Nel giro di una settimana il Presidente della Repubblica ha, inusitatamente, sentito la necessità di intervenire direttamente sullo scenario politico per condannare casi di violenza verbale o fisica che avvelenano i pozzi della convivenza civile. Già questo fatto in sé, prima ancora di entrare nel merito dei singoli episodi denunciati da Mattarella, merita una seria attenzione. Se il capo dello Stato decide, nella sua autorevolezza, di prendere la parola per stigmatizzare pubblicamente quanto sta avvenendo nella politica e nelle Istituzioni italiane, vuol dire che avverte una deriva istituzionale che va fermata. Tanto più se a farlo è questo Presidente, determinato nelle sue convinzioni costituzionali, ma molto prudente e rispettoso delle prerogative e della autonomia dell’esecutivo, delle forze politiche e degli organi istituzionali.

Ma vediamo le due fattispecie che hanno portato Mattarella a questo passo.
Il primo intervento è stato un fermo ammonimento contro l’uso della violenza verbale, caratterizzata da offese ed insulti; nello specifico diretti contro la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Nella società contemporanea la libertà di espressione – non solo a parole, ma nelle immagini, nei suoni, soprattutto nello spettacolo, nella pubblicità, nello sport, è giustamente massima e come tale va tutelata. Ma così il confine tra libertà e licenza si fa labile. Per evitare di tracimare serve una buona legislazione che, però, per essere efficace ed accettata, va costantemente aggiornata. Ma non basta. Venuta meno (meglio così) la “comune morale” o il “comune senso del pudore”, a proteggerci dal degrado verso la volgarità, la scurrilità, il frastuono, la pornografia, devono aiutarci, soprattutto, la educazione, il rispetto reciproco e una buona dose di… buon gusto. Ma, ad oggi, mentre si sono fatti notevoli progressi nella emancipazione dai vecchi tabù, non si sono fatti gli stessi avanzamenti nella “educazione civica”, per dirla con una antiquata, ma efficace espressione. La politica non è estranea a questo processo essendo parte integrante della dimensione collettiva; soprattutto oggi che prevale la sua spettacolarizzazione, scambiata spesso per talk show.

Ma, ecco il punto, la politica, per la responsabilità che ha, deve fare da esempio; fare argine al degrado per proporre un sentire comune che innalzi il livello della convivenza. Ecco perché, chi fa politica, tutt’altro dall’essere bacchettone, deve sapere che, volente o nolente, al pari della gente di spettacolo e dello Sport, costituisce un riferimento per i comportamenti collettivi. Si aggiunga che nello specifico (è il caso bollato da Mattarella) c’è anche un dovere di rispetto verso le Istituzioni e chi le rappresenta che non va mai smarrito. Bene ha fatto, dunque, il Presidente a mettere un alt!

Il secondo intervento è avvenuto, a pochi giorni di distanza, contro la violenza fisica di alcuni poliziotti contro dei giovani che manifestavano. In questo caso il linguaggio usato dal Presidente della Repubblica nel comunicato ufficiale è di una chiarezza e fermezza che ha pochi precedenti. In particolare la frase finale, di sicuro effetto, anche comunicativo: “con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.

Il senso di queste parole travalica il fatto in sé e non rappresenta la difesa a priori di ogni manifestazione o la condanna di qualsiasi intervento repressivo. Ciò che dice è che se si arriva ad utilizzare i manganelli verso i giovani, o meglio e più precisamente:i “ragazzi”, vuol dire che si è fallito; ma non solo chi li usa; anche gli educatori, i famigliari; la chiesa, la politica… insomma è un fallimento dell’intera società. È un richiamo ad una responsabilità collettiva che obbliga ad una revisione di molti parametri che ancora condizionano il nostro modo di affrontare i processi sociali e le relazioni.

Dunque, per tornare al punto da cui siamo partiti, se il Presidente della Repubblica giunge a questi passi, evidentemente avverte un clima pericoloso che sta dietro i singoli episodi denunciati. Su questo dobbiamo riflettere e di questo dobbiamo discutere, evitando di … buttarla in politica. Per questo, essendo del tutto evidente che Mattarella non è imputabile di alcuna incertezza rispetto al ruolo fondamentale che svolgono le forze dell’ordine, come peraltro confermato dalla sua reazione di pochi giorni fa e successiva ai due casi citati, alla aggressione da parte di un gruppo ad una pattuglia della Polizia di Stato, appare singolare la reazione a freddo, ancorché successiva alla sconfitta in Sardegna, di Giorgia Meloni (che pure era stata tutelata dalla prima dichiarazione di Mattarella). prendendo, di fatto, le distanze dal Presidente, insinuando che la sua dichiarazione sui fatti di Pisa sia una delegittimazione di chi presiede alla nostra sicurezza.

Conviene, invece, cogliere il senso vero delle prese di posizione di Mattarella. Attraversiamo una fase nella quale la società è inquieta, turbolenta, priva di solidi ancoraggi valoriali condivisi e di prospettive economiche affidabili; il che crea disagio e malcontento. Se, in questo difficile scenario, i politici, a partire da chi ci governa, anziché fungere da guida, alimentano un clima confuso e rissoso finiscono, lo vogliano no, per fornire un alibi agli agitatori di vocazione o ai repressori di professione.

Tolleranza, reciprocità, solidarietà, rispetto verbale e fisico sono valori costitutivi della democrazia, sia nel conflitto – normale componente della dialettica- come nel cameratismo e fanno da argine al degrado. È questo confine che dobbiamo tutelare e mai superare. Questo è quello che ci ha mandato a dire, senza tanti giri di parole, il Presidente della Repubblica, perché la democrazia inizia esattamente dove rischia di finire.

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here