A dicembre il Censis, nel suo rapporto annuale, ha definito l’Italia come un paese ripiegato in se stesso e gli italiani come una sorta di “sonnambuli”. Poche settimane prima, in ottobre al Congresso nazionale di Ali (la lega dei Comuni progressisti), Ipsos aveva parlato di attendismo, quando non di pessimismo, accompagnati da una crescente “frantumazione identitaria”. Qualche giorno fa, l’ufficio Studi di Coop ha confermato queste tendenze: poche speranze, meno pretese. Insomma un’Italia stanca e disillusa inizia a vivere il 2024, in sordina. Così pure SGW.

Le preoccupazioni prevalgono sulle soddisfazioni: il lavoro e il reddito; l’ambiente; la salute; le guerre e le crisi internazionali. L’esito è una percezione di incertezza e di precarietà. Sentita in particolare dai giovani che, in larga maggioranza, dichiarano di volere un figlio (uno, non di più!), ma che non ci sono le condizioni per farlo. La risposta prevalente è il rifugio nel privato. Più della metà degli italiani dichiara di voler trascorrere più tempo coi propri cari e nel tempo libero. E, a livello di consumi, spende per gli alimentari, ma meno per gli alcolici. Al contempo il senso civico, inteso come accettazione della immigrazione, dei diritti, della libertà (personale e sessuale) è molto più radicato di quanto venga rappresentato. Gli italiani, dunque, non sono contenti, ma si adattano alla situazione, non si ribellano; attendono e sopravvivono. Sono più intimisti, ma aperti alle relazioni.

Che indicazioni emergono per i decisori e gli analisti da questi rapporti, che nelle differenze, propongono una condivisa fotografia dell’Italia dell’inizio del 2024? La prima è che manca un progetto Paese. Il Presidente Mattarella, nel messaggio di fine anno, sembra aver colto questo quadro ed ha dato indicazioni per la ricerca di un… comune sentire. Ma dalla conferenza stampa della premier è emerso un adagiarsi allo stato delle cose, con una visione congiunturale, più attenta alla prossima competizione elettorale che a prospettare un salto di qualità che risvegli il Paese dal torpore nel quale sembra caduto. Certo, i sondaggi sembrano favorevoli a Meloni e, dunque, questo stato di cose può apparirle conveniente. Ma proprio qui sta la contraddizione tra interessi particolari e interessi generali, a cui è chiamato sempre chi governa.

L’opposizione è troppo divisa e, quindi, costretta più alla replica, che non alla iniziativa. In questo quadro ben venga l’annunciato confronto televisivo Meloni-Schlein. Può servire a coinvolgere di più un’opinione pubblica annoiata. Ci si deve attendere la dialettica, il confronto, lo scontro anche, ma sulle idee; sulle prospettive, sulle… passioni, che sempre
la vera politica evoca. Sono proprio le passioni, addormentate da una società sazia anche quando povera, indifferente anche quando ferita, delusa anche quando vincente, che bisogna agitare. Le elezioni europee possono essere una grande opportunità per alzare la posta. È sperabile, anzi è necessario, però, che attorno alla politica, si mobilitino la cultura, le organizzazioni del sociale e del volontariato, allo scopo di reagire.

La seconda indicazione è la scelta del merito, delle priorità dell’azione politica. I bisogni degli italiani sono semplici e chiari: salute, lavoro, reddito. In sostanza: meno liste di attesa; meno precarietà; più potere d’acquisto o, ancora meglio, in tempi di inflazione, più servizi. A questa agenda si aggiunge la percezione positiva dei cittadini verso i diritti civili. L’impressione è che, come successe per il divorzio e l’aborto, il Paese sia più avanti della rappresentazione che ne viene fatta. Se è così, appaiono incomprensibili i contrasti, i ritardi, le incertezze soprattutto, sul fine vita, sullo ius soli, sulla piena parità. Così come le preoccupazioni per le guerre vicine stimolano ad una azione più decisa per il cessate il fuoco; per la pace.

Infine, una terza indicazione emerge dai rapporti: l’attenzione crescente all’ambiente. Sia in relazione alle preoccupazioni generali sul clima, ampiamente presenti nelle risposte degli italiani; sia nei comportamenti individuali, in ordine alle scelte di spesa e di consumi.
Sono segnali ancora timidi, ma certi; da incoraggiare con politiche coerenti che spostino l’asse dello sviluppo. La crescita economica è debole, ma ciò dipende anche dalle scelte di indirizzo che il Paese vuole darsi. La transizione ecologica è una cosa seria e dal suo successo l’economia italiana ne può tratte vantaggio, se realizzata con un patto tra tutti i soggetti che condividano il fine e concordino sulla gradualità.

2 Commenti

  1. sono d’accordo sul testo e sulle sollecitazioni finali. Penso però che anche il nostro partito sia sonnambulo, in questo é lo specchio del paese, poche iniziative, sempre di rimessa e con quel pizzico di gauchisme incarnato dalla Segretaria che non mi pare vada incontro alle esigenze e al comune sentire. Se questo testo fosse stato scritto da lei mi ricrederei. Un caro saluto da Venezia

  2. Un ritratto fedele della nostra società. Lo sconforto, la sfiducia, l’età avanzata, la mancanza di appigli… Ammiro lo sforzo – e so che non è solo verbale – di cercare dei percorsi per migliorare o almeno per affrontare questo momento di confusione e di dispersione. Grazie, è di conforto percepire e condividere la forza di reagire.

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