La drammatica situazione internazionale, con due devastanti guerre ai nostri confini, e la difficile situazione sociale ed economica, mantiene sfuocata, sullo sfondo, la scadenza politica più importante dei prossimi mesi: le elezioni europee. Conviene, invece, cominciare a discuterne perché esse saranno il discrimine tra una idea ed un altra di Europa e di società. E, proprio gli eventi politici ed economici che stiamo vivendo sono, volenti o nolenti, già parte di una ancora inconscia campagna elettorale.

Le guerre, innanzi tutto. La crisi della capacità dell’Europa di essere una autorità politica globale, a dispetto della sua forza reale, si misura, purtroppo, clamorosamente, in questo angosciante frangente storico. Sulla vicenda israelo palestinese stiamo assistendo ad una interessante azione degli Stati Uniti, che, dietro alle nette prese di posizione contro Hamas e a favore di Israele, si è assunta esplicitamente il ruolo di mediatore, mentre l’Europa, oltre le dichiarazioni solenni sui “due Stati”, risulta… non pervenuta. A maggior ragione nella guerra russo ucraina, oltre al sostegno, scontato, alla Ucraina, emerge la assenza di una politica che interpreti e sostenga una energica azione diplomatica per cercare la pace. Una simile iniziativa non dipende, però, solo dalla Commissione, ma anche da un deciso e coordinato intervento degli Stati più grandi o più coinvolti: Germania, Francia, Italia e Spagna, Austria, almeno, e (Brexit o non Brexit) la Gran Bretagna.

Anche un altro tema sul quale la politica europea appare largamente inadeguata: la immigrazione, risulta eccessivamente condizionato dalle politiche interne degli Stati membri, soprattutto quelli sovranisti. Il che pone, in tutta la sua crudezza, la questione di fondo: fino a che la sovranità su alcuni temi – e la dimensione sovranazionale e la immigrazione sono esemplari – resta totalmente in capo ai singoli Stati, che hanno interessi diversi, senza che ci siano luoghi veri per una composizione unitaria, l’Europa resta zoppa.
In entrambi i casi, oltre alle evidenti questioni politiche ci sono rilevati questioni economiche; sia in termini di approvvigionamento di energia e materie prime, che di filiere produttive, che di import-export. Ma anche su questo fronte ogni Stato si sta arrangiando in proprio e la dimensione europea si concentra sulla revisione, abbastanza burocratica, del PNRR. Peraltro, su questa specifica questione, il governo italiano si è infilato da solo in una trappola dalla quale stenta ad uscirne. La revisione era stata chiesta da noi e la soluzione adottata lascia scoperti importanti investimenti, tutti in capo agli locali, in primis ai Comuni.Il Ministro Fitto promette che saranno. comunque finanziati con altre fonti. Ma quali? Non certo risorse provenienti dal disastrato bilancio pubblico italiano, già messo a dura prova da una pur esigua legge di bilancio.

Il NGEU è stato la migliore scelta politica dell’Europa dalla adozione dell’Euro. Il piano di sostegno finanziario di reazione al Covid, non solo mette in campo risorse mai viste prima, ma indica la finalità non assistenziale di tale piano finanziario, verso una nuova prospettiva ecologica e digitale. Il tutto finanziato da un debito comune tra gli Stati e si sa che i debiti tengono uniti più dei proventi… Questo risultato straordinario è l’esito di un lungo negoziato tra gli Stati. Ma, diversamente da altri momenti (compreso Maastricht!) lo si è costruito non solo sulla necessità di mediare tra gli interessi di ciascuno, ma di mediarli in funzione di un interesse generale. Era, ed è, la strada giusta. Non solo per l’economia, ma per ogni argomento in discussione. Un’Europa federale deve garantire un equilibrio tra interessi specifici e interesse generale. Ma mentre gli interessi specifici sono sempre molto chiari, quello generale ha bisogno di crescere e di essere costantemente coltivato e tutelato.

Sono sufficienti questi tre temi: ruolo internazionale dell’Europa; politiche migratorie e politiche di crescita e la scelta di un metodo (che vuol dire una politica!), per capire che la posta in gioco delle prossime elezioni europee, è altissima. Non saranno sufficienti gli appelli delle ultime settimane a convincere un elettorato distratto e preoccupato. Per questo, chi ha a cuore l’Europa, ma non una’Europa qualsiasi, si muova sin d’ora.

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