Sempre più giù! Gli ultimi dati relativi alla diffusione dei quotidiani italiani certificano la lunga, lenta agonia dei nostri giornali. Da anni, infatti, la vendita di copie digitali non è assolutamente in grado di rimpiazzare il fortissimo calo di copie cartacee.
Un esempio può aiutare a comprendere la misura e la gravità della situazione: per arrivare alle oltre 500 mila copie vendute da La Repubblica negli anni ’80, oggi dobbiamo sommare le vendite dei primi tre quotidiani per diffusione, vale a dire Il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport e la stessa Repubblica. Quest’ultima si è attestata intorno alle 150mila copie, meno di un terzo del periodo d’oro del direttore Eugenio Scalfari. E per arrivare al milione di copie di Repubblica e Corsera degli anni ’80 dobbiamo sommare le copie dei 10 quotidiani più venduti oggi in Italia.
Gli ultimi dati dell’Ads (Accertamenti Diffusione Stampa) parlano chiaro: il Corriere della Sera resta il quotidiano più venduto, con oltre 247mila copie. Segue la Gazzetta dello Sport (178mila), Repubblica (152mila), Il Sole 24 Ore (123mila). Tutte le altre testate si piazzano sotto le 100mila copie, sommando la versione cartacea e quella digitale. Dopo il quotidiano diretto da Fabio Tamburini troviamo Avvenire (96mila), La Stampa (85mila), Il Messaggero (64mila) e Il Resto del Carlino (60mila). Tra le prestazioni peggiori degli ultimi tempi c’è sicuramente La Stampa: la proprietà del quotidiano di Torino ha quindi deciso di rilanciare la testata sostituendo Massimo Giannini (tornato a Repubblica come editorialista) con Andrea Malaguti.
Ma è tutto il mondo della carta stampata quotidiana ad essere in affanno: il boom di internet e dei social ha sicuramente decretato questo crollo delle vendite, che prosegue inarrestabile da anni. Di conseguenza c’è stata la fuga degli inserzionisti, che ha provocato grosse crisi in quasi tutte le redazioni. Infine la mancanza di innovazione. Un mix devastante che salva ben poche testate: sono davvero in pochi, infatti, a fare eccezione al calo delle vendite. Nelle impietose rilevazioni mensili dell’ADS si affaccia ogni tanto un timido segno più accanto ad Avvenire, al Fatto Quotidiano, a Libero, a Italia Oggi, al Messaggero o alla Gazzetta dello Sport, per citarne alcuni. Ma siamo ben lontani dall’essere in grado di recuperare la valanga di giornali “scomparsi” negli anni.
Tra i peggiori nemici dell’informazione dei quotidiani c’è sicuramente la diffusione di internet e dei social: per un nativo digitale è impensabile spendere soldi per un prodotto già vecchio, perché riporta le notizie del giorno prima. Fa prima ad informarsi dai social: c’è una vasta scelta, sono aggiornati in tempo reale, ma soprattutto sono gratuiti. Un cortocircuito in piena regola, nel quale si insinuano altri temi delicati e attuali come la diffusione delle fake news e in generale la disinformazione. Il mondo della comunicazione italiana, poi, non pullula di editori “puri”, anzi. E spesso chi ha acquistato le testate giornalistiche le ha trattate alla stregua di una squadra di calcio.
Nelle redazioni non si dormono sonni tranquilli. Quello della Stampa è solo l’ultimo avvicendamento alla direzione: negli ultimi mesi Marco Tarquinio ha annunciato l’addio alla guida dell’Avvenire dopo ben 14 anni, una delle storie più longeve. Il quotidiano Domani, fondato da Carlo De Benedetti (già editore di Repubblica) ha perso il direttore Stefano Feltri per affidare la guida ad Emiliano Fittipaldi. E poi c’è l’esordio di Matteo Renzi come direttore editoriale de Il Riformista e il ritorno de L’Unità, diretta non senza polemiche da Piero Sansonetti. Un altro problema è la scomparsa delle edicole, in un circolo vizioso che si autoalimenta.
Ma torniamo ai contenuti. Che in qualche caso ci sia un calo della credibilità dei quotidiani è innegabile. Ma il fiume ininterrotto di notizie sui canali all news, sui social, sui siti di informazione, deve coincidere con un cambio della linea editoriale dei quotidiani: meno “cronaca” e più contenuti inediti, più approfondimenti, più storie. È questa la formula che ha permesso al quotidiano francese Le Monde di avviare da qualche anno un nuovo corso, superando il mezzo milione di copie, il doppio rispetto al 2016. La ricetta vincente? Tutto in controtendenza: estesa rete di corrispondenti all’estero, riduzione degli articoli e aumento della lunghezza media, più approfondimenti e assunzione di 150 giornalisti negli ultimi anni. Insomma, il quotidiano francese ha vinto la sfida impossibile contro internet e la televisione liberandosi dal rito del flusso di notizie, concentrandosi sul racconto originale. Qualcuno in Italia avrà il coraggio di fare altrettanto?