Sul voto abbiamo già pubblicato:
La caduta del Governo e la transizione politica – di Pier Paolo Baretta
Non sono soltanto affari nostri – di Salvatore Biondo
Bisogna puntare al pareggio, come nel 2018 – Intervista a Paolo Feltrin, di Vanni Petrelli
Tattica e strategia, i limiti dei nostri politici – di Carlo Puca
Le torride elezioni e la fatica di riformare il riformismo – di Pier Paolo Baretta

Oggi come il 1994. Per Silvio Berlusconi gli anni sembrano non passare mai: sorriso rassicurante da imbonitore, sguardo fisso verso il “pubblico”, scenografia curata nei minimi dettagli, promesse mirabolanti. Se 28 anni fa a fare presa sugli italiani fu il milione di posti di lavoro, oggi il Cavaliere propone la pensione minima a 1.000 euro e la flat tax. Promesse elettorali, nulla di più. Allora fu una videocassetta, il famoso Vhs inviato alle redazioni. Oggi però anche Sua Emittenza è costretto a spostare la strategia comunicativa dal tubo catodico (meglio, smart tv) alla rete. È il combinato disposto di due situazioni che ogni partito sta tenendo in debita considerazione: la campagna elettorale balneare e l’arrivo al voto di schiere sempre più nutrite dei cosiddetti nativi digitali. Ricordo ai più distratti che il 25 settembre anche per il Senato voteranno i nati a partire dal 2004. Duemila e quattro!

Insomma, cambia il corpo elettorale e di conseguenza cambiano anche i modi per raggiungere i potenziali elettori. Se la televisione resta comunque il mezzo principe nel panorama della comunicazione, con la radio che non perde colpi (come testimonia ogni anno il rapporto Censis sulla comunicazione), è pur vero che i social stanno facendo passi da gigante, legittimandosi come strumento indispensabile per informarsi e anche per interagire, per dire la propria. Se prima bisognava vivere le piazze, organizzare banchetti e comizi, stampare volantini, realizzare tazebao e striscioni, oggi la sfida politica si sposta sulle piazze… digitali, virtuali, con i contendenti che si prodigano in video, infografiche, hashtag e affini. Soprattutto questa prima parte della campagna elettorale, che è la più breve della storia e la prima che si svolge in estate, almeno per le elezioni politiche, si sta caratterizzando per una presenza massiccia dei candidati e dei partiti sulla rete. Un mezzo considerato non a torto pratico, rapido, gratuito, meno invasivo rispetto al volantinaggio sotto l’ombrellone. Per gli appuntamenti elettorali nelle città se ne riparlerà a settembre. Mentre invece alcuni candidati stanno puntando sulla cartellonistica nelle città: la stazione Cadorna di Milano è letteralmente invasa da manifesti di Berlusconi, nei quali spiccano foto del Cavaliere di un bel po’ di anni fa.

Tornando ai social, c’è da dire che molti candidati e molti partiti avrebbero bisogno di social media manager preparati e agguerriti, perché spesso i contenuti sono davvero poco originali e si limitano, ad esempio, a riproporre spezzoni video di interventi in trasmissioni tv. Un altro errore piuttosto frequente è quello di rilanciare lo stesso messaggio su più social, da Instagram a Twitter, dimenticando che ogni strumento ha regole precise e distinte, che se rispettate possono ulteriormente amplificare il messaggio che si intende diffondere. Molti politici hanno scelto di affiancare ai mezzi più consoni alla comunicazione politica, come Facebook e Twitter, piazze virtuali come Instagram e addirittura TikTok, da sempre frequentate dai giovanissimi. Per non rischiare di apparire vecchi e di effettuare operazioni di marketing elettorale non solo inutili, ma addirittura controproducenti, bisogna però tarare con grande attenzione il messaggio da diffondere, testo e forma. L’impressione è che ci si troverà di fronte a meri slogan privi di contenuti, utili solo ad acchiappare qualche like. Salvini ne è l’esempio. Un altro rischio derivante dallo spostamento della campagna elettorale sui social è la possibilità, assolutamente non remota, che ci siano interferenze degli stranieri per creare disinformazione e orientare quindi gli elettori. In passato c’è stato l’episodio degli hacker russi che deve far riflettere. E poi ci sono gli influencer, vere star del web in grado di spostare consenso e di “influenzare” le decisioni di milioni di follower adoranti. Ritengo improbabile che i più popolari si espongano con vere dichiarazioni di voto o con l’appoggio ai singoli partiti. Non escludo, invece, che sui singoli temi ci possano essere prese di posizioni nette, come ad esempio quelle di Chiara Ferragni e Fedez sul tema dei diritti civili, che li ha visti in passato polemizzare “virtualmente” con Salvini e con esponenti del centrodestra.

C’è poi chi vive in una vera bolla social, come Carlo Calenda. A detta dei più maligni la sua scelta di rinnegare l’accordo con il Pd sarebbe il frutto delle critiche ricevute dai suoi elettori sui social dopo l’abbraccio con Letta. Insomma, Calenda avrebbe fatto il “follower dei suoi follower”. La coppia Calenda-Renzi è sicuramente la più social nel panorama nazionale, anche se la loro esposizione su Twitter e Facebook è di gran lunga superiore ai consensi che esprimono. Detto in soldoni: non è che i like si trasformino sempre in voti! E poi proprio Calenda è incappato in uno dei guai dei social: la memoria. Non più tardi di 9 mesi fa l’ex ministro twittava: “Non mi alleo con Renzi, con un parlamentare, caso unico in Occidente, che prende soldi da uno stato straniero, per di più totalitario”. Il riferimento è alle discusse consulenze dell’ex premier pagate dall’Arabia Saudita. Ma la storia politica italiana è costellata di dietrofront, promesse mai mantenute o proclami rimangiati in tutta fretta. Gli elettori si abitueranno anche alle scelte e alle giravolte di Calenda.

Per finire vi segnalo una chicca: nella campagna elettorale più social e digitale della storia, c’è chi si affida a un minibus elettrico per girare l’Italia e incontrare gli elettori. Parlo del Pd e del suo segretario Enrico Letta, che in questo modo vogliono anche rendere omaggio al famoso tour di Prodi sul pullman nel 1996… erano i tempi dell’Ulivo. Quella volta andò bene per il centro sinistra, che sconfisse il Polo per le Libertà guidato da Berlusconi. Questa volta, oltre al tour in minibus, servirà anche un piccolo miracolo. Con o senza social.      

1 commento

  1. Ma non si sta accorgendo che i social stanno distruggendo la cultura.
    La voce di tutti non è necessariamente la voce della verità.
    La voce della plebe nel senso peggiore.
    Arrigo Cipriani 90 anni

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