Le associazioni di tutela dei risparmiatori stanno avviando azioni risarcitorie, costituzione di parte civile nei procedimenti penali e richiesta di accesso al Fondo indennizzo risparmiatori nei confronti della Banca Popolare di Bari. L’occasione è utile per fornire qualche chiarimento sia sulla situazione della BPB sia di sistema.

Il primo punto assodato è l’impossibilità, salvo modifiche della legge, di intervento a favore dei risparmiatori da parte del Fondo che può intervenire, per statuto, solo a favore dei risparmiatori di banche “fallite”. Secondo punto certo è la totale tutela dei correntisti con giacenza nei conti  correnti fino a centomila euro, moltiplicabili per il numero di cointestatari del conto. Ancora certo è che una parte della clientela ha già vinto dei ricorsi contro la Banca, si attende una soluzione per il riconoscimento dei rimborsi spettanti ai risparmiatori. Da constatare il rispetto del pagamento della cedola delle obbligazioni scadute il 31 dicembre 2019.

Terzo aspetto importante è evidenziare che tra i risparmiatori quelli a maggior rischio sono gli azionisti, circa 70.000: non solo per la perdita di valore delle azioni, ridotto ormai a poco più di due euro ma anche per la possibilità, che con la ricapitalizzazione della Banca, il valore delle azioni si riduca ancora di più. Ultimo punto importante è la decisione di ricapitalizzare la banca, a condizione che si trasformi in società per azioni; si tratta complessivamente di circa 1,4 miliardi di euro, ritenuto un ammontare utile per il suo risanamento, da parte dello Stato attraverso Invitalia e Banca del Mezzogiorno e il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi.

Vista, velocemente l’attuale situazione della banca è necessario comprendere perché si è arrivati ancora una volta ad una situazione tanto grave. Qui la situazione particolare si sposa con quella generale, considerato quanto accaduto in passato e quanto, pur facendo gli scongiuri del caso, potrebbe ancora accadere.

Negli anni i risparmiatori si sono trovati di fronte a vendita di prodotti rischiosi tra cui l’acquisto di azioni quanto meno inopportuni, quello di obbligazioni subordinate, operazioni “baciate” ovvero finanziamenti concessi anche a fronte di acquisto di titoli della banca, all’impossibilità di vendere a causa dell’illiquidità del titolo (assenza di compratori), a compravendite a clienti che avevano espressamente chiesto di non volere rischiare il proprio capitale, a modifiche non conosciute, della propria profilatura, in alcuni casi coinvolti in casi su cui stanno indagando i giudici.

Obbligazioni subordinate, un caso di scuola

E’ utile tornare un momento sulle obbligazioni subordinate in quanto rappresentano un “caso di scuola”: le obbligazioni subordinate, in caso di difficoltà della banca, sono sottoposte alla disciplina del bail in per cui non c’è  certezza di rimborso di capitale e interessi, motivo per cui non sembrano un investimento adatto a un risparmiatore retail se non particolarmente preparato e debitamente informato della tipologia di investimento; Il collocamento di tale tipologia di titoli deve essere sempre in linea con la profilatura del cliente ovvero l’acquisto, “non adeguato”, deve espressamente voluto e autorizzato dal risparmiatore.

Queste vicende finanziarie, che possono farsi risalire almeno ai primi anni 2000, hanno fatto emergere la mancanza di consapevolezza da parte di tanti piccoli risparmiatori circa i rischi che corrono e circa le soluzioni possibili per limitarli, riconfermando la necessità di garantire un’efficace tutela risparmiatore che ha investito o deve valutare di investire in prodotti finanziari emessi dal sistema bancario.

Fondamentale è l’esistenza di regole che assicurino comportamenti trasparenti da parte degli intermediati bancari, che però non sono sufficienti se il risparmiatore non ha una conoscenza, almeno di base, degli strumenti finanziari e dei rischi ad essi correlati. E’ necessario, in ogni caso, riparare a quanto accaduto sino ad ora a danno della clientela.

Crisi bancarie e intervento pubblico

La premessa generale, a prescindere dalle singole situazioni, è che l’intervento pubblico per rimborsare perdite per investimenti in azioni o obbligazioni subordinate o per giacenze in conto oltre 100.000 euro, di fatto senza una valutazione degli strumenti (di rischio o di debito) e dei risparmiatori, non può essere la soluzione generalizzata, prima di tutto per motivi etici: si coinvolgono altri cittadini attraverso la fiscalità generale che forse non hanno risparmi o forse sono stati più attenti nei propri investimenti; poi si eliminano due dei principi base degli investimenti, il primo da manuale, maggiore rischio maggiore rendimento (quanto meno atteso) e non solo maggiore rendimento  tanto interviene qualcuno che mi rimborsa, il secondo che c’è una differenza netta e sostanziale tra investimento di rischio, appunto azioni, rispetto ad altri strumenti come le obbligazioni.

Se ci sono state cattive gestioni, mancato rispetto delle regole, truffe e ruberie c’è la magistratura e la possibilità di costituirsi parte civile, per recuperare il danno subito, nei processi penali, c’è l’Arbitro per le Controversie Finanziarie, ci sono le associazioni di tutela, dei consumatori e non, ci sono accordi diretti con l’intermediario come avvenuto per i default dei primi anni duemila.

Diversi sono i casi in cui siano valutati i singoli casi, le capacità e le conoscenze dell’investitore, siano coinvolte persone con difficoltà economiche o con problemi di salute o con situazioni di disagio immediate. Qui si deve intervenire celermente salvo poi agire verso il patrimonio dei responsabili.

In conclusione il sistema bancario italiano non è ancora in buona salute: tra banche risolte, banche in cui è dovuto intervenire lo Stato, banche in liquidazione, banche commissariate, interventi per immissioni di capitale fresco, sofferenze, crediti dubbi, struttura dei costi, sovradimensionamento del personale che, per evitare la sua riduzione, dovrebbe essere riconvertito al nuovo ecosistema bancario e finanziario: Non è più rinviabile una riflessione di sistema.

Valutazione che non può essere svolta da una commissione di inchiesta, utile solo come palcoscenico, ma mettendo intorno a un tavolo le migliori menti del Paese, coinvolgendo tutti i soggetti interessati, dallo Stato all’ultimo risparmiatore, passando per autorità di controllo, intermediari, professioni del settore, per resettare il sistema partendo dal presupposto che le banche italiane sono troppo piccole, offrono servizi in alcuni casi non più di pieno gradimento della clientela, sono sottoposte all’ “assalto” dei grandi operatori digitali e delle cd. Fintech e più in generale delle nuove tecnologie di cui troppo tardi hanno compreso la portata, troppo piene di titoli e meno propense a fornire credito al sistema produttivo e alle famiglie.

Per molti motivi un risultato difficile da raggiungere, ma possibile.

Fabio Picciolini, Segretario Generale ‘Le Officine della Sostenibilità’

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