Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affronta i problemi del
momento con argomenti profondi e universali che possono essere di guida ai nostri comportamenti quotidiani. È il caso, tra gli altri, del discorso tenuto a Casal di Principe – in occasione della Giornata nazionale della memoria – dove ha esortato a non essere indifferenti di fronte a episodi e fenomeni che minano la coscienza comune e rivelano comportamenti antisociali e derive pericolose.

Fatte le debite proporzioni – si parva licet.. direbbero gli eruditi -, osserviamo come nel nostro quartiere a Roma, nel quartiere Trieste – ma non solo – si notano frequenti scritte, simboli, acronimi che si rifanno con protervia e nostalgia ai simboli fascisti e nazisti. Non si tratta solo di far intervenire le autorità pubbliche per cancellarli. Tanto meno di esortare o agire con contrasti frontali, comunque controproducenti. Si tratta di capire perché questo avviene in un quartiere dove tante sono le scuole, le università, le strutture culturali e istituzionali qualificate. Si tratta di capire perché tanti ‘ragazzini’ si sentono attratti da croci celtiche e anche da svastiche come emblemi per la loro naturale ribellione adolescenziale.

Allora lasciamo per ora alle istituzioni scolastiche e educative di
svolgere il loro ruolo, auspicando che sia efficace la connessione tra le
tradizioni culturali, le competenze, con la democrazia e la difesa della
libertà. Pensiamo come noi cittadini possiamo qualificare con il nostro
esempio, con la partecipazione ad associazioni e gruppi di lavoro, a
formare quella cultura della città che per natura manifesta la necessità
della libertà, della democrazia. Questo si rende necessario anche per non indulgere sulle nostalgie di epigoni di un passato remoto che rischiano di essere elementi di riferimento per molti giovani e giovanissimi che non vedono chiare prospettive di sviluppo civile ed economico.

Tornando al discorso emblematico di Mattarella, si può argomentare su
due comportamenti frequenti: l’ignavia e la viltà. Ignavia e viltà sembrano due facce della stessa medaglia. Lasciamo la viltà – cioè l’arroganza, la prepotenza, la violenza contro chi la pensa diversamente – alle leggi, al Codice penale, all’ordine pubblico. Preoccupiamoci dell’ignavia, dell’indifferenza che permea la gran parte delle persone timorose di immischiarsi per uno spiegabile e comprensibile senso del pericolo ma, il più delle volte, perché non ritengono affar loro cimentarsi affinché la violenza non prevalga. È questo il pericolo del nostro tempo.

L’ignavia, l’indifferenza fanno parte di un egocentrismo che è una
deviazione pessima dell’individualismo e dell’egoismo. Questi ultimi
due atteggiamenti fanno parte dell’evoluzione di una caratteristica della
società che possiamo definire consumismo. Il tornaconto individuale da
un lato, la voglia di benessere che porta a cimentare i singoli come
singoli nelle tribolazioni della vita. L’egocentrismo è invece una forma
di viltà. È la presunzione di avere ragione di fronte a chiunque e a chicchessia. È la convinzione di ritenere che ognuno possa e debba risolvere da solo i propri problemi anche di fronte ai pericoli, anche se sottoposto a violenza e a prepotenza. Quando lo si vede nei comportamenti occorre intervenire altrimenti sopravviene.

Non contrapponiamo nostalgie a nostalgie ma collaboriamo ricordando
anche alle istituzioni, di qualsiasi ordine e competenza, ad associazioni
ed enti culturali, la necessità di predisporre e proporre criteri e strumenti di conoscenze e di aggregazione continui e non episodici per costruire con la cultura della città quell’offerta formativa concordata e complementare all’educazione scolastica cui i giovani possano riferirsi e riconoscersi.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here