Intervista a Gianluca Comin, presidente e fondatore Comin&Partners

Il premier Conte per le comunicazioni di rito non ha utilizzato canali istituzionali ma il suo profilo privato su Facebook. Per alcuni è stato un modo per “umanizzare” il messaggio, per altri un escamotage per aumentare la visibilità personale. Che ne pensa?
Mai nella storia ci siamo trovati di fronte ad una emergenza così grave ed estesa. Per quanto l’accessibilità e la fruibilità di Facebook non abbiano eguali al momento, pensiamo a tutti gli italiani all’estero, le Istituzioni dovrebbero in maniera prioritaria parlare attraverso i mezzi di informazione, magari rilanciando il messaggio attraverso i social. Ma non è questa disintermediazione dei media tradizionali che preoccupa i cittadini, che invece hanno certamente sofferto nel ricevere una comunicazione così importante come la chiusura del Paese alle 23.30 con un messaggio grave e non approfondito. Più che umanizzare il messaggio, questa modalità di comunicazione ha, fin da subito, aumentato l’incertezza in tutti quei cittadini e imprese che non hanno potuto approfondire le informazioni e questo ha certamente creato ulteriore allerta e aumentato lo stato di ansia.

Molti politici sono incappati in gaffe o errori. Si è sottovalutato il pericolo, o rilanciato contenuti falsi o artefatti. C’è un esponente politico che in questo periodo si è distinto per equilibrio e prudenza?
Anche i politici più esperti hanno dovuto affrontare una situazione completamente inedita, che ha richiesto modalità di comunicazione altrettanto nuove. Nonostante non sia un politico, credo che Mario Draghi sia riuscito nell’obiettivo di comunicare con il giusto equilibrio tra corretta informazione e senso di urgenza. La maggior parte degli esponenti politici ha certamente rinunciato alla dialettica violenta a cui ci avevano abituato, ma in non pochi casi abbiamo assistito a demagogia e politichese.

Sembra che i contenuti abbiano trovato un sistema ancora più rapido per diffondersi e diventare virali: sono passati dai social a WhatsApp. Quali sono i rischi di questa nuova “mania”, del ricorso a questo strumento, reso ancora più evidente in questo periodo di isolamento?
In situazioni come questa il pericolo maggiore sono le fake news, che possono condizionare comportamenti ed opinioni. I social network, pur nella libertà di espressione che consentono, sono pur sempre controllabili, come ha fatto Facebook con il progetto pilota di fact-checking in Italia. Su WhatsApp o Telegram, invece, troppe informazioni provenienti da fonti disparate e diffuse da persona a persona o dai singoli gruppi hanno creato confusione e aumentato quell’incertezza che le istituzioni non sono in grado di contenere. Purtroppo, infatti, la psicologia ci insegna che quando siamo sovraccaricati da informazioni tendiamo a prendere per vero il primo messaggio o la prima informazione che riceviamo. Se, dunque, i cittadini non ricevono fin da subito l’informazione corretta sarà difficile convincerli a cambiare la propria idea e a credere in un altro messaggio. Inoltre, quando riceviamo troppe informazioni, tendiamo a non leggerle tutte e, soprattutto, a farlo sommariamente. Questo accade, soprattutto, quando scorriamo le bacheche dei nostri social preferiti. Dunque, è necessario aiutare i cittadini ad un uso dei social corretto. Usare questi strumenti in maniera impropria può comportare una completa distorsione della realtà che potrebbe compromette tutto il lavoro svolto dai soggetti impegnati nella risoluzione dell’emergenza.

L’attuale situazione costringe tante persone a cimentarsi con strumenti nuovi o poco conosciuti, come lo smart working e la didattica a distanza: su questi temi siamo davvero così indietro? Come si può recuperare il gap?
Assolutamente no. Possiamo certamente fare di meglio, soprattutto a livello di infrastrutture, ma i risultati che abbiamo ottenuto finora confermano il fatto che lo smart working sta funzionando in molti settori. I risultati del lavoro di grandi aziende, che sono riuscite a condurre il loro business grazie alle piattaforme online, confermano il fatto che in Italia, nonostante il Paese non sia pienamente abituato a questa modalità, è possibile lavorare da remoto in maniera eccellente e lo stesso vale per la scuola e l’università. Basti pensare che, alle lezioni che tengo in università in modalità online, partecipano spesso molti più studenti di quando sono chiamati ad essere fisicamente in aula. Anche noi in Comin & Partners, che non avevamo mai usato questo metodo in modo diffuso, ci siamo ritrovati ad aumentare la nostra produttività ed interconnessione. Certamente le dinamiche e i tempi vanno saputi gestire, ma con una buona organizzazione interna tutto è possibile. È importante, però, migliorare le nostre infrastrutture attraverso uno sforzo cooperativo e coordinato di tutti gli enti coinvolti nel miglioramento della connettività e connessione in Italia.

Il caos sul sito dell’Inps riporta all’attenzione l’importanza della cybersicurezza e della protezione dei dati sensibili. È una sfida persa in partenza?
Il caso Inps è certamente emblematico, ma non patologico. Le problematiche relative ai data breach le hanno avute anche tantissime aziende con software molto più sofisticati di quelli dell’Inps. Basti ricordare Cambridge Analytica, caso mediatico nel 2018 e il furto di oltre 300 milioni di dati personali degli ospiti del Marriott International, la più grande catena alberghiera al mondo. Certamente la notizia fa scalpore in un momento di crisi e incertezza come questa, ma ciò che è importante è che, mentre si lavori ad una creazione di un’infrastruttura all’avanguardia, si proceda anche all’implementazione della protezione dei dati sensibili. Diverso il discorso di abilitare i portali di servizio al traffico massimo che si può raggiungere. E’ questione di investimenti e di tecnologie.

I fuorionda del presidente Mattarella sono stati uno dei pochi momenti di serenità e leggerezza in questo periodo caratterizzato da tragedie e paure. Non è stato un errore così grave diffonderli, non crede?
E’ la prova che un errore può diventare una opportunità. Non credo che il Quirinale sia stato contento in un primo momento della diffusione del video sbagliato, ma la semplicità con la quale il presidente si è espresso e la simpatia che ha creato ne hanno fatto un “caso” positivo di buona comunicazione. Ha avvicinato l’Istituzione ai problemi che tutti i cittadini hanno, umanizzando la figura del Capo dello Stato. Insomma, se non fosse stato un incidente sarebbe stato utile inventarlo.

Non era mai capitato che una notizia monopolizzasse per così tanto tempo tutti i palinsesti dei canali di informazione, le pagine dei quotidiani, le trasmissioni radio, i siti di informazione. Da più di un mese non si parla d’altro. Non era successo neanche con l’11 settembre o con il terremoto. È il combinato disposto di due fattori: la globalizzazione del tema, che ha una portata mondiale, e il contestuale stop di tutte le altre attività: cultura, sport, eventi. Pensa che sia il caso che i mass media si occupino anche di altro, per distrarre gli utenti e prepararli ad un ritorno alla normalità?
Come ho detto finora, è importante che i messaggi trasmessi siano chiari, trasparenti e provengano da fonti credibili. Certamente, affinché vengano ascoltati da tutta la popolazione, è necessario che vengano reiterati, ma questo non significa che la popolazione debba essere bombardata continuamente dalla stessa informazione. Questo, come sa, potrebbe avere l’effetto opposto. Le persone inizieranno a stancarsi e pensare che questi messaggi continui siano pilotati e recapitati in continuazione con uno scopo ben preciso, aumentando così anche teorie complottiste. È importante che i media portino il problema all’attenzione dell’opinione pubblica nei programmi più indicati come i telegiornali o nei talk show, ma è certamente utile e importante aiutare i cittadini a ricordarsi che stanno passando un periodo, che si tratta di una pausa. Anticipare il ritorno alla normalità, anche moderando i toni sui social e media e catalizzando l’attenzione del pubblico su altre questioni, è certamente molto importante.

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