Sulla scia dell’emotività durante il giustamente orgoglioso discorso del presidente ucraino Zelensky, il parlamento europeo ha dichiarato di voler fornire aiuto concreto in armi alla resistenza ucraina condannando la crudele risposta russa sulla popolazione indifesa del Paese. I discorsi a cui ci ha abituati, con cadenza, Zelensky sono sempre più infuocati, sono parole cariche come un kalanshnikov, sono parole che inchiodano il male rappresentato da Putin, sono benzina sul fuoco, un fuoco che diventa lo stesso, unico fuoco in cui le persone bruciano in queste ore. Carenze linguistiche producono visioni del mondo errate. Dobbiamo stare attenti a non finire nel cul de sac dei nazionalismi.
Il veleno della guerra è quello di far credere che ci sono solo due ragioni e che una delle due è destinate fatalmente a soccombere, c’è la ragione giusta e quella sbagliata, al più forte e al più crudele la vittoria. Di fronte ad una svolta pericolosa che la guerra sta assumendo a scapito della popolazione ucraina che sta subendo un intollerabile massacro, è necessario parlare di più di pace e fermare subito questa escalation di violenza: e questo ruolo spetta, in primo luogo, alla politica, (se non fosse che la sua crisi è conclamata da tempo, la ponga come quasi come ultima ratio e sembra non emergere la figura giusta del negoziatore).
Il terzo round della trattativa tra Russia e Ucraina, in corso in queste ultime ore, a cui nessuno crede veramente, è visto più come una routine che d’obbligo si inserisce nella logica aberrante degli attacchi missilistici letali, e i suoi risultati potrebbero essere considerati alla meglio modesti, se non addirittura inefficaci e beffardi (mancati corridoi umanitari disattesi nelle ultime ore). Le trattative, per ora, assumono l’aspetto di un affare bilaterale, tra l’aggressore feroce con le richieste totalizzanti e l’aggredito che oppone la strenua resistenza e la dignità di popolo che non si piegherà alla denazionalizzazione.
E’ sotto gli occhi di tutti che ormai serve un vero e forte negoziato che possa portare alla reale tregua bellica; non si possono più escludere dal tavolo altri importanti attori per la pace collettiva, la UE e ogni altro Paese terzo cosiddetto, fuori dalla NATO per trovare una soluzione attraverso il dialogo. Di fronte ad una svolta pericolosa che la guerra sta assumendo a scapito della popolazione ucraina che sta subendo un intollerabile massacro, è necessario parlare sempre di più di pace e fermare subito questa escalation di violenza: e questo ruolo spetta, in primo luogo, alla politica. Dove sono i negoziatori di pace? Come vogliamo difendere i civili, la popolazione come vogliamo metterla in salvo? Con le armi o con la pace?
Sotto le bombe c’è la vita delle persone; quando la guerra scoppia la vita deve vincere non importa di quale fazione si tratti. Uno degli effetti della guerra è perdere di vista la sicurezza, e la prima sicurezza è assicurare la vita, a seguire gli altri bisogni. I prossimi passi nella direzione dei negoziati speriamo possano prevedere la presenza di delegazioni dell’unione europea per affermare un riscatto politico e la conseguente, reale supremazia di una fondante cultura di pace, DNA dell’Unione.
Se è vero come è vero, che questi sono i tempi in cui abbiamo affinato la consapevolezza dell’interrelazione a ogni livello (economico, sociale, sanitario, politico) tra i cittadini del mondo: la diplomazia, il dialogo, restano le uniche chiavi per assicurarci il futuro di pace. Ci vogliono azioni più coraggiose della guerra.