C’è una frattura nella storia dell’identità della persona: prima dei social media, dopo i social media.
Nell’età moderna, l’identità individuale ha ricevuto soprattutto una cura costante di consolidamento e di stabilizzazione per vari motivi: personali, familiari, sociali, economici, culturali, religiosi e politici. Per limitarci ad un ambito, quello giudiziario, la stabilità dell’identità è decisiva per l’attribuzione della responsabilità personale.
C’è anche un’ambivalenza originaria: nei moventi individuali di cura dell’identità personale si trovano, alternativamente, sia il bisogno di distinzione sia il bisogno di mimetizzazione, a seconda delle circostanze e del contesto esistenziale e storico.
In un libro di recente pubblicazione intitolato Divertimento con rovine (Solferino, 2022), Raffaele Simone, noto linguista e mass-mediologo, dedica un saggio all’argomento, intitolato Identità di ricambio, nel quale descrive usi e abusi dell’identità nei social ed i rischi derivanti.
Guardando rapidamente al passato, possiamo cogliere alcuni passaggi fondamentali nella storia dell’argomento che stiamo trattando. Troviamo che il Cristianesimo dà un fondamento metafisico dell’identità individuale con la dottrina di un’anima immortale affidata ad ognuno nel momento della sua nascita.
Nella filosofia dell’età moderna, troviamo il filosofo inglese John Locke, il quale pone il fondamento dell’identità personale nell’esperienza, deposito dell’esperienza è la memoria che conserva i ricordi del vissuto di ognuno e ne forma la singolare identità. Un’evoluzione conoscitiva si afferma alla fine dell’Ottocento, con gli psicologi francesi Pierre Janet e Théodule Ribot e col fondatore della psicanalisi Sigmund Freud, i quali rompono l’unità della personalità e la moltiplicano, i primi in una “confederazione di anime” ed in un “tutto di coalizione” ed il medico viennese nella tripartizione dell’Io – Super-Io – Es.Va distinta l’identità personale e l’identità sociale. La seconda non è determinata da noi ma dagli altri ed è esposta ad alcuni rischi specifici.
La svolta avviene con la nascita e la diffusione della mediasfera, termine proposto da R. Simone il quale scrive che “i social media sono il territorio perfetto per l’inganno e la menzogna”. Nei social l’identità viene sostituita dal profilo e se la caratteristica principale dell’identità è la sua stabilità e la sua certificazione documentale, caratteristiche del profilo sono la variabilità, la molteplicità, la falsità. Ne derivano vari effetti negativi ormai a tutti noti: lo hate speech, le fake news e, molto temibile, il potere incontrollato dei provider.
Ne viene fuori un mondo senza regole e garanzie di affidabilità, nel quale ognuno, oltre che insolentire ed offendere chiunque, può esprimersi su ogni cosa senza dover giustificare il fondamento e la giustezza di quel che asserisce, con conseguenze nocive come l’attacco alla competenza ed il discredito degli esperti.
Un altro delicato campo si è aperto sull’identità di genere, per impulso della libertà individuale e della rivendicazione a non restare bloccati e limitati nella tradizionale distinzione binaria.
Sappiamo quanto sia rilevante e campo di contese l’identità religiosa, che può essere elemento essenziale dell’identità personale. Diversa è l’estensione e la dinamica dell’identità religiosa di un popolo o di un gruppo, essa può dare energia a movimenti rivoluzionari, può giustificare regimi autoritari, il fanatismo e la violenza. Lo abbiamo osservato in particolare nel mondo islamico degli ultimi quarant’anni.
Anche più complesso è quanto ci mostrano le vicissitudini storiche degli Ebrei, nelle quali vediamo sia la necessità dell’occultamento sia l’esigenza di palesare la loro identità religiosa. In Spagna, al tempo dei Re Cattolici Isabella e Ferdinando, dal 1492, i marranos erano gli ebrei convertiti al cristianesimo per costrizione, i quali dovevano nascondere la loro fede avita a cui restavano segretamente legati. Nella prima metà del Novecento, gli Ebrei, nel tentativo di proteggersi dall’antisemitismo diffusosi in Europa e in Russia, che divenne addirittura Olocausto ad opera dei nazisti, concepirono e realizzarono lo stato di Israele.
Ma nel tempo della rivoluzione comunista, come annota lo storico Paul Johnson (Storia degli Ebrei – Longanesi, 1991) si ebbero i casi di “ebrei – non ebrei”, ossia di individui che non desideravano identificarsi con la religione della propria tradizione familiare ed aderivano allo spirito dell’illuminismo affermatosi nel Settecento, detto in ebraico haskalah. Tra questi, protagonisti molto noti del movimento rivoluzionario come Karl Marx, Rosa Luxemburg e Lev Trosckij.
Fanatismi religiosi e violenze troviamo nelle vicende dell’India e del Pakistan, al tempo della loro separazione. Racconta Amartya Sen, economista e storico, nel suo libro Identità e violenza – Laterza, 2006: “Le identità – di indiani, di abitanti del subcontinente indiano, di asiatici o di membri della razza umana – che per l’innanzi molte persone avvertivano cedettero il posto all’identificazione settaria con la comunità induista, la comunità musulmana, la comunità sikh. La carneficina che ne seguì somigliava molto al comportamento primitivo delle mandrie”. (riporto da Simone).
Nel mondo occidentale, in fatto d’identità religiosa, continua la tendenza di lungo periodo verso la secolarizzazione ed il disincanto religioso, ma si osservano anche liberi spostamenti da una confessione religiosa ad un’altra.
Anche l’identità politica ha seguito il movimento generale che va dalla stabilità alla fluidità ed alla provvisorietà. In Italia, per esempio, nel tempo della cosiddetta Prima Repubblica, nelle scelte politiche, gli italiani erano democristiani o comunisti o socialisti, o liberali o repubblicani, ecc.. ed aveva un senso quando leaders politici parlavano di “zoccolo duro” per indicare un elettorato che manteneva stabile la sua identità e la sua appartenenza politica. Nel tempo presente, l’identità politica si è fatta incerta e volatile ed il consenso elettorale assai mutevole.
Quello dell’identità è un tema trattato anche nella letteratura. Ci limitiamo a tre esempi molto noti. Nel romanzo Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde (1886), Robert L. Stevenson narra la scissione patologica della personalità. Il titolo di Luigi Pirandello Uno, nessuno e centomila (1925) è noto anche a chi non ha letto il romanzo, per la forza sintetica con la quale esprime la moltiplicazione della personalità individuale, rifratta come in molti specchi nello sguardo e nel giudizio degli altri. Nel suo romanzo intitolato L’identità (Adelphi, 1997), il noto scrittore Milan Kundera narra che vi sono situazioni in cui per un istante non riconosciamo chi ci sta accanto, in cui l’identità dell’altro si cancella, mentre, di riflesso, dubitiamo della nostra. Questo avviene anche all’interno di una coppia anzi, soprattutto in una coppia, perché chi ama teme sopra ogni altra cosa di “perdere di vista” l’essere amato.
Andando alle conclusioni, vogliamo considerare in particolare la condizione dei giovani, i quali, è noto, fanno un uso facile e copioso dei social media che danno loro un potere illimitato di comunicazione senza responsabilità, ma sono esposti, non sempre consapevoli, al rischio e alle insidie di molte manipolazioni. Che fare? Come ci si salva dai rischi e dagli effetti nocivi della mediasfera? Lavorando continuamente alla critica dei social media.