L’autore è presidente dell’Anolf, Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere, che si è occupata anche del tema dello ius soli. Promossa dalla Cisl, è un’associazione di immigrati di varie etnie che ha come scopo la crescita dell’amicizia e della fratellanza tra i popoli, nello spirito della Costituzione italiana.
Esiste un’immigrazione silenziosa, che non fa scalpore, integrata, che non va sui media nazionali ma che convive con i nostri figli nelle scuole e nelle università italiane. Non si può consentire che lì dove l’integrazione ha superato ogni diversità, sia la burocrazia ad alzare le barriere. Non sono immigrati, non vengono da un altro paese, non hanno attraversato frontiere, sono qui dall’inizio della loro vita.
Nel 2019, nonostante le seconde generazioni (figli d’immigrati, nati e cresciuti in Italia) siano oltre 1 milione, di cui la metà sono nati in Italia, non esiste ancora una legislazione in grado di riconoscere loro la cittadinanza e i diritti fondamentali a quest’ultima collegati. Chi gioca, va a scuola, cresce con i bimbi italiani non è italiano. Da anni la riforma della cittadinanza per i nuovi italiani è ferma in Parlamento. Purtroppo il mancato riconoscimento della cittadinanza ai bambini figli di migranti nati e cresciuti in Italia è un’occasione persa per il nostro Paese in termini di diritti, di doveri e responsabilità da parte di tutti, ma peserà soprattutto su una classe politica che non ha saputo cogliere una così importante occasione.
La vicenda del sequestro del bus di San Donato Milanese, di cui si sono resi protagonisti i due ragazzi di origine straniera Ramy e Adam, si è trasformata nello spunto per riaprire il dibattito sullo ius soli. Numerosissime sono le voci di chi auspica un cambiamento della normativa vigente sulla cittadinanza. Tuttavia, nonostante revoche e concessioni proposte e l’ampio eco che questi avvenimenti hanno avuto negli ultimi giorni, non è in programma alcuna modifica delle disposizioni sulla concessione della cittadinanza. Si premierà, dunque, il coraggio di due ragazzi, ma non si cambieranno le leggi.
L’Anolf, assieme alla Cisl, chiede una legge di cittadinanza per i bambini e le bambine cresciute qui che vivono una discriminazione burocratica partendo dalla scuola dell’obbligo. Dopo l’accantonamento della riforma sullo ‘Ius soli temperato’ (‘Ius Culturae’) da parte del Governo Gentiloni, nel dibattito politico italiano sembra che questa tematica, che ha rappresentato per troppo tempo un tabù, sia ritornata ora visibile solo a causa di un evento che, fortunatamente, si è concluso senza vittime né spargimento di sangue che ha coinvolto italiani di origine diversa, alcuni dei quali però, si sono trovati dalla parte delle vittime.
Anche in una circostanza tanto tragica, l’attuale Governo ha strumentalizzato il tema del diritto alla cittadinanza. Non riconoscere la cittadinanza a coloro che sono nati o cresciuti nel nostro paese con origine diversa, vuol dire negare la realtà: ovvero che l’Italia è da sempre un paese multiculturale dove la radicata identità nazionale e locale deve dialogare con una molteplicità di culture diverse all’interno di una compagine di valori condivisi. Ancora una volta è come se quel milione di Italiani che vedono negato un diritto fondamentale, non contassero nulla. Mentre il riconoscimento di quel diritto incarnerebbe appieno quel precetto della nostra Costituzione che stabilisce sia compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Ora, a valle di un fatto di cronaca, il tema è tornato di attualità nel dibattito politico ma noi rifiutiamo categoricamente l’idea che la riforma della cittadinanza sia associata a un colore politico e che sia strumentalizzata a fini elettorali. L’importanza della questione delle seconde generazioni e l’urgenza di una più equa ed avanzata normativa sulla cittadinanza è una battaglia che Anolf e Cisl vogliono portare avanti per il bene di questo Paese. Pensiamo sia giunto il momento di riprendere il confronto e di affrontare il tema della cittadinanza creando un lessico che si distingua per qualità e neutralità da quello utilizzato nei dibattiti politici di oggi e di allora.
Negli anni molte sono state le proposte in sede parlamentare, ma manca la volontà politica di dar vita ad una legge organica sulla cittadinanza che garantisca a tutti i figli degli stranieri, nati e cresciuti in Italia, il diritto di partecipare alla vita politica e sociale di un Paese che è loro ma che li considera “stranieri”, soggetti con permesso di soggiorno, o “cittadini di serie b”.
Facciamo appello a tutte le forze politiche affinché mettano da parte le convenienze e diano finalmente al Paese e ai figli d’immigrati nati e/o cresciuti in Italia il diritto di essere considerati italiani. Siamo amareggiati dalle recenti beghe politiche, un figlio d’immigrati nato e/o cresciuto in Italia non può attendere la maggiore età per avere accesso alla cittadinanza, non può aspettare 18 anni per sentirsi veramente e a pieno titolo italiano.
Adesso spetta al legislatore modificarla: la politica prenda atto che i tempi sono ormai maturi. Dare la cittadinanza alle seconde generazioni, non è una questione politica, ma un gesto di democrazia, civiltà e rispetto dei diritti. Non possiamo più permetterci che ragazzi a tutti gli effetti italiani siano legati a un permesso di soggiorno e a rischio di foglio di via.