dalla sua capacità di coinvolgere le realtà territoriali che la esprimono, superando la tradizionale ottica regionale per recuperare
quell’identità etrusca che ancora oggi è profondamente radicata nelle regioni che ne sono le naturali eredi: Lazio, Umbria e Toscana. Ma è importante che questo ambizioso progetto sia adeguatamente sostenuto perché, in assenza di autonomia gestionale e amministrativa e di musei che facciano grandi numeri, la sfida sarà quella di costruire e potenziare l’alleanza con le città e le regioni che da tale rete potranno trarre strumenti fondamentali per
incrementare il turismo e la fruizione culturale.

Passiamo alla sua attività: il museo che dirige si è distinto per gli ottimi risultati di pubblico e per le numerose iniziative. 
Nel 2017, dopo solo un mese dal mio insediamento, ho istituito un abbonamento che è diventato un esempio e un modello per molti altri musei, dai Capitolini al Mann, dal Parco Archeologico dell’Appia Antica al Museo delle Civiltà. La mia idea, che si è rivelata vincente, è che si possa ritornare più volte nello stesso luogo. La sfida, insomma, non è far entrare il pubblico, ma incentivarlo a tornare più volte, far sentire il museo come una casa. Questo, insieme a innumerevoli altre strategie di comunicazione e
valorizzazione e all’impegno del personale, ha portato ottimi risultati per quanto riguarda l’incremento dei visitatori che, nel 2018, hanno raggiunto quota 82.400, con un aumento del 14,3% rispetto all’anno precedente. Un risultato che non si vedeva dal 2006 e che è stato raggiunto praticamente a costo zero, poiché la scelta è stata quella di investire il bilancio nel recupero e nella manutenzione ordinaria e straordinaria dell’istituto.

Quali altre iniziative ha messo in campo? 
Un’attività che si è dimostrata molto proficua è stata quella del coinvolgimento delle associazioni del terzo settore. Abbiamo inoltre invitato i negozianti del quartiere per conoscere il museo e promuoverlo, nel loro stesso interesse. E per novembre stavamo lavorando alla realizzazione di una mostra sui primi 130 anni di attività di Villa Giulia, dal 1889 al 1919 che, allo stato attuale, non so tuttavia se potrà essere realizzata. Tra le iniziative più belle e tra le più coerenti con il progetto di rete museale e di sistema museale
nazionale vi è il ciclo “Storie di Persone e di Musei”, realizzato tra il 2017 e il
2018, nell’anno europeo del Patrimonio, ospitando a Villa Giulia 42 musei
civici di Umbria, Lazio e Toscana, invitati a raccontare le loro “Storie” e le loro
“Persone” nella casa comune di Villa Giulia.

È difficile gestire un museo? 
La gestione di un museo è un compito complesso e difficile. Villa Giulia insieme a Villa Poniatowski hanno un’area di circa 3.500 metri quadri solo di spazi espositivi, per un totale di 50 sale con oltre 7 mila oggetti esposti. In totale, contando anche gli spazi aperti, la superficie è di circa un ettaro. Il verde ha una manutenzione molto costosa legata anche allatradizione incarnata dalla Villa Rinascimentale. Per il prossimo settembre
sono in cantiere interventi strutturali pari a oltre 570.000 euro volti a
incrementare la sicurezza del Museo e acquisire nuovi spazi alla valorizzazione. È inoltre prevista la realizzazione di un nuovo laboratorio di restauro fruibile dal pubblico, il recupero della Caffetteria dell’Aranciera e la realizzazione di una nuova sala regia per la sicurezza, interventi che non si facevano da decenni. Recentemente abbiamo vinto un bando della Regione Lazio per progetti di innovazione, che ci consentirà di realizzare la “Macchina del Tempio”, con un percorso immersivo e multimediale all’interno
del tempio etrusco italico ricostruito alla fine dell’800 in uno dei nostri giardini. Entro la fine dell’anno era previsto anche l’affidamento di lavori per la realizzazione di un percorso per disabili all’interno del nostro celeberrimo Ninfeo oltre all’avvio del cantiere per il recupero di parte delle concerie Riganti di Villa Poniatowski, uno spazio polifunzionale destinato a potenziare l’offerta culturale e l’attrattività del museo.

Il personale è motivato? Ci sono problemi di organico? 
Al mio arrivo ho trovato in organico solo 30 persone di cui 26 assistenti alla vigilanza e un solo funzionario archeologo. Poi, grazie alla mobilità interna e a nuove assunzioni, siamo arrivati attualmente a 60 unità, ma stando al decreto ministeriale che stabilisce le esigenze di organico dovremmo essere 89, una cifra tuttavia inferiore alle affettive esigenze che consentirebbero l’apertura regolare di tutto il Museo e che sono state stimate intorno alle 120 unità. Il sottodimensionamento, infatti, non ci consente di aprire regolarmente Villa Poniatowski, che è una parte essenziale del museo. E si deve fare i conti anche con gli imminenti pensionamenti e la presenza di colleghi con delicate problematiche di salute.

In questa situazione si riesce a far quadrare i conti? 
Il bilancio del 2018 ha avuto alla base 800 mila euro versati dalla Direzione generale dei musei, a fronte di ca. 1 milione e 900 mila euro di spese preventivate legate solo a utenze e manutenzioni. Questi fondi, grazie anche all’autonomia contabile, sono stati significativamente incrementati grazie ai proventi della bigliettazione alle attività in concessione e ulteriori erogazioni da parte del MiBAC portando il bilancio, comprensivo di fondi vincolati alla realizzazione di specifiche attività, a oltre 2 milioni, una cifra consistente ma insufficiente per far fronte a tutte le esigenze.

Come immagina il futuro di questo museo? 
La riforma Bonisoli sta determinando una discontinuità che purtroppo non fa bene all’attività. Dal ministero ho ricevuto rassicurazioni e inviti a proseguire le iniziative e i progetti. Il mio destino mi interessa relativamente, ma un museo non può vivere nell’incertezza. È infatti necessario poter agire in modo efficace per rilanciare nell’immaginario collettivo il potenziale culturale degli Etruschi e degli altri popoli dell’Italia preromana straordinariamente rappresentati all’interno del Museo: una storia davvero meritevole di attenzione. Ci vuole però l’impegno di tutti. Un esempio: nel 2003 c’è stato un significativo crollo delle visite dovuto alla riforma Moratti, che con la riorganizzazione dell’insegnamento aveva ridotto drasticamente lo studio degli Etruschi, limitandolo alle sole elementari. L’entusiasmo e la curiosità dei bambini, invece, sono importanti per il coinvolgimento delle famiglie, sono uno strumento di avvicinamento. Anche per questo è importante rafforzare ulteriormente le nostre capacità comunicative verso il pubblico virtuale pur essendo già considerati tra le realtà più vivaci nel settore sia come reputazione che come capacità di coinvolgimento attraverso i nostri canali social. Per questo voglio continuare ad essere ottimista sul futuro del Museo: dopo la
condivisione delle prime bozze di riorganizzazione sono nate innumerevoli petizioni, sia da parte di specialisti o associazioni che hanno collaborato con il Museo, sia da parte di semplici cittadini che hanno dato vita a una petizione online che in poche settimane ha superato le 2.400 firme, con apprezzamenti anche molto lusinghieri per la nostra attività e i risultati finora ottenuti.Insomma, siamo perfettamente nel solco della Convenzione di Faro, che si pronuncia sul valore dell’eredità culturale per la società e che è stata
espressamente citata nella missione del Museo. Villa Giulia, cogliendo perfettamente lo spirito di questo importante documento, in questi anni è diventata una vera casa, in cui tornare più volte per scoprire il meraviglioso mondo etrusco.

2 Commenti

  1. Ho lavorato a Villa Giulia molti anni fa, lo ritengo fra i più belli di Roma, specialmente dopo l’acquisizione di Villa Poniatowski, ma raramente compresa negli itinerari turistici.
    Tutti i miei amici e conoscenti sanno che una visita a Villa Giulia non può mancare per chi voglia conoscere il mondo etrusco, in particolare del Lazio

  2. Scoperto per caso negli anni 90,ne rimasi folgorato per la bellezza. Un Museo però va visto e rivisto ed ancora rivisto, ed ogni volta presenta un volto diverso. Ma data la lontananza questo non mi è possibile. Penso che bisognerebbe lavorare con i giovani per spi gerli a scegliere un museo del “cuore”, quello da seguire ed approfondire.

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