Parliamo di Europa e di come questa sia concretamente attorno a noi, di come si concretizza l’appartenenza all’Europa e di come sia possibile ogni giorno guardare la realtà che ci circonda con la consapevolezza che siamo in Italia e siamo in Europa, di cosa ha significato essere parte del processo di creazione dell’Europa unita come paese fondatore e quali vantaggi ha comportato al bene comune italiano ed europeo.

La pace è il bene comune più grande garantito dall’Europa

“Il bene comune più grande quindi è la pace assicurata per oltre sessant’anni, aver condiviso i valori di fondo di una crescita sostenibile, anticipatrice di quanto oggi è nella sensibilità di strati sempre più larghi della popolazione, dei diritti umani, delle libertà fondamentali e non negoziabili degli individui, della parità di genere, del diritto a una amministrazione pubblica trasparente e ad un contesto economico leale dove le imprese sono spinte ad essere socialmente responsabili.

Prima di cominciare occorre non dimenticare i vantaggi più grandi che spesso sono tralasciati e relegati sullo sfondo come se non fossero più attuali, come se non dovessero essere attentamente custoditi e vigilati. Eppure gli europei tutti per arrivare fin qui hanno pagato un prezzo alto in termini di conflitti, di vite umane, di restrizioni di libertà, di lotta contro la sopraffazione e la discriminazione. Il bene comune più grande quindi è la pace assicurata per oltre sessant’anni, aver condiviso i valori di fondo di una crescita sostenibile, anticipatrice di quanto oggi è nella sensibilità di strati sempre più larghi della popolazione, dei diritti umani, delle libertà fondamentali e non negoziabili degli individui, della parità di genere, del diritto a una amministrazione pubblica trasparente e ad un contesto economico leale dove le imprese sono spinte ad essere socialmente responsabili. A questi si unisce, il sostegno ad una ricerca etica e competitiva con gli altri grandi competitors mondiali che generi prodotti sicuri, l’impegno più avanzato a livello globale per l’ambiente e il clima, l’attenzione alla formazione degli individui in un’ottica di sviluppo che generi occupazione.

Cito molti ambiti ma non lo faccio a caso: in tutti questi ambiti sono intervenuti, e ancora oggi intervengono, i fondi strutturali che sono quelli nell’ambito dei quali si realizzano i progetti cofinanziati con l’Europa che hanno migliorato e migliorano la vita quotidiana dei cittadini italiani.

L’Europa come cittadinanza e appartenenza

Dagli anni duemila ci siamo abituati, e nell’ultimo decennio questo approccio è stato accentuato dalla crisi economica del 2008, a relegare tutta la dimensione dell’Europa in un recinto strettamente economico, anzi finanziario, e questo ha distorto l’azione dell’Europa e ne ha allontanato la percezione di “cittadinanza e appartenenza” appannando il realizzato e impedendo quasi di vederlo per quello che è.

Di cosa parleremo in questo spazio?

In questo spazio parleremo di progetti realizzati con i Fondi strutturali, strumenti finanziari della Politica di coesione, programmati nell’ambito della gestione concorrente (UE e SM). Gli obiettivi di questa politica, cui è dedicato un terzo del bilancio europeo, consistono nel perseguimento di una società europea più giusta, portatrice di pari opportunità per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro ubicazione territoriale, in cui non vi siano disparità di sviluppo economico, sociale e territoriale. Mira a ridurre le disparità promuovendo una crescita armonica di tutti gli Stati membri che garantisca un più elevato livello di benessere per tutte le aree geografiche. Nella UE a 28 Stati (in futuro con ogni probabilità a 27), con quasi 500 milioni di abitanti le disparità sono ancora molte se una regione su quattro ha un PIL pro-capite inferiore al 75% della media europea.

È una politica settennale come programmazione, la cui spesa si articola nel corso di nove o dieci anni, quindi una politica nata per investimenti strutturali in grado di sanare nel lungo periodo i divari. Si è discusso, e si discute ancora molto, della sua utilità visto il permanere e talvolta l’aggravarsi dei divari fra territori, ma se si studiano dati e risultati ottenuti ci si accorge  che questa che dovrebbe essere una politica aggiuntiva, spesso è stata, e non solo in Italia, sostitutiva delle politiche ordinarie, come risulta dalle Relazioni annuali sulle politiche di coesione della UE, ed ha svolto un ruolo di tenuta dei sistemi territoriali e produttivi, per esempio nel periodo della crisi, che ne sancisce comunque la strategicità, la validità della visione originaria e dello scopo per cui è nata.

Guarderemo quindi ai risultati concreti di questi investimenti, cosa hanno lasciato sul terreno, lo faremo con un approccio a volte territoriale e a volte tematico.  Partiremo dalle regioni del Mezzogiorno  per poi andare verso il Centro-nord dove l’Italia vanta ottime performance di gestione, intercalando invece il nostro viaggio con alcuni focus tematici su infrastrutture, città, governance e capacità amministrativa e legalità.

Possiamo farlo perché questa è una delle politiche pubbliche, forse l’unica, veramente monitorata, dove tutto è tracciato e le spese controllate fino a  quattro diversi livelli afferenti a diverse responsabilità, un eccesso di controlli questo , che rappresenta uno dei punti più critici della gestione che andrà sicuramente semplificato.

Un’infografica e un grafico  per chiudere e dare il quadro di insieme che racconti alcuni degli indicatori di impatto di quanto realizzato nel 2007-2013 con i 45,7Mld€ di dotazione tutti assorbiti, e la tabella delle allocazioni per obiettivi tematici del 2014-2020 qual è l’amplissimo fronte di investimenti cui queste risorse cercano di dare forza.

 

 

 

 

 

 

 

 

PON e POR: allocazione delle risorse per obiettivi tematici (solo FESR e FSE, mln euro - 2016)

 

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