Dal 13 al 16 giugno 162 persone, in maggioranza della diocesi di Bologna, ma non solo (con me altri due forlivesi Raoul Mosconi e Paola Casadei) sono partite per un
pellegrinaggio in Terra Santa, per incontrare tante realtà, impegnate tra Gerusalemme e Betlemme nella costruzione di un cammino di comunione e Pace. In verità, la ricchezza di questo viaggio, al di là della visita ai luoghi più sacri della cristianità, è stato l’incontro con centinaia di persone, di comunità, di storie e tutte mi hanno lasciato qualcosa di profondo.

Un Pellegrinaggio che ha visitato più gli uomini che i luoghi è il senso di questi giorni che ho avuto la fortuna e l’onore di trascorrere in Terra Santa. Voglio esprimere la mia gratitudine alla Chiesa di Bologna per l’organizzazione di questo Cammino di Comunione e Pace in Terra Santa, per averci regalato questi incontri così generativi. Avrò il tempo per sedimentare le tante emozioni, ma l’impegno che vorrei assumere, qui, ora, al termine di questo viaggio è che siamo solo all’inizio. Da questo dono, inaspettato, con umiltà, vorrei, a mia volta, regalare a tutti quelli che lo vogliono le conoscenze e le informazioni che ho ricevuto. Con l’obiettivo di “produrre un pensiero” sul valore del compromesso di pace, tra storia, cultura, identità diverse, che in queste terre significa vita.

Innanzitutto ho piacere di condividere due testimonianze preziose che ho potuto raccogliere da protagonisti “in prima linea” di quella Terra e quella Guerra. La prima è quella di Padre Marcelo Gallado di Gaza. Si trova dal 1993 in Terra Santa ed è Segretario dell’assemblea dei vescovi cattolici in Terra Santa.  Gaza, luogo simbolico e antico della Terra Santa. Ricorda Sansone che proprio qui fu fatto prigioniero e qui sentenziò: “muoia Sansone con tutti i filistei”. I cristiani di Gaza hanno radici profonde perché sono diretti discendenti dei primi cristiani. Tante, troppe le vicissitudini politiche a partire dal protettorato inglese del ‘48, fra occupazioni e operazioni militari israeliane. Gaza, prima del 7 ottobre 2023 è un grande carcere a cielo aperto: manca l’elettricità (4/5 ore al giorno) e l’acqua non è potabile. Ogni giorno arrivano 500 camion di aiuti umanitari, ma non bastano. I cattolici a Gaza sono 1017 (0,044 per cento) della popolazione che vede la maggioranza di mussulmani. A Gaza ci sono 3 scuole cristiane dove studiano 2250 ragazzi e ragazze ( in prevalenza musulmani). Dopo il 7 ottobre sono i numeri a raccontarci lo scenario: 1250 morti israeliani, oltre 37.000 morti palestinesi a Gaza di cui 13.000 bambini. I Cattolici rimasti sono circa 400. E’ grande la stanchezza fisica e psicologica: alcuni dormono in Chiesa. Il cibo scarseggia e i costi insostenibili: ci vogliono 100 euro per un kg di carne, 1 uovo costa 2,5 euro, il gasolio 300 euro per 16 litri, se si trova. Ovviamente tutto a mercato nero. La situazione sanitaria è drammatica.

Tutti i giorni Papa Francesco chiama i volontari di Gaza: un segno molto bello e che dà loro forza. Ma il futuro resta davvero tanto incerto. Le scuole sono chiuse. I pochi cristiani rimasti nella striscia non vogliono partire, anche se hanno fatto loro proposte importanti. “Ci fanno del male ma noi nel nostro piccolo non ne faremo” ripetono. I rapporti con Hamas non sono amichevoli, ma Hamas è l’autorità e dobbiamo chiedere a loro, per aver permessi, per muoverci, per andare in ospedale. Ci sono due Parrocchie nella striscia: la fede li aiuta molto ci confidano. “Anche se la situazione è molto difficile, ha ripetuto Padre Marcelo, dobbiamo pensare a come fare del bene, a tutti, non solo ai cristiani”.

L’altra testimonianza, molto toccante è quella della mamma di un ragazzo rapito 7 il ottobre: “non esistono due dolori, uno nostro, dei familiari che hanno i loro cari in mano ad Hamas, e quello delle famiglie di Gaza colpite da esercito israeliano. Esiste un solo dolore. Fermiamo la guerra”. E’ stato il suo appello, il suo messaggio per noi, per tutti noi. Chi non ha visione cerca la divisione. Questo concetto oggi mi è ancora più chiaro. Il pellegrinaggio mi ha offerto una prospettiva che ho espresso nella straordinaria occasione della via Crucis a Nazaret: la passione della croce che seppellisce il male e fa risorgere la speranza.

2 Commenti

  1. Deve essere stata una esperienza unica , in un posto provato palla guerra e quindi dalla violenza , dalla paura . Un gruppo di cittadini italiani cristiani si sia recato in quella terra martoriata va oltre il solito viaggio della speranza ma con la forźa della volonta’ si e’ aperta uña strada che tutte le diocesi dovrebbero praticare

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