Continua ad arricchirsi il nostro approfondimento sul tema della democrazia economica, aperto dall’articolo di Pier Paolo Baretta. Dopo le interviste a Tiziano Treu e Chiara Braga, e il contributo di Onofrio Rota, ospitiamo un approfondimento di Nora Garofalo, segretaria generale della Femca-Cisl (energia, moda, chimica).
Buona lettura!

La partecipazione dei lavoratori nelle aziende rappresenta una preziosa opportunità per tutto il mondo del lavoro. Ad oggi, però, resta una delle grandi incompiute del nostro Paese, e questo nonostante sia contemplata dalla Costituzione e sia stata oggetto di numerosi tentativi di regolazione normativa. Non esiste solo una forma di partecipazione: si va dal diritto di informazione e consultazione alla partecipazione diretta o organizzativa, dalla partecipazione finanziaria a quella gestionale. Ma a prescindere dalle diverse sfumature esistenti, questo strumento resta un pilastro delle relazioni non solo industriali ma anche sociali del Paese.

La Cisl ha sempre sostenuto e caldeggiato le diverse forme di partecipazione dei lavoratori nelle imprese. L’articolo 2 del nostro Statuto prevede “la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’unità produttiva e la loro immissione nella proprietà dei mezzi di produzione” e “la partecipazione dei lavoratori alla programmazione e al controllo dell’attività economica”. La proposta partecipativa della CISL nasce dalla presa d’atto che il sistema economico non permette la realizzazione dello sviluppo della personalità umana attraverso la giusta soddisfazione dei suoi bisogni materiali, intellettuali e morali, nell’ordine individuale familiare e sociale, che è fondamento della CISL stessa. L’esperienza italiana sul tema della partecipazione resta però molto debole, a causa anche dall’assenza di una legislazione di sostegno. Non esistono meccanismi di partecipazione assimilabili all’esperienza tedesca della Mitbestimmung, o ai percorsi avviati nelle economie di cultura anglosassone. Oggi, però, pensare di gestire senza la partecipazione dei lavoratori i grandi cambiamenti in atto, il processo di digitalizzazione, oppure la nuova organizzazione dell’impresa (che si adegua alle nuove forme di lavoro), appare fuori da ogni logica.

Anche nei settori seguiti dalla Femca (energia, moda, chimica) forme di partecipazione dei lavoratori all’impresa sarebbero fortemente auspicabili, sia per le peculiarità dei comparti che per ciò che i settori rappresentano, dal punto di vista economico e delle relazioni industriali. Mi limito ad illustrare due esperienze significative, quelle di Eni e di Luxottica, che possono sicuramente contribuire a rendere più chiaro lo scenario. Si tratta di due realtà importanti del panorama economico nazionale, in cui nel corso degli anni siamo riusciti a costruire relazioni industriali moderne e strutturate. Con Eni abbiamo sottoscritto numerosi protocolli che prevedono il coinvolgimento dei lavoratori. L’ultimo, a dicembre del 2020, l’abbiamo denominato “Insieme”, proprio perché si pone come obiettivo la condivisione del cammino di cambiamento per il Gruppo, che sta affrontando un processo di trasformazione industriale davvero importante. Il protocollo si pone l’obiettivo di governare la grande sfida della transizione energetica attraverso un modello partecipativo, anticipativo ed inclusivo che guardi alla sostenibilità sia economica che sociale, rimettendo al centro le persone ed il lavoro. Questa, a nostro avviso, è l’unica via per rendere la transizione sostenibile socialmente e propedeutica allo sviluppo dell’occupazione e del Paese.

Come spesso accade, però, alle buone intenzioni non sempre seguono i fatti. Pochi mesi dopo la firma del protocollo, Eni ha annunciato la chiusura delle attività dell’impianto cracking di Porto Marghera. Una decisione unilaterale, non concordata, senza alternative, che rischia di compromettere le linee di produzione della chimica di base, che ormai in Italia sono quasi esclusivamente di Eni. Questa scelta, come evidente, complica un po’ il dialogo, sempre costruttivo, tra i sindacati e il Gruppo. Il comportamento su Porto Marghera dimostra che anche nei sistemi caratterizzati da relazioni industriali avanzate, mature, la partecipazione organizzativa spesso si arena, nonostante sia espressamente prevista e definita in protocolli moderni ed efficaci. Tanti buoni propositi, insomma, non sempre si traducono in condivisione di tempi e modalità nei percorsi organizzativi e gestionali.

Anche Luxottica si è sempre distinta per relazioni industriali illuminate, un sistema efficace costruito su due livelli, di gruppo e di singolo stabilimento. L’obiettivo è quello di estendere le conoscenze e le informazioni a tutti i livelli e garantire la partecipazione e la condivisione. Grazie agli accordi aziendali sono stati costituiti nuovi gruppi di partecipazione, garantendo un salto di qualità delle relazioni sindacali. I gruppi incontrano periodicamente l’amministratore delegato per parlare della situazione aziendale e delle prospettive di medio periodo, delle iniziative commerciali e industriali. Recentemente Luxottica ha anche previsto la possibilità, per i propri dipendenti, di acquistare le azioni a condizioni vantaggiose.

A livello internazionale questo Piano di azionariato diffuso ha permesso al 44% dei dipendenti del Gruppo di acquisire azioni, un livello record. Anche in questo caso è opportuno fare una analisi lucida degli avvenimenti: si tratta di una iniziativa sicuramente positiva, ma le forme di azionariato dei lavoratori vanno sicuramente gestite collegialmente affinché i lavoratori possano partecipare ai processi decisionali aziendali. Il caso Luxottica, comunque, ci insegna che la contrattazione di II livello è davvero lo strumento più adatto per sviluppare la partecipazione organizzativa.

Nel sistema industriale che cambia, senza una partecipazione vera i lavoratori rischiano di estraniarsi dal mondo del lavoro. E senza il loro contributo di idee, professionalità, impegno l’azienda non potrà mai conseguire i risultati perseguiti. Il discorso, come evidente, è molto ampio: il profitto è solo un aspetto della partita, che include invece l’organizzazione del lavoro, la dignità del lavoratore, la responsabilità sociale, il rapporto dell’azienda con il territorio, il benessere organizzativo, la conciliazione dei tempi vita-lavoro.

Mai come in questo periodo la partecipazione organizzativa assume un valore importante, diventa più centrale, perché si va sempre più velocemente verso l’ammodernamento del sistema industriale italiano con una triplice transizione: ambientale, energetica, digitale. Per stare al passo il sistema deve sviluppare le competenze dei lavoratori e riconvertirle, bisogna recuperare e tutelare gli addetti attraverso la loro riqualificazione professionale. In caso contrario, i processi di cambiamento rischiano di avere effetti nefasti sulla tenuta occupazionale.

Infine, non si può negare che la pandemia ha rilanciato il ruolo strategico e l’importanza delle relazioni industriali e della partecipazione. I protocolli per la sicurezza, gli accordi per garantire la salute dei lavoratori, le intese sullo smart working, la normativa anti-Covid sono provvedimenti accomunati da uno spirito costruttivo e collaborativo, dalla volontà di unire le forze per raggiungere un comune obiettivo. Oltre a centinaia di migliaia di vittime e alla devastazione sociale, economica, sanitaria, che sta provocando, questo virus ci ha costretti ad una esperienza che ci lascia in eredità una lezione di vita.

Sta a tutti noi prenderne coscienza e responsabilità per non dimenticare.  

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