Il compito che si è assunta l’Amministrazione Manfredi, sostenuta dal voto ampiamente maggioritario dei napoletani, è chiaro e, al tempo stesso, straordinariamente impegnativo: far ripartire la città di Napoli, bloccata da anni di immobilismo ed incuria amministrativa; rilanciarne lo sviluppo economico e sociale sospeso tra l’assenza di una strategia propulsiva e l’inerzia negli investimenti; ridefinirne il ruolo protagonista di un nuovo meridionalismo fortemente integrato nella crescita del Paese, che diventi punto di incontro tra il mediterraneo e l’Europa.

Questo ambizioso programma è impraticabile senza un urgente ed efficace risanamento dei conti pubblici.

Talvolta la buona gestione della res publica è compromessa dalla disattenzione di chi governa, dalle inefficienze operative e dalla incuria amministrativa. Nel caso di Napoli il prodotto è 5 miliardi di “buco” nel bilancio comunale; una grave crisi fiscale (scarsa riscossione ed elevata evasione con oltre 2 miliardi di tasse non riscosse); un deprezzamento dell’ingente e importante patrimonio pubblico che conta oltre 67 mila immobili con un valore superiore ai 5 miliardi; una inadeguata offerta dei servizi ai cittadini; una disorganizzata ed insufficiente macchina comunale.

E’ apparso subito chiaro che senza una svolta radicale il Comune sarebbe stato condannato al dissesto, con drammatiche conseguenze negative ed irreversibili sulla già difficile situazione della città.

Ma Napoli è la terza città d’Italia, la prima del mezzogiorno e tra le prime 10 metropoli europee. Il futuro di Napoli è, dunque, una questione nazionale. Questa convinzione, condivisa non solo dalla città, ma anche dalle forze politiche nazionali, comporta una assunzione di responsabilità reciproca: dello Stato, nel senso che Napoli non può essere lasciata sola nel suo tentativo di riscossa; del Comune e della città, nel senso che la gran parte di questo futuro sta nelle nostre mani, nelle scelte che faremo.   

Il «Patto per Napoli» – firmato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e dal Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, il 29 marzo nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino, oggi sede del Consiglio Comunale, alla presenza delle rappresentanze istituzionali, economiche e sociali della città – si colloca esattamente in questa prospettiva e l’avvalla. Il riconoscimento di una nuova “questione meridionale” (dopo un lungo periodo di disattenzione); la indicazione di un meridionalismo non rivendicativo, ma propositivo; la centralità di Napoli nello sviluppo del Sud e dell’Italia, sono stati, non casualmente, i contenuti “politici” del partecipato discorso del Presidente del Consiglio.

Il “Patto”, dunque, non è solo una, pur importante, operazione finanziaria di aiuto a Napoli da parte dello Stato, ma la prima, straordinariamente importante, tessera del mosaico che disegnerà la nuova Napoli.

Tocca ora a noi provvedere con una strategia che, coinvolgendo la città nelle sue molteplici sensibilità, coniughi l’efficienza amministrativa (contabile e organizzativa) con una volontà concreta decisamente orientata alla crescita sociale, culturale ed economica.

Col «Patto per Napoli» invertiamo la tendenza negativa ed affermiamo un salto di qualità verso una positiva «cultura del bilancio», al servizio della collettività. L’accordo firmato, che sostanzia il “Patto”, è l’esito di questa progettualità, ma anche di una intensa attività istituzionale e politica che la nuova amministrazione della città ha avviato subito dopo il suo recente insediamento. Abbiamo definito questa azione di: “ripartenza, riorganizzazione e rilancio” da attuare con un programma che impegna tutti (Governo, Comune, Istituzioni, parti sociali, cittadini).

Il dialogo istituzionale che si è sviluppato in questi mesi si è dimostrato da subito proficuo. La politica locale, senza distinzioni, ha compreso e sostenuto l’azione del Sindaco e della giunta; il governo (Palazzo Chigi, il Mef, la Ragioneria generale dello Stato e i vari Ministeri) ha condiviso da subito un impianto normativo che – come ha ben descritto il Sottosegretario Garofoli nel suo intervento in occasione della firma – definisce in maniera innovativa il rapporto tra Stato centrale ed Enti locali in difficoltà.

Affermando il principio della parità istituzionale abbiamo scelto una impostazione reciprocamente vincolante. Da un lato lo Stato eroga a Napoli 1 miliardo e 231 milioni, a fondo perduto, in 21 anni.

In particolare, dal 2022 al 2025, le risorse erogate dal Governo si aggirano tra i 400 e i 500 milioni, necessarie  per affrontare il primo periodo di “emergenza”. Dal 2027 al 2042 è previsto un trasferimento annuo tra i 40 e i 50 milioni annui, che possiamo considerare quale contributo di “consolidamento” delle azioni avviate dal Comune per realizzare l’obiettivo di riequilibrio finanziario e di rilancio degli investimenti.

Va, comunque, evidenziato che non si tratta di una erogazione definitiva. Infatti, nel corso dei prossimi anni, questo importo complessivo definito con la legge di bilancio, sarà incrementato dalle ulteriori risorse che il Governo destinerà, a vario titolo, agli Enti locali.

Il Comune, dall’altro lato, si assume impegni strategici e finanziari, anch’essi di lungo periodo e che entrano in profondità nella organizzazione della riscossione, attraverso l’affidamento ad un operatore specializzato; nel recupero del patrimonio pubblico, attraverso l’intesa con Invimit per costituire il “Fondo Napoli”, nel quale confluiranno gli immobili da valorizzare; nella riorganizzazione delle partecipate e della macchina comunale; nell’incrementare con investimenti propri le risorse che deriveranno dal PNRR.

E’ proprio questa ampiezza di interventi che ci ha permesso di definire una clausola di salvaguardia che, ferme restando le scelte strutturali ed organizzative sopra descritte, prevede il diritto per il Consiglio Comunale di poter ogni anno scegliere e modificare le misure finanziarie previste (incremento delle addizionali, alienazione e valorizzazione di immobili, riduzione dei fitti passivi, ristrutturazione del debito, …).

Resta comunque fermo l’impegno a garantire risorse proprie, destinate alla riduzione del disavanzo, corrispondenti ad un quarto del contributo statale. Si tratta di circa 307 milioni distribuiti nel periodo complessivo. Ma, abbiamo scelto un intervento più ampio che arriva a prevedere complessivamente, nel ventennio, quasi 805 milioni; quindi circa 500 milioni in più del quarto previsto.

L’approccio metodologico che si sta introducendo con il PNRR, fondato su progettualità, tempistiche e rendicontazioni anticipatamente definite, e perciò stesso verificabili e sanzionabili, ci ha offerto l’occasione per mutuare tale impostazione nella costruzione dell’accordo. Proprio questa trasparente predeterminazione degli obiettivi e delle misure, adottata nel «Patto per Napoli» e codificata in un dettagliato cronoprogramma, esclude, la natura assistenziale dell’intervento. La sua costruzione condivisa e non imposta, è frutto di un dialogo/negoziato finalizzato a un obiettivo condiviso, che ha mosso lo Stato e la città di Napoli a perseguire la medesima volontà ed interesse di rilancio del territorio. Questo comune intendimento ha fatto prevalere non uno sterile rigorismo contabile, ma la responsabilità nelle scelte come emerge con evidenza nella parte del Patto dedicata alla valorizzazione del patrimonio e nell’introduzione del capitolo investimenti.

Con la firma dell’accordo si conclude la fase impostativa di questa strategia di ripartenza e si apre quella operativa di riorganizzazione e rilancio. Il nostro compito ora è di perseguire il disegno strategico che il Sindaco Manfredi ha tracciato parlando davanti al Presidente del Consiglio e alla città. Per quanto ci riguarda, infatti, il risanamento contabile, la riorganizzazione dei servizi, l’efficienza della pubblica amministrazione, che dobbiamo realizzare con determinazione professionale e passione civica, sono solo il presupposto di un intervento più ampio – direi di una visione – che ha come fine lo sviluppo economico e sociale della nostra città.

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