Il Paese reale si appresta al meritato riposo ferragostano. Terminate le grandi serie televisive, potrà non annoiarsi seguendo, dal mare e dai monti, la più calda e probabilmente ultima puntata della soap opera che da un anno ci riserva il Governo coi suoi due azionisti. Un anno di litigi crescenti, di insulti, di tradimenti e riavvicinamenti, di inconciliabili visioni strategiche, di cui il voto al Senato sul Tav – che ha dato il pretesto a Salvini per innescare la crisi – rappresenta solo l’epilogo.

Un Paese bloccato sul piano economico, incattivito sul piano sociale, diviso su tutto, ma tuttora – stando ai sondaggi – convinto, nella sua maggioranza relativa, che il “Capitano” abbia una rotta.

 

A beneficio dei migliori colpi di scena, Il Ministro degli Interni, dopo aver ben rosolato l’alleato-avversario, brucia il “Trono di spade” sicuro di dettare, così, tempi e modi della crisi. Ma sbaglia un calcolo e il Presidente del Consiglio (sottovalutato e, diciamo la verità, maltrattato) non ci sta e vuole portare l’atto finale in Parlamento, costringendo Salvini a compiere il regicidio in pubblico (mai sottovalutare il maggiordomo, come si sa, è sempre lui l’assassino… anche quando progetta il suicidio).

Così, contrariamente alla tradizione, saranno i parlamentari a lavorare in questo strano Agosto.

Si va, dunque, al voto anticipato? Sembra ormai difficile evitarlo: proprio Salvini si è esposto troppo con le sue dichiarazioni. È questione di giorni e, salvo sorprese imprevedibili – quali la nascita in Parlamento di una maggioranza inedita, del tipo di quella che ha votato la neo Presidente della Commissione europea, mettendo i sovranisti fuori gioco – le Camere saranno sciolte in un quadro politico ed economico desolante.

Il bilancio di quest’anno è magro. La politica anti-immigrazione, per “merito” dei proclami virulenti che ogni giorno ha fatto il Ministro degli Interni, ha fatto sì molto fumo, ma gli sbarchi continuano fuori dalle tradizionali rotte e non solo via mare. Alla fine, prima una, poi un’altra, le navi che girano il Mediterraneo salvano, come è giusto, le vite in pericolo. Anche se con il nuovo Decreto sicurezza – sul quale i rilievi del Capo dello Stato pesano – che impone pesanti sanzioni, i soccorritori saranno costretti a essere più prudenti nel forzare il blocco delle acque territoriali italiane; il che le obbligherà a restare in mare aperto o, addirittura, a girare al largo dai migranti alla deriva.

Su un altro fronte, l’autonomia differenziata è rinviata, con buona pace del Nord e dei governatori di Veneto e Lombardia che, con il loro “non firmo”, hanno perso l’occasione per proporre per tempo una mediazione che avrebbe consentito di portare a casa un risultato comunque straordinario, favorendo, invece, lo stallo.

Il Tav, che resta materia controversa come il dibattito parlamentare ha dimostrato, procede. Eppure, come un incredibile paradosso, rischia di restare la sola grande opera in realizzazione, non soltanto perché sono ancora troppi i cantieri fermi, ma, soprattutto, perché a fronte dell’evidente cambiamento climatico è urgente la messa a punto di un piano nazionale sul dissesto idrogeologico.

E, per aggiungere, non per finire, per Alitalia, Ilva e tante altre situazioni di crisi non si vede la soluzione. E quando arriva, come nel caso della Pernigotti, è per iniziativa di una cooperativa…

A far da cornice a questi modesti risultati c’è la stagnazione economica che è, ormai, certificata. Pil, produzione industriale, consumi, potere di acquisto e debito sono immobili: non crescono i primi, non cala l’ultimo. Il Mezzogiorno è al collasso (salvo le retribuzioni dei dirigenti pubblici!). Il solo dato che si impenna è quello della Cassa integrazione guadagni!

Se, nonostante tutto, si tira avanti la ragione sembra dipendere dalla proverbiale capacità degli italiani ad auto-organizzarsi, di trovare soluzioni, o almeno rattoppi, ai problemi. Una sorta di fai da te, quasi a farsene una ragione che anche “senza nocchiero in gran tempesta” si può sopravvivere o, addirittura, gestirsi al meglio. Senonché, il risvolto negativo di questa encomiabile, e talvolta eroica, impresa quotidiana dei cittadini per sopravvivere e crescere, in assenza dello Stato, occupato a difendere i confini dalle invasioni straniere, è anche un fai da te delle regole, del diritto, della convivenza. Una sorta di Far West, dicevamo nell’ultimo numero del bimestrale di ReS.

Così, nel nostro Paese, dove tutto è diffuso, benessere e malessere si affiancano, in ogni territorio. Sul piano economico: crisi produttive e occupazionali sempre più incagliate, ma anche eccellenze straordinarie sempre più competitive (anche se troppo isolate). E, più di quanto percepiamo, un “nero” fiscale da… sopravvivenza (è una motivazione, non una giustificazione!). Sul piano sociale ed etico: solidarietà e menefreghismo, razzismo e accoglienza, degrado e decoro urbano sono sempre più due profili della stessa faccia: la nostra!

E, se anche le riserve nazionali a cui attingere per dilazionare il declino (in termini, a esempio, di capacità di export e di risparmio privato) sono ancora notevoli, il logoramento strutturale del patrimonio compromette il futuro.

Non si sono viste, finora, azioni politiche e culturali in grado di porre rimedio a questa situazione. Chissà se una campagna elettorale che si annuncia davvero importante perché la posta in gioco, non è tanto  la flat tax, ma una idea di Paese, di società e di politica, scuoterà davvero il dibattito? Romperanno il silenzio gli intellettuali, gli indugi la Chiesa locale, la tattica le parti sociali? Si riuscirà ad offrire agli elettori, agli italiani, una visione generale che dia loro un senso di futuro, di senso civico, di solidarietà?

In tale quadro la sfida per l’opposizione è senza precedenti. Gli sforzi, evidenti, di Zingaretti per ridare un tono alla politica del PD si infrangono troppe volte su un corpo partito che sembra un muro di gomma; che invoca il cambiamento, ma lo assorbe prima che prenda corpo. La questione del partito, della sua unità e della sua organizzazione è, per il PD, soprattutto in questo frangente, vitale quanto i contenuti, sui quali la annunciata consultazione post feriale sul piano per l’Italia, che subisce a questo punto una accelerazione forzata, sarà un test non solo di vitalità necessaria, ma anche di capacità di centrare gli argomenti più popolari. Pochi, si spera, ma efficaci e comunicabili.

Dopo anni che, all’inizio dell’estate viene profetizzato un autunno “caldo”, (in memoria di quello di cui si celebra quest’anno il cinquantennio) stavolta quello si annuncia sembra davvero tale. Elezioni e sessione di bilancio insieme daranno un bel da fare a Mattarella. Come conciliare campagna elettorale e sessione di bilancio, per evitare l’esercizio provvisorio? Difficilmente sarà il governo uscente a gestire questa delicata fase. Riuscirà il Presidente della Repubblica a confezionare un governo di transizione che sia autorevole per l’Europa, i mercati e gli Italiani? E la sessione di bilancio si limiterà a sterilizzare l’Iva e a coprire le spese indifferibili, rinviando altre scelte al prossimo governo? Sono questi i quesiti che fanno dell’autunno prossimo una miscela incandescente e ad alto rischio per l’Italia.

Stancamente, dunque, affaticata da troppe incertezze economiche e dal frastuono dei governanti, preoccupata per la incertezza crescente, l’Italia, legittimamente, va in ferie. Ma viene in mente la famosa battuta di Marchionne – ripresa più volte in questi giorni – quando divenne capo della Fiat, che trovando i dirigenti in ferie, mentre l’azienda perdeva milioni al giorno, disse: “Ferie? Ma da cosa?”.

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