“Torniamo a casa…”

“Torniamo a casa…” recita una battuta del film Hammamet di Gianni Amelio. Basterebbe questo a spazzare via tutte le ambiguità che molti teorici del cinema e della politica hanno provato a dare o a ricercare all’interno del film.

La scena è voluta, non casuale o necessaria alla narrazione della storia, e per questo ci offre un elemento fondamentale per tutto il film.

Craxi passeggia lungo il mare di Hammamet e viene assalito da dei turisti italiani che lo accusano di possedere un tesoro nascosto. Il leader socialista arranca, viene aggredito, si difende, risponde ma subisce quell’aggressione. La scena si conclude appunto con “torniamo a casa”.

Questo racchiude in sé il film. L’uomo che fu rispettato da tutto il mondo politico occidentale, il Presidente della notte di Sigonella e del taglio alla Scala Mobile, il Segretario del Psi che contro un Paese intero chiedeva di trattare con le Br per salvare la vita al Presidente Moro (scene non presenti nel film), non esiste più. Esiste invece un uomo che fa i conti con gli anni, una malattia curata male in Tunisia e la solitudine nel momento più difficile della sua vita.

Si è parlato molto dell’interpretazione di Favino. Il quale, se ancora ce ne fosse stato bisogno dopo “Il Traditore”, ha dimostrato capacità di immedesimazione di un livello superiore alla media. Il trucco di cinque ore al giorno non sarebbe bastato senza il suo studio approfondito del modo di gesticolare con le mani, di camminare ed infine di parlare. Tramite la voce il protagonista regala agli spettatori le sensazioni che Craxi provava, le paure, le ansie e le gioie degli ultimi anni della sua vita.

 

“Ma qualcosa ci restava attaccata alle dita…”

Craxi riceve degli amici nella sua casa in Tunisia. Il più illustre un politico del quale l’ex Presidente non ha una grande considerazione. Nel dialogo tra i due emerge la vicenda tangentopoli e la battuta “…ma qualcosa ci restava attaccata alle dita” è un chiaro riferimento al sistema dei finanziamenti illeciti, “illegali o irregolari”.

Telefonate, riprese e dichiarazioni sono presenti, ma il tutto si consuma senza mai entrare nel merito della politica o della vicenda “mani pulite”. Il film rimane fedele, anche se romanzato, agli ultimi anni di vita di Craxi ad Hammamet. Chi si aspettava un film politico o di gossip,  sicuramente ne è rimasto deluso e non possono essere questi dei capi di accusa per il regista.

Se la politica, e quindi anche i nani e le ballerine, non sono riprodotti nel film è perché negli anni di Hammamet non erano presenti nella vita di Craxi. Di conseguenza, una ricostruzione fedele di quel periodo non può includere ciò che non esisteva più.

Gli anni ruggenti, la Milano da bere, i pregi  e i difetti del Leader socialista non sarebbero stati pertinenti in un film che si concentra specialmente nel periodo antecedente alla sua dipartita, lontano dal suo paese, in preda ad una malattia e con una sola alleata, la figlia Anita, nella realtà Stefania (interpretata magistralmente dall’attrice Livia Rossi).

Questo non significa che il regista abbia tentato un processo di riabilitazione del Leader socialista ma si è giustamente attenuto ai fatti.

A questo proposito va precisato che il film non si sofferma sul dubbio o dibattito, quasi ormai trentennale, dell’esilio o latitanza. La voce narrante riguardo questo argomento è unidirezionale ed è solo del protagonista. Immagine che fedelmente riprende e rispecchia le molte testimonianze video che Craxi lanciava dalla Tunisia.

La politica, quindi, è una nuvola sempre presente nel film ma che in realtà non condiziona mai il tempo.

 

“Fai entrare i fotografi…”

Il diabete è sempre più presente nella vita di Craxi, rischia di perdere una gamba che miracolosamente gli viene curata. Nell’ospedale di Hammamet, una piccola clinica abbandonata da Dio, Bettino sul letto d’ospedale apprende la notizia della possibile amputazione. Rifiuta la possibilità, si percepisce la volontà della metafora che il vecchio Leader non può rimanere mutilato.

Al declino politico si aggiunge quello fisico. In generale la forza del politico risiede nella sua mente ma l’immagine dell’uomo forte appare dal suo fisico. Il dramma si consuma quando chiede alla figlia Anita di far entrare in sala i fotografi per dimostrare il suo stato di salute e per far capire all’Italia intera che non vive da milionario in Africa. Lapidaria la risposta della figlia “Non c’è nessun fotografo…”.

Craxi non perde la gamba ma ha perso qualcosa di più profondo, la scena esplica in modo suggestivo che l’ex Presidente, ormai, non suscita più interesse per la stampa italiana.

L’immagine di Craxi che ci offre Gianni Amelio è di un cavaliere rimasto solo

Tre passaggi fondamentali del film che dimostrano la volontà del regista, la bravura degli interpreti e la vita che si consuma in maniera tragica, anche per chi ha ricoperto le cariche istituzionali più importanti d’Italia. Il film parla della caduta fisica e politica di un uomo che ormai ha come interlocutore solo se stesso. Ogni dialogo politico sembra essere, e spesso lo è, unidirezionale, proprio perché l’immagine di Craxi che ci offre Gianni Amelio è di un cavaliere solo rimasto a combattere la propria battaglia.

Il Craxi superbo, decisionista e intelligente lascia spazio all’uomo vulnerabile, che teme la solitudine e lega il suo rapporto più profondo con la figlia.

Amelio e Favino entrano nell’intimità del leader socialista e ne tirano fuori tutte le paure di un uomo che fa i conti con la propria vita e quindi con la morte.

Questa immagine ci è regalata dalle scene in cui Craxi incespica per le vie di Hammamet. Il Presidente che portò l’Italia ad essere la quinta potenza mondiale ormai inciampa per le vie della cittadina e nel giardino di casa, logorato e martoriato dalla malattia, dalla vita e dal suo più grande amore, la politica.

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