Passare dal metodo “cura tardiva in ospedale” a quello “cura precoce a casa” è indispensabile per salvare molte vite e per uscire prima dall’emergenza sanitaria, sociale ed economica determinata dal Coronavirus. È quanto ho ribadito anche in un appello rivolto al premier, Giuseppe Conte, e al ministro della Salute, Roberto Speranza.

L’esperimento italiano per contrastare la Covid-19 condotto dal prof. Cavanna è illuminante: Cavanna, direttore del reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza, già da metà marzo ha attivato una task force con la quale va a curare “casa per casa” dall’insorgere dei primi sintomi, entro 2/3 giorni dalla segnalazione. In poche settimane ha curato e guarito a casa più di 200 persone, e solo una percentuale bassissima, con comorbidità, è finita in ospedale.

I tempi di attesa per il ricovero in ospedale, quasi sempre troppo lunghi, sono infatti la principale causa dei decessi. È davvero arrivato il momento di cambiare strategia. Tra l’altro sappiamo quanto è necessario tenere il virus lontano da un luogo di trasmissione come gli ospedali, e questo anche per la sicurezza di chi negli ospedali lavora. Ha ragione Cavanna quando asserisce che questo coronavirus va aggredito subito a casa, che senso ha portare le persone in ospedale? Bisogna passare alle “cure precoci a casa”, un’intuizione che è valsa al prof. Cavanna l’onore della copertina sul prestigioso settimanale americano “Time”.

Ad oggi le regioni, tranne Umbria e Calabria, sono concentrate sulla gestione dei posti letto nei reparti d’infettivologia e di terapia intensiva. Ma adesso sappiamo come curare a casa: la cura va somministrata entro 48/72 ore dall’inizio dei sintomi per avere efficacia.

Il ministero della Salute deve coordinare le regioni e traghettarle nella fase 2.
Tre le mosse principali delle regioni:
I. Attivare “unità Covid-19 domiciliari” a tempo record che gestiscano telefonicamente i pazienti e solo se necessario direttamente a casa.
II. Dare alle regioni un preciso protocollo per i medici di medicina generale affinché possano prescrivere quanto necessario, anche telefonicamente, che sembra essere idrossoclorochina, azitromicina ed eparina, e istruire i pazienti su come usare il saturimetro per verificare se c’è l’infezione.
III. Formare “agenti speciali Covid-19” che trasmettano informazioni, vigilino sui protocolli e facciano da collegamento con la Protezione civile.

Tre azioni tempestive. Non è difficile. Il ministero della Salute deve chiedere al comitato scientifico di organizzare la lotta al “Sars-Cov-2” oltre la visione ospedalocentrica che sta uccidendo migliaia di persone.

Passare alla fase 2, inoltre, è il primo passo per ricondurre il Paese fuori dalla recessione, anche se non sarà facile. Questa è un’economia (sociale?) di mercato. È essenziale puntare alla sostenibilità dello sviluppo per far risalire il Pil creando tutte le condizioni favorevoli affinché le aziende non riducano gli occupati.

Ma occorre fermare questa pandemia, e occorre farlo subito. Diversamente vedremo migliaia di concordati preventivi fallimentari che si muoveranno come una caduta di birilli. Siamo appena in tempo per evitarlo.

* L’architetto Esposito è presidente onorario di “World – Law, Economics & Architecture”, scrittore, studioso di Sostenibilità dello sviluppo.

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