La nascita e lo sviluppo della città di Ciampino, visti e raccontati dalla prospettiva unica di un’insegnante calabrese, traferitasi nella cittadina laziale 16 anni fa. È “Un sogno chiamato Ciampino. Una storia d’amore nella città che nasce”, opera di Lina Furfaro, che ha già scritto numerosi testi ricchi di cenni storici, molto utili per conoscere la realtà nella quale si vive, per conoscere l’Italia del passato. Il libro è edito da Luigi Pellegrini editore e sarà presentato lunedì 20 maggio prossimo, alle ore 16:30, nella Sala Consiliare “P. Nenni” di Ciampino. Oltre all’autrice parteciperanno Erminia Madeo, editor, Rosanna Massi, scrittrice, Antonio Rugghia, ex sindaco di Ciampino. La manifestazione fa parte delle iniziative per i 50 anni della città e vedrà la partecipazione dell’Amministrazione Comunale.
Il lavoro della professoressa Furfaro nasce dopo un lungo, complesso e approfondito percorso di ricerca storica. Le vicende narrate nel libro partono dagli anni ’20 fino agli anni ’50. Si parla anche della nomina di Pier Paolo Pasolini nel 1951 a insegnante nella scuola dei coniugi Bolotta, istituita pochi anni prima a Ciampino. Furfaro nella sua opera ricorda i danni della malaria della metà degli anni ’20, la situazione di grande povertà del territorio, ma anche il ruolo assegnato all’aeroporto di Ciampino, utilizzato per la sperimentazione dei dirigibili dell’ingegnere Umberto Nobile, finalizzata a esplorare le località estreme del globo terrestre. Inoltre si fa cenno del nuovo collegamento ferroviario per le attività militari, durante la guerra. I protagonisti del romanzo, davvero ricco di aneddoti, sono Giulia e Dino e la loro storia d’amore; il racconto del romanzo seguirà poi le vicende dei figli: Giuseppe, che diventerà dottore, e Lorena. Molto toccante anche l’amicizia tra il piccolo Giuseppe e Maria Luisa, una bimba orfana che viveva nel collegio delle suore del “Sacro Cuore di Gesù”, trasformata in posizione militare dai nazisti tedeschi durante il secondo conflitto mondiale.
Ma la vera protagonista del racconto è la povertà: la guerra contribuisce a peggiorare una situazione già precaria, e la vita stentata dei personaggi del romanzo diventa il filo conduttore del racconto, ambientato nel degrado dei rifugi, nella promiscuità degli stessi, in ambienti nei quali l’umanità e la speranza si mescolavano alla dignità e all’ignoranza. Il terrore per i bombardamenti americani anticipa la felicità per l’annuncio della liberazione, ma non serve a cancellare la disperazione e la rabbia per le razzie perpetrate dai soldati tedeschi. I nazisti, infatti, avevano già derubato tutto ciò che avevano potuto prima della ritirata, e avevano anche messo in pratica vere e proprie azioni di sabotaggio con il risultato di aumentare sensibilmente i rischi per la salute pubblica.
Insomma, un racconto crudo ma efficace e aderente alla realtà. Una storia che non è solo una perfetta, riuscita ricostruzione della vita del comune situato strategicamente tra Roma e i Castelli Romani, ma che può servire a ognuno di noi per ritrovare le proprie radici, per leggere la storia del proprio territorio, per conoscere tradizioni e abitudini. E per avere un’idea di quello che i nostri genitori e i nostri nonni hanno dovuto subire, e che forse ci farà apprezzare ancora di più i tempi in cui viviamo.