Il populismo è un fenomeno politico sociale a tendenza infestante. In Italia si è affermato da più di venti anni ed ormai definisce la comunicazione ed i comportamenti sociali oltre che il campo della politica. Le televisioni commerciali e la rete dei social sono i suoi efficaci strumenti e sono anche lo specchio del fenomeno. Il populismo, negli ultimi decenni, si è affermato anche in altri paesi del mondo occidentale, ma non è solo un fenomeno della contemporaneità, ha una storia antica.
In Italia, primo venne il populismo delle reti televisive Mediaset, i cui canali riempivano gli spazi tra una pubblicità e l’altra con programmi studiati apposta per trattenere il pubblico in vista della pubblicità. Era un populismo teleguidato, i programmi erano pensati per “andare incontro” al gusto del pubblico, che era presunto di basso livello, senza alcuna raffinatezza culturale. Lo stesso pubblico diventava protagonista di alcuni programmi, con l’invito a rappresentare se stesso, senza finzioni e mediazioni. Veniva così gratificato un narcisismo senza qualità, anzi venivano incoraggiate mediocrità e pochezza. Vi era anche il settore “denunce sociali”, materia in cui si specializzò la trasmissione “Striscia la notizia”. Nella vita pubblica italiana le malefatte non mancavano anzi ve n’era un repertorio illimitato. La trasmissione si atteggiava a fustigatrice del malcostume, ma ai problemi denunciati non veniva data nessuna soluzione, essi venivano adoperati solo come episodi di spettacolarizzazione. Il fulcro dei palinsesti era proprio la pubblicità, con spot molto seduttivi per via di una visibile erotizzazione. Veniva così ripetutamente trasmesso ai fedeli l’essenziale messaggio della nuova religione: il consumo. Il vero lascito fu il discredito generalizzato del ceto politico ed amministrativo. Nel quadro della politica mondiale, avvenne il crollo dell’Unione Sovietica (1991), che fece rapidamente invecchiare alcune ragioni e dinamiche del sistema politico dell’area atlantica. In Italia (1992) furono avviate le inchieste giudiziarie dette “mani pulite”, che scossero irrimediabilmente il credito dei partiti della “prima” repubblica.
Berlusconi seppe incassare nel modo più efficace i dividendi della crisi del sistema italiano e della sua trasformazione nel rutilante sistema dei consumi. “Sceso” in politica, ebbe un vasto successo, ma il suo quasi ventennio di protagonismo e di potere politico si può raccontare solo in forma ironica. Berlusconi dette un grande impulso al sistema economico, creò un milione di posti di lavoro, fece costruire grandi opere, la più nota delle quali fu il ponte sullo stretto di Messina, dette un grande sviluppo alla scuola italiana ed alla ricerca scientifica e migliorò di molto il sistema sanitario. Egli risanò il vecchio e diffuso malcostume italiano, tenne alto il prestigio della politica italiana nelle sedi europee ed internazionali. Nella comunicazione pubblica si attenne sempre ad uno stile di serietà (mai una barzelletta), nella vita privata, vissuta sotto molti riflettori, si tenne ad uno stile di sobrietà e di misura. Insomma, trasformò l’Italia in un paese ordinato, ben governato e ben amministrato ed innalzò di molto il senso civico di tutti gli italiani. Infine, dovette abbandonare il governo a causa di un misterioso complotto internazionale.
Quello che, dopo Berlusconi, non andò perduto fu il populismo. Raccolse la bandiera il comico genovese Beppe Grillo. La sua comicità, di nobile ascendenza plautina, trovava nella volgarità verbale e negli insulti la sua essenza ed il suo successo. Il suo motto più noto: “Vaffanculo!”. Il suo talento comico si tramutò in talento politico, fino a fondare, insieme con l’allievo di Rousseau Gianroberto Casaleggio, un nuovo partito, il Movimento5Stelle. Tra il comico neo-politico ed il “popolo” si sviluppò un’intensa corrispondenza di amorosi sensi, Grillo divenne il profeta del nuovo corso, quello del populismo fai-da-te. Seguì un grande successo politico, che toccò il culmine nelle elezioni del 2018. Il “popolo” intanto aveva imparato le lezioni fondamentali del populismo: semplificare ogni questione ed ogni problema, anche i più complessi, esprimere con incontinente spontaneità i propri giudizi su qualunque argomento, “perché l’ho letto su internet”, rovesciare grevi improperi su quelli che non la pensano come noi, odiare tutti i politici, tranne quelli ai quali diamo il voto, finché non cambiamo idea politica, perché “questi ci hanno deluso”.
Fu in questo periodo che nacquero nuove consuetudini sociali, nelle scuole alcuni genitori picchiavano gli insegnanti perché avevano messo un brutto voto al figlio/a o l’avevano rimproverato/a per il cattivo comportamento. Negli ospedali, alcuni schietti elementi del popolo aggredivano i medici che – secondo il loro giudizio – sbagliavano la diagnosi o la cura.
Infine, il populismo andò al potere (2018) per mostrare a se stesso e al mondo che le competenze specifiche e l’arte della politica non servono a niente perché il “popolo” conosce la giusta soluzione di ogni problema. Addirittura, in una prima fase (2018-2019), si allearono per formare il governo due populismi apparentemente rivali, ma in realtà accomunati dalla stessa cultura.
Abbiamo detto che il populismo ha una storia antica, infatti la sua apparizione è documentata già nel primo stato democratico apparso sul pianeta, Atene nel V secolo a. C.. Scrive Aristotele, nella Costituzione degli Ateniesi, XXVIII: “Dopo Pericle, divenne capo del partito democratico Cleone, che sembra abbia molto corrotto il popolo con le sue violenze e per primo si mise a gridare dalla tribuna, a lanciare ingiurie e ad arringare con una semplice cintura ai fianchi, mentre tutti gli altri oratori osservavano un atteggiamento corretto”.
La scena madre degli effetti del populismo, nella cultura occidentale, è raccontata nei Vangeli. Leggiamo Matteo (27,3): “Ad ogni ricorrenza della pasqua era consuetudine del procuratore di concedere alla folla la liberazione di un prigioniero, a sua scelta. In quei giorni avevano un prigioniero famoso, chiamato Gesù Barabba. Pilato chiese alla folla che si era adunata: “Chi volete che io metta in libertà? Gesù Barabba o Gesù detto Cristo?”. Perché Pilato sapeva che lo avevano fatto arrestare per invidia. I capi sacerdoti e gli anziani indussero invece la folla a chiedere la liberazione di Barabba e la condanna di Gesù. Il procuratore si rivolse dunque alla folla dicendo: “Quale dei due volete che io metta in libertà per voi?”. La folla rispose: “Barabba”. Pilato chiese: “Allora, che cosa farò di Gesù detto Cristo?”, gridarono tutti: “Sia messo in croce!”
(foto dal sito Corriere.it)