La sonora sconfitta di Theresa May, nel voto della Camera dei Comuni sull’accordo negoziato che regola le condizioni di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea (la cosiddetta Brexit), apre uno scenario tendenzialmente drammatico sul piano economico e certamente inedito sul piano politico.

Lo scenario economico post-Brexit, tra incertezze e nuovi equilibri

La drammaticità economica deriva, innanzitutto, dal rilevante tasso di incertezza che si apre per le scelte alle quali saranno chiamate, nelle prossime settimane, sia la Gran Bretagna sia l’Europa, soprattutto nell’ipotesi che si arrivi, tra due mesi, a una uscita senza nessuna intesa. Che succederà davvero, in quel caso, dei confini, dei cittadini stranieri, dei rapporti commerciali? Che succederà all’economia europea e a quelle dei principali Paesi dell’Unione, tra i quali Germania, Francia eItalia? Quali dinamiche di scambio e confronto si instaureranno con un Paese vicino, alleato, comunque amico ed europeo, se gli scambi economici e commerciali saranno regolati dalle stesse norme che si adottano, ad esempio, la Cina?


L’accordo appena bocciato non era particolarmente vantaggioso per i britannici – l’Europa, in una posizione di forza, aveva fatto concessioni misurate – eppure era certamente meglio del probabile no-deal.

 

Il complicato percorso politico

L’esito del voto apre, sul piano politico, un percorso complicato. Innanzitutto perché lo scarto di oltre duecento voti vuol dire che si sono coagulate tendenze opposte, che non danno vita a una maggioranza alternativa.

“Si fondono nel “no” i deputati che considerano la May troppo debole verso l’Europa, coloro che vogliono più Brexit e coloro, al contrario, che non la vogliono proprio.

Si fondono nel “no” i deputati che considerano la May troppo debole verso l’Europa, coloro che vogliono più Brexit e coloro, al contrario, che non la vogliono proprio. A complicare il quadro c’è, nelle prossime ore, il voto di sfiducia verso Theresa May, proposto da Corbyn nell’immediatezza della bocciatura dell’accordo con l’Ue sull’uscita.

“La Gran Bretagna rischia di restare, quindi, anche senza leader e senza governo, in una situazione delicatissima per il futuro del Paese. Paradossale, ma può succedere

La Gran Bretagna rischia di restare, quindi, anche senza leader e senza governo, in una situazione delicatissima per il futuro del Paese. Paradossale, ma può succedere. Ancor di più se si considera che, solo poche settimane fa, la May ha ottenuto la fiducia del Partito Conservatore che, per regole interne, non può rimuoverla dall’incarico per un anno. Solo il Parlamento potrà farlo. Quindi è possibile che i franchi tiratori, sazi di quanto fatto con il voto di ieri, rientrino nei ranghi. Se succederà la May si ritroverà formalmente legittimata, ma politicamente debolissima. Sarà costretta a tentare una quasi impossibile rinegoziazione con un’Europa, che difficilmente potrà accettare nuove clausole, auto-condannandosi così a una nuova sconfitta. A meno che il tempo non logori le posizioni in campo. Per questo è possibile che la May chieda più tempo per uscire. Singolare situazione se venisse concessa, infatti si scavalcherebbero le elezioni europee e la Gran Bretagna, che a quella data sarebbe ancora uno Stato membro, dovrebbe votare i propri rappresentanti, questione esclusa in caso di uscita alla data prevista del 29 marzo.

Se la mozione di sfiducia passerà, la crisi del governo aprirà in UK un’empasse interna che porterà, probabilmente, al peggiore degli scenari, ovvero l’uscita senza regole.

Un nuovo referendum e il potere sovrano del popolo

Proprio mentre il Parlamento di Westminster vota su questi delicatissimi problemi, gli opinionisti e i sondaggisti dicono che il popolo inglese sarebbe pronto a un nuovo referendum per ribaltare il risultato negativo e restare in Europa. Si sostiene, infatti, che il primo voto, quello che ha portato alla decisione di uscire dall’UE, sia stato determinato da poca informazione sugli effetti che avrebbe determinato per gli stessi interessi dei cittadini britannici. È presto per dire se questa prospettiva sarà praticata o meno. Ma è del tutto evidente che se ciò avvenisse si aprirebbe un’ulteriore imponderabile opzione che metterebbe in discussione le regole democratiche. Ma, è altrettanto evidente che nella complessa moderna società della comunicazione e della conoscenza proprio la difesa autentica del “potere del popolo sovrano” necessita di trovare nuove forme di espressione e decisione che consolidino la partecipazione responsabile. Peraltro, sin dal “volete Gesù o Barabba” le scorciatoie non hanno portato bene…

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