È incredibile assistere alla farsa del centrodestra italiano mentre si affanna e fa finta di lacerarsi attorno alla questione dell’orario di chiusura serale dei ristoranti. E questo mentre continuiamo a contare centinaia di morti ogni giorno. Ma tant’è!!! Ancora una volta è il centrosinistra a dover portare la croce, a non sottrarsi al dovere, alla responsabilità di mettere in sicurezza il Paese e i suoi cittadini, ad essere il sostegno vero del governo Draghi, a sforzarsi di proporre una strategia globale per il futuro. Un governo nato dall’appello del Presidente Mattarella a tutte le forze politiche, ad assumersi l’impegno per formare una compagine di unità nazionale, di emergenza, per consentire all’Italia di uscire dall’emergenza sanitaria e di cogliere l’occasione del NGEU.
Per questi obiettivi e con questo spirito istituzionale, a presiedere il Consiglio dei Ministri è stato chiamato Mario Draghi, l’uomo, il civil servant che, in questa fase, è l’italiano più autorevole a livello internazionale sia a livello istituzionale che nel mondo della finanza. Qualche giorno fa, sulle pagine di Repubblica, il Presidente Giuliano Amato ha definito Draghi “coactus tamen volui” (sebbene costretto volli). Mi sembra una definizione molto azzeccata della figura e delle intenzioni del nostro Presidente del Consiglio, nonché delle modalità con cui è arrivato alla carica di premier italiano. Draghi è sicuramente un servitore dello Stato, ma questo non può e non deve sottrargli la possibilità di nutrire ambizioni su possibili ruoli futuri. Io non so se potrà essere il prossimo Presidente della Repubblica, personalmente mi sentirei di auspicare una prosecuzione del mandato del Presidente Mattarella, ma sono convinto che l’Europa ha bisogno di leader capaci di far avanzare il progetto di integrazione europea.
Paradossalmente proprio nel momento in cui il processo di integrazione ha fatto un fondamentale passo in avanti, con la decisione di finanziare il progetto NGEU con titoli di debito europei, l’Unione Europea, a seguito della prossima uscita di scena della Cancelliera tedesca Angela Merkel e della crisi di consensi del Presidente francese Emanuel Macron, rischia una grave carenza di leadership. In questo scenario è possibile che Mario Draghi debba assumersi l’onore e l’onere di continuare ad assicurare quella linea di maggiore integrazione che Angela Merkel, soprattutto, ha saputo portare avanti con coerenza e determinazione. Nessuno può dubitare della visione assolutamente europeista di Draghi, del suo saldo ancoraggio ai valori fondativi e distintivi dell’Europa quali la fede democratica, la solidarietà tra i popoli, lo stato sociale, l’equa distribuzione della ricchezza, la piena parità tra i generi, il rispetto di ogni diversità di razza, religione, convinzione politica.
Così come tutti conoscono la sua forte sintonia con l’amministrazione statunitense guidata da Biden. Oggi l’atlantismo non è un revival della guerra fredda né una finzione valoriale come quella affermata dai Bush nella “guerra Santa” condotta in Iraq: si diceva di voler esportare la democrazia mentre in effetti si difendevano gli interessi delle grandi corporations, si coprivano anni di strategie sbagliate nel Medio Oriente, si praticava la tortura e le democrazie occidentali dovevano subire la vergogna di prigioni illegali come Guantanamo. Ricordiamoci di Nassirya e del tributo di sangue che abbiamo pagato in quella guerra sporca. Oggi il forte legame tra gli USA e la UE è condizione indispensabile per consentire alle nostre democrazie di continuare ad essere tali e non scivolare verso quelle forme di “democrazia autoritaria” che dalla Russia di Putin alla Turchia di Erdogan, dall’Ungheria di Orban alla Polonia dei Kacinsky, dal Brasile di Bolsonaro al Venezuela di Maduro, insidiano i nostri Paesi sostenendo (anche con forme non propriamente legittime) movimenti e partiti euroscettici come la Lega di Salvini in Italia, il Front National di Marie Le Pen in Francia, l’AFD in Germania.
Se questa è la ragione “interna” e istituzionale per cui tutti i democratici non possono che sostenere politiche di maggiore e più strutturata integrazione europea, ve ne sono altre attinenti alla nostra economia e al nostro livello di benessere. Su questo terreno il nostro maggiore e più pericoloso competitor è la Cina. Questo grande e popoloso paese, è quello che meglio di tutti gli altri ha saputo beneficiare della globalizzazione, trasformando la sua economia da prevalentemente agricola a quella che oggi è considerata la “manifattura del mondo”. L’economia cinese, alla pari del suo sistema politico autoritario, è “assertiva”, vuole dominare e non, al contrario, cooperare nel mercato globale. Contrastare questo modello è vitale per i nostri sistemi economici e soltanto una forte intesa tra la UE e gli USA, può produrre il risultato di farci mantenere e rafforzare la nostra autonomia produttiva, tecnologica, sanitaria nonché la capacità di competere sui mercati globali. Tuttavia la sfida globale non si vince con politiche autarchiche e isolazionistiche. Non è “l’American First” che ci farà vincere.
La strategia vincente è quella della Sostenibilità che va declinata sia nei confronti dell’ambiente che verso l’equità sociale globale e il diritto alla salute. Così come ci stiamo dando obiettivi credibili di riduzione delle emissioni ambientalmente dannose, allo stesso modo dobbiamo proporre un progetto globale di superamento della povertà e della fame nel mondo, un impegno a vaccinare contro il Covid tutte le popolazioni del pianeta. Cominciamo dall’Africa, il continente a noi più vicino, con i redditi pro capite e l’aspettativa di vita più bassi del mondo. La Cina sta conquistando tutti i nodi strategici africani e la risposta occidentale non può essere delegata agli interventi umanitari delle ONG, che svolgono un lavoro assolutamente meritorio, né tantomeno alle politiche predatorie e neocolonialiste delle multinazionali che continuano a sostenere i regimi sanguinari di molti paesi africani pur di continuare a depredare l’Africa delle sue immense risorse minerarie e di materie prime.
Dobbiamo mettere a disposizione delle popolazioni africane un imponente progetto di sviluppo cooperativo e di uscita dalla povertà assoluta a partire da un piano vaccinale generalizzato. Il presidente Draghi, l’Italia, la sinistra, possono spingere l’Unione Europea in questa direzione. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere tutti “coactus tamen volui”.