Intervista a Valentino Nizzo, Direttore Museo Nazionale Etrusco di “Villa Giulia”, Roma

Anche la cultura sembra essere ripartita. Molti Musei a Roma e in Italia hanno riaperto i battenti, ma non è il caso del Museo Etrusco di “Villa Giulia”. Come mai? Quando sarà possibile ammirare nuovamente il Sarcofago degli Sposi e tutte le altre meraviglie dell’antica Etruria?
Al momento abbiamo indicato il 9 giugno per la riapertura al pubblico del Museo, ma non siamo ancora in grado di dire se riusciremo a rispettare questa scadenza. Il problema è che non dipende da noi: stiamo facendo tutto quello che è in nostro potere, ma è un problema di ordine amministrativo, più che emergenziale. È una situazione anomala e complessa.

Ci spieghi…
Ci troviamo di fronte a una delle conseguenze del temporaneo declassamento del Museo, concretizzatosi il 22 agosto dello scorso anno per effetto della riorganizzazione del Ministero portata avanti dall’allora ministro Bonisoli. Da allora e fino allo scorso 25 febbraio la gestione dell’Istituto e la sua contabilità sono passate ad altri uffici del ministero, con tutte le conseguenze che complessi passaggi burocratici come questi possono comportare. Al momento, infatti, il bilancio previsionale relativo al 2020 non è stato ancora approvato dal MEF e dalle direzioni generali competenti e il conseguente riassorbimento dell’avanzo del 2019 non può tecnicamente ancora aver luogo. Trovarsi in una situazione di forte provvisorietà limita totalmente le nostre possibilità di spesa al momento circoscritte solo a quanto è stato possibile incassare a partire dal 25 febbraio scorso, cioè in appena dieci giorni di apertura prima della chiusura forzata per l’emergenza sanitaria.

Cosa ha comportato la chiusura per tutto questo periodo? Ci sono state ripercussioni sull’occupazione del personale?
Per fortuna no. Io ho continuato a venire in Museo tutti i giorni insieme al presidio necessario per la sicurezza. Il resto del personale è rimasto a casa in modalità smart working. Un modo nuovo ed efficace di lavorare che non ha posto particolari problemi di gestione, ha garantito la salute del personale e limitato molto i rischi di contagio. Inoltre ha reso possibile continuare a garantire la “vitalità” del Museo, seppur in modo “virtuale”, con esiti che mi sento di poter definire eccellenti e che ne hanno esponenzialmente accresciuto la visibilità.

Sì, il Museo Etrusco si è distinto per la modalità di comunicazione: se i visitatori non sono venuti al Museo, è stato il Museo ad entrare nelle case di tantissime persone.
Vero! I mesi della chiusura, da marzo a maggio, coincidono con quelli che solitamente sono di massima affluenza al Museo, basti pensare alle scolaresche e ai tanti turisti. Se da un lato il Coronavirus ha chiuso le porte ai visitatori, dall’altro ci ha offerto una opportunità preziosa, perché abbiamo messo in campo strumenti innovativi ed efficaci in termini di comunicazione. Abbiamo semplicemente potenziato cose già fatte in precedenza, che altri musei hanno però messo in piedi solo in questo periodo di quarantena. Il personale, anche da casa, ha realizzato e prodotto molti contenuti e la mia presenza costante in museo mi ha consentito di offrire al pubblico ogni settimana diverse esperienze di fruizione particolarmente efficaci perché realizzate in diretta, con l’interazione del pubblico, invitato letteralmente a “dirigere il direttore” e a porre domande e curiosità, su temi specifici o anche semplicemente su ciò che era da me inquadrato in quel determinato momento. Apprezzatissimi sono stati i video immersivi a 360°, un’altra formula piuttosto inedita nel panorama nazionale e molti post ironici. Una modalità espressiva, quest’ultima, che è stata molto apprezzata e che ci ha consentito di trovare spesso spazio su molte testate giornalistiche nazionali, da Repubblica al TGR, per essere poi ripresi anche dal Tg1 e da altri media internazionali, arrivando fino in Russia e Oltreoceano.

Come siete riusciti in questa impresa? Qual è stato il segreto del vostro successo?
Non abbiamo offerto il solito noioso e asettico “virtual tour”, ma un prodotto nuovo e diverso. Abbiamo ricreato le condizioni di una visita reale, portando le persone in diretta “dentro” il museo, consentendo loro di interagire tra di loro e con me, non solo ponendomi le domande ma guidandomi letteralmente nella visita alle diverse sale. Facendo così si sono create delle piccole ma assai significative comunità virtuali, delle quali sono entrate a far parte anche scolaresche con i loro docenti o studenti di università che hanno ampiamente attinto al materiale del nostro canale YouTube per la loro formazione, in modo autonomo o sollecitato dai loro professori. Non è stata una cosa facile, né scontata, ed ha contribuito a dimostrare ulteriormente, se ce ne fosse ancora bisogno, il ruolo importantissimo che possono avere i funzionari per la comunicazione, una figura che era già presente nel nostro ministero, ma con numeri troppo esigui, cui ha posto in parte rimedio soltanto l’ultimo concorso del 2016. Abbiamo puntato molto anche sulla didattica online per i più piccoli, lanciando moltissimo materiale sui nostri popolari canali social (una efficacissima “esca”) e mettendolo poi a disposizione sul nostro sito web con risultati particolarmente apprezzati dalle famiglie anche per l’essenziale componente ludica che dovrebbe sempre accompagnare ogni esperienza di apprendimento. Paradossalmente, gli analytics dei nostri canali ci dicono che Villa Giulia in questo periodo di chiusura è stata fruita da molte più persone di quelle che solitamente la visitano nel medesimo spazio di tempo.

A proposito di numeri: quelli del vostro canale Youtube sono di tutto rispetto.
Sì, abbiamo scoperto in questo periodo con nostra sorpresa che il canale Youtube Etruschannel si pone al secondo posto assoluto come numero di iscritti tra tutti i Musei statali autonomi, preceduto solo da quello di una “popstar culturale” come gli Uffizi. Ma ciò che più ci rincuora è che sia attraverso Youtube che per tramite di tutti i nostri numerosi canali di contatto, sono moltissime le persone che hanno espresso il desiderio di venire a visitare il museo per la prima volta, o di tornarci. Tra gli utenti ci sono tantissimi italiani all’estero, e molti appassionati di cultura etrusca da tutto il mondo in grado di fruire senza difficoltà dei nostri contenuti (complice forse su youtube anche la possibilità di fruire di efficaci sottotitoli automatici in quasi tutte le lingue). Dall’8 marzo (giorno di chiusura) al 21 maggio abbiamo avuto oltre 84 mila visualizzazioni complessive; mille in più di quelli che nell’intero 2019 lo hanno visitato dal vivo e che costituiscono un risultato lusinghiero che non veniva registrato dal 2006. Ma ci sono anche altri dati che dimostrano la bontà del nostro progetto: il tempo di visualizzazione, pari a 8.500 ore, e il numero degli iscritti, passati da poco più di 1.000 a quasi 2.200 in questi tre mesi. Infine gli spettatori unici, che sono stati più di 37 mila: vuol dire che mediamente sono tornati due volte e mezzo per fruire di contenuti spesso complessi, articolati e assai meno effimeri di quelli che sono soliti caratterizzare social più “pop” quali facebook, instagram o, da ultimo, tik tok. Penso quindi di poter dire che tale risposta vada incontro alle esigenze di un pubblico che ha cercato alternative culturali significative nel corso della quarantena, con le quali compensare le limitazioni imposte dall’emergenza.

Come giudica le misure messe in campo dal Governo?
I fondi promessi dal Governo consentiranno sicuramente di fronteggiare le minori entrate conseguenti alle chiusure temporanee e all’inevitabile riduzione dei flussi turistici che è lecito aspettarsi nei prossimi mesi se non addirittura anni. Anche se chiuso, infatti, un Museo deve necessariamente continuare a garantire tutte le manutenzioni ordinarie: le pulizie, gli interventi sul verde, la purificazione degli ambienti, la verifica degli impianti. Senza l’intervento del governo sarebbe stata una vera catastrofe, visto che, come ho detto, abbiamo attualmente in cassa solo quanto è potuto entrare a partire dal giorno del ripristino dell’autonomia, lo scorso 25 febbraio. Una volta rientrati nelle nostre disponibilità, contiamo di utilizzare il bilancio per rimettere il museo in carreggiata e riprendere alcune delle attività di recupero, potenziamento e messa in sicurezza della struttura che sono rimaste inevitabilmente interrotte dall’agosto del 2019 per effetto delle riorganizzazioni intervenute e, da ultimo, dell’emergenza Coronavirus. Molte di esse, infatti, erano già state finanziate anche grazie all’ottenimento di adeguati stanziamenti e alla tesaurizzazione virtuosa dei nostri proventi.

Con la riapertura sarete in grado di garantire tutte le disposizioni previste dai vari decreti? Il Museo Etrusco sarà una struttura sicura, a prova di contagio?
Assolutamente sì! Senza le problematiche sopra accennate, avremmo potuto essere tra i primi a ripartire, ma oltre alla carenza di fondi ha pesato anche l’esiguità del personale e la presenza al suo interno di molte categorie fragili che non possono rientrare in servizio. Sulla sicurezza possiamo dire di aver fatto tutto quanto era in nostro potere. Appena le casse ce lo permetteranno provvederemo anche a fronteggiare l’acquisto degli ultimi dispositivi di sicurezza che ci occorrono: da una adeguata fornitura di mascherine per il personale (nei giorni scorsi in parte fornita grazie all’intervento del nostro segretariato generale), alle visiere, al termoscanner, alle piantane per la distribuzione del gel disinfettante. Sono già stati individuati i percorsi da seguire e le misure da adottare. Il museo è dotato di un sistema interno di filodiffusione che servirà per ricordare ai visitatori le disposizioni relative al distanziamento sociale. Ricordo che il museo ha 40 sale e prevede un percorso lineare. L’unico punto critico in cui vi è un possibile rischio di assembramento è nella sala in cui è esposto il celebre Sarcofago degli Sposi, ma abbiamo tanti spazi aperti e possiamo dunque ritenerci un luogo ultrasicuro.

Lo slogan del museo resta lo stesso?
Sì, il Museo Etrusco deve essere una casa e la gente non bisogna solo “portarla” ma cercare soprattutto di invogliarla a “tornare”. Per questo abbiamo sin dall’avvio del mio mandato introdotto un innovativo abbonamento, che ha avuto un grandissimo successo e ha prodotto molte emulazioni. E oggi più che mai il Museo deve essere una casa, un luogo sicuro, accogliente. Il fatto che molti lo hanno vissuto in questo periodo virtualmente da casa e hanno interagito in diretta con noi ci aiuterà sicuramente tantissimo nel portare avanti questa missione.

Progetti per il futuro?
Una cosa che ritengo interessante e positiva della riorganizzazione avviata da Bonisoli era la costituzione di una “rete museale etrusca” che, nelle sue intenzioni, si sarebbe dovuta costituire intorno al Museo di Villa Giulia, restituito all’autonomia come sede e capofila dei “Musei Nazionali Etruschi”. Una visione materializzatasi nell’agosto del 2019 nell’ambito dei decreti che avrebbero dovuto attuare la riorganizzazione di Bonisoli, ma che è stato subito dopo congelato e superato in seguito alla caduta del governo e alla definizione di una nuova maggioranza. È ovvio che nell’attuale situazione di emergenza e con le problematiche amministrative e burocratiche sopra accennate, tale situazione non sarebbe stata affatto facile da gestire, ma in futuro, con il personale e le risorse adeguate, continuo a pensare che possa essere una strada interessante da seguire. Lo percepisco anche da tutte le sollecitazioni che ricevo e dalle opportunità che offrirebbe il ripristino di una relazione più diretta ed efficace tra il museo di Villa Giulia e la storia e l’archeologia di quei territori spettacolarmente rappresentati nelle sue raccolte.

C’è un episodio che ricorderà di questo periodo di pandemia?
Ce ne sono due, in particolare: le videodirette che ho avuto modo in più occasioni di realizzare dalla mia macchina nel tragitto da casa al museo in una Roma deserta e spettrale, che ho provato a raccontare rievocando le sue leggende e le sue testimonianze più antiche per ricordare al nostro pubblico il suo importante passato etrusco. E la riproposizione ironica del Sarcofago degli Sposi che ho fatto con mia moglie, dal divano di casa, invitando tutti i nostri follower a ricostruire le opere del Museo o, in generale, quelle dell’arte etrusca e preromana, da casa, con oggetti comuni. Con effetti virali che difficilmente avremmo potuto immaginare, nonostante il Coronavirus ci abbia ormai assuefatti a ben altre viralità.

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