Dunque è successo. Il Parlamento britannico ha respinto la mozione di sfiducia presentata da Corbyn contro Theresa May, dopo averla, solo ventiquattro ore prima, clamorosamente bocciata. Un voltafaccia oggi o un tradimento ieri da parte dei deputati della maggioranza? Né l’uno né l’altro, visto che la fiducia è passata con uno scarto esiguo (19 voti) rispetto a un margine ben più ampio a disposizione della maggioranza stessa.
??? #Breaking: il Parlamento britannico ha respinto la mozione di sfiducia al governo di Theresa #May con 325 voti contrari e 306 voti favorevoli.
— YouTrend (@you_trend) 16 gennaio 2019
Quindi, come avevamo anticipato ieri, la May ne esce legittimata, ma azzoppata. Ciononostante spetta a lei, ora, la prossima mossa: tentare una riapertura del confronto con la UE o chiedere più tempo per gestire l’uscita? Lo sapremo già lunedì quando la May dovrà ripresentarsi in Parlamento per illustrare il suo piano B. Intanto, ha avviato un confronto con tutte le forze politiche inglesi. Ma quale può essere, in questo quadro, l’oggetto di questi colloqui? Ragionevolmente si deve pensare che riguardino i contenuti di un nuovo possibile accordo da proporre alla UE. Irragionevolmente secondo le regole del gioco democratico, ma non per quelle del gioco politico, potrebbero anche riguardare l’indizione di un nuovo referendum.
Esistono le condizioni per un nuovo accordo con l’Europa?
Ma, ci sono le condizioni per un nuovo accordo con l’Europa? Ciò che serve alla Gran Bretagna, per rendere potabile l’intesa, non è digeribile per l’Europa. Tanto più ora che si sta aprendo una dura campagna elettorale che vede gli anti-europeisti all’attacco e che sfrutteranno (lo stanno già facendo!) ogni errore o debolezza della UE per portare avanti la loro politica di demolizione dell’assetto comunitario.
Eppure, la memoria della vicenda della Grecia e della gestione che ne fece l’Europa, sulla quale è intervenuto auto-criticamente addirittura Junker, potrebbe indurre alcuni Stati, a partire dalla Germania, a valutare la opportunità di fare qualche apertura pur di evitare una uscita al buio della Gran Bretagna, che avrebbe conseguenze serie anche per le economie del resto dell’Europa.
Appello della #Merkel dopo la bocciatura dell’intesa sulla #Brexit : ‘Ancora tempo per trattare. #May faccia una proposta’ #ANSAhttps://t.co/1KXUQDyrib
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) 16 gennaio 2019
Verso un nuovo referendum?
Se la strada di un nuovo negoziato fallisse, si affaccerebbe concretamente la prospettiva di un nuovo referendum. A questa idea sembrano favorevoli, in un’inedita alleanza, il popolo britannico, che sta misurando gli effetti, e i mercati globali, che ieri hanno premiato la sterlina. Ma, ci stiamo così abituando alle sorprese di un elettorato versatile e mobile che non bisogna dare per scontato alcun esito. Un nuovo “no” sarebbe una condanna definitiva di qualsiasi possibilità di ritornare sui propri passi, ma anche di qualsiasi normale negoziato. Peraltro quali sarebbero i nuovi quesiti da sottoporre ai cittadini che si sono già espressi?
May vs. Corbyn, un confronto tra reciproche debolezze
Resta il fatto che dall’insieme di queste vicende emerge uno stato di debolezza di tutti. Dentro la Gran Bretagna, innanzitutto, dove si prospetta la possibilità di una maggioranza parlamentare “mobile”, foriera di agguati e rassicurazioni, che tengono in ostaggio i governanti e rendono precaria la stessa tenuta politica. Entrano così prepotentemente, tra gli ordini del giorno, le elezioni anticipate.
Ma, se la May esce da questa vicenda più sconfitta che vincitrice, Corbyn non ha certamente vinto. Per lui pesa più la sconfitta, che è tutta sua, sulla mozione di sfiducia, che non la vittoria della sera precedente che, proprio perché troppo larga, non può essergli intestata.
“La sensazione che sia la May sia Corbyn si dividano solo vittorie di Pirro, rende precario il tutto, anche perché la stessa strategia sulla Brexit appare confusa per entrambi.
La sensazione che sia la May sia Corbyn si dividano solo vittorie di Pirro, rende precario il tutto, anche perché la stessa strategia sulla Brexit appare confusa per entrambi.
Infine, una riflessione riguarda la stessa Europa, che ha la necessità di ritrovare uno stile.
“Come hanno rilevato in molti, in queste ore, la strada verso il populismo è lastricata dagli errori dei liberali e dei riformisti.
Aver trattato prima della Brexit condizioni troppo favorevoli agli inglesi sulla “autonomia differenziata”, nell’illusione ottica che ciò bastasse a fermare l’onda nazionalista; aver puntato, successivamente, su un accordo di uscita che tutti hanno considerato vincente per la sola UE, ma clamorosamente bocciato; pone anche l’Europa nel club degli sconfitti. E ricorda un precedente ben più illustre: i gravi errori fatti dai vincitori del primo conflitto mondiale quando – come ha ben raccontato Keynes nel suo magistrale “Le conseguenze economiche della pace” – nel trattato di pace imposero alla Germania condizioni così dure che poi favorirono l’avvento del nazismo. Come hanno rilevato in molti, in queste ore, la strada verso il populismo è lastricata dagli errori dei liberali e dei riformisti.