“Ho notato un grande senso di disorientamento, che a Venezia è aggravato dal fatto che in pochi mesi si sono sommate l’acqua alta e la tragica vicenda del Coronavirus“. Descrive così la sua città Natale in questi giorni Pier Paolo Baretta, Presidente AReS e candidato per il centro-sinistra alle prossime elezioni per l’amministrazione del capoluogo veneto. “C’è una sensazione di smarrimento, di preoccupazione per il presente e il futuro – prosegue. “Venezia è esposta più di altre città per il crollo del turismo, che ha ripercussioni su tutto il territorio, in centro storico come a Mestre. Ma pesano anche le preoccupazioni sul futuro. Si intravede che il domani non sarà come ieri. Alla gente bisogna perciò dare due tipi di risposte: una immediata di assistenza e sostegno, ma anche una risposta carica di speranza, perché ci si prepara a gestire un futuro che sarà diverso dal passato”.
Da dove ri-partire, dunque? Probabilmente dalla Comunità! Scriveva Leonardo Bruni in una lettera a Niccolò Niccoli: “Una cosa è l’urbs, altra cosa è la civitas. L’urbs è l’aggregato degli edifici e delle mura che cingono il luogo dove questi sorgono, mentre la civitas è la congregazione di coloro che lì vivono legati da vincoli sociali regolati dalle stesse leggi”.
Inizia così il Rapporto su Venezia Civitas Metropolitana a cura de “La Fondazione di Venezia”, realtà da sempre impegnata nella ricerca di chiavi di lettura e di strumenti in grado di favorire lo sviluppo economico e sociale del territorio in cui opera. Una Ricerca coordinata dal professor Paolo Costa che è la traduzione concreta di questo impegno, indirizzato ad un soggetto complesso e multiforme come Venezia e il territorio che la circonda.
Assioma di base che guida lo studio è una Venezia poliforme, o meglio, come città che si esprime in più forme: con l’urbs, ovvero il suo costruito, soprattutto quello storico, e con la civitas, la sua comunità. E la Venezia letta e descritta in questo Report parla di civitas, della comunità che si interroga su come e di cosa vivranno i suoi figli nei prossimi vent’anni, nella consapevolezza che salvaguardia e mantenimento della propria storia sono un fortunato dovere che condiziona – e impreziosisce – il suo presente e il suo futuro. Una civitas che è primariamente quella metropolitana, ossia quella che comprende le aree urbane funzionali di Venezia, Padova e Treviso, perché è a quella scala di nodo urbano europeo che si determinerà gran parte del futuro della città e di quello di un “Grande Nordest” che va da Milano a Lubiana, da Monaco di Baviera a Bologna. “Venezia civitas, quindi, e non Venezia urbs,- scrive Costa – anche per evitare gli equivoci derivanti dall’uso improprio, uno per l’altro, dei quattro fenotipi (Venezia storica, Venezia lagunare, Venezia quotidiana, Venezia Civitas Metropolitana) del polimorfismo veneziano: errori che portano a piangere una Venezia “che muore” (la civitas-urbs storica, la sola di interesse globale), solo perché non ci si accorge della Venezia “che gode di ottima salute” (civitas quotidiana o metropolitana)”.
Venezia: una Civitas metropolitana da ripensare per il futuro della città e del Nordest
Il Rapporto su Venezia Civitas Metropolitana 2019 è il primo risultato di una ricerca ambiziosa, proiettata su un triennio e progettata per capire la struttura e il funzionamento della città veneziana per, poi, esplorarne i possibili sviluppi entro scenari condizionati dalla transizione ambientale, tecnologica (digitale e non) e di globalizzazione che stiamo vivendo e vivremo negli anni a venire.
In sostanza si è voluto capire quale Venezia civitas possa avere l’ambizione di garantire quella concentrazione-agglomerazione di reti di imprese innovative, di lavoratori di talento, di imprenditori propensi al rischio, di istituzioni e di associazioni di sostegno che lì si trovano per interagire e co-produrre risultati economici e progresso.
Un aggregato metropolitano che, se ripensato come polis da costruire, metterebbe a disposizione del Nordest il soggetto adeguato a proiettare con successo l’intero sistema produttivo regionale nella competizione globale.
Storica, Lagunare, Quotidiana, Metropolitana. Un quadrinomio che per il presente e il futuro della città impone e deve impegnare tutti nel superamento di una distinzione così netta. Venezia è una città globale, lo è sempre stata, lo racconta la sua storia, fatta di navigazione senza confini, di cultura nel significato più profondo, di distretti produttivi internazionali, di accoglienza e di un turismo che come pochi ha la capacità di attrarre e affascinare.
La storia più recente, però, ha probabilmente messo la città – in maniera anche cruda e brutale – di fronte alla necessità fin ora troppo posticipata di un cambio di paradigma. Il futuro è già qui, e Venezia non può e non deve continuare a perseverare nell’impasse, rimanendo “dipendente” da quella urbs che così com’è, in questo momento, non può garantire prospettiva alla città e alle nuove generazioni, neanche dal punto di vista turistico.
Ed è qui che la Comunità, quella civitas metropolitana di cui si accennava sopra, entra in scena con un ruolo di primaria importanza: istituzioni e associazioni di sostegno che interagiscono e collaborano con imprese innovative, lavoratori di talento, imprenditori propensi al rischio per co-produrre risultati economici e progresso. Senza dimenticare che una ulteriore base economica altrettanto capace di contrassegnare identitariamente Venezia Civitas Metropolitana potrebbe essere quella del blocco porto-aeroporto-interporto e le connesse attività manifatturiere, quasi manifatturiere e logistiche. Una economia, questa, in grado di esportare beni e servizi alla scala globale che li domanda.
Insomma, Venezia ha tutte le carte per divenire il soggetto adeguato per proiettare l’intero sistema produttivo regionale nella competizione globale, capace di affrontare le sfide che globalizzazione, tecnologia e transizione ambientale impongono. Ma una polis del genere va ripensata, costruita. Con coraggio.
Quattro Venezie per un Nordest. Rapporto su Venezia Civitas Metropolitana 2019