Intervista a Paolo Feltrin, politologo, coordinatore del comitato scientifico di Res. Docente di Analisi delle politiche pubbliche all’Università di Trieste, ha insegnato presso le Università di Firenze e Catania e presso la Scuola superiore di pubblica amministrazione di Roma.
Ieri il Presidente Mattarella, al termine del giro di consultazioni, appariva evidentemente irritato. Perché?
Mattarella si aspettava di incontrare soggetti politici all’altezza della situazione. Pd e 5 Stelle, invece, si sono mostrati riluttanti, mossi da una disistima reciproca. Ciò deve essere emerso con chiarezza nel corso dei colloqui ed è uno snodo centrale e delicato della giornata di ieri, perché la sopravvivenza di un ipotetico governo Pd-5S dipende dalla capacità di un dialogo che duri nel tempo, almeno due-tre anni, fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. In questo lasso di tempo, si potrebbero mettere in campo politiche tali da sminare, da smontare, da sgonfiare l’area di protesta Lega, che è quasi maggioritaria nel Paese. Un governo debole rischierebbe di sortire l’effetto contrario. Il rischio che nasca un governicchio debole, poco incisivo, incapace di affrontare i nodi dell’agenda della Lega è emerso con chiarezza nel corso delle consultazioni di ieri, facendo un enorme regalo a Salvini.
Mattarella, quindi, teme le elezioni e un possibile governo monocolore della Lega?
Teme le elezioni per ovvie ragioni, perché le elezioni in autunno sono un salto nel buio con fortissimi fattori di crisi e instabilità internazionale. E sarebbero un regalo a Salvini, così come un governo debole. Da qui l’irritazione di ieri. Il Presidente si aspettava una proposta programmatica di ampio respiro, mentre si è dovuto confrontare con discorsi di scarso interesse, come il taglio dei parlamentari. Un accordo di governo sarebbe dovuto nascere su punti centrali per il futuro del Paese: la riforma del sistema pensionistico, l’immigrazione, la riduzione delle tasse. È sembrato un teatrino.
In questo contesto, quali sono stati gli errori di Salvini?
Secondo me, Salvini non ha commesso nessun errore. Voleva andare all’opposizione e sta andando all’opposizione con le condizioni migliori. A settembre avrebbe dovuto risolverei il problema dell’autonomia, con la perdita di milioni di voti al Sud; si trovava con il problema della riduzione delle tasse, che aveva promesso, e i 50 miliardi non ci sono da nessuna parte; aveva il problema del Commissario europeo, perché se nomini il commissario europeo non puoi continuare ad attaccare l’Europa come fatto fin qui. Lui sapeva che i nodi sarebbero arrivati al pettine e allora ha rotto per andare all’opposizione, chapeau. E tutte le mosse che sta facendo, diciamo di buon senso, sono solo mosse per dimostrate che lui è ragionevole, nulla di più. Così potrà costruire il refrain della sua polemica di opposizione: “Io sono stato ragionevole, io ci ho provato, sono loro che avevano già un accordo che andava avanti da mesi”. E il rischio concreto per il governo Pd-M5S è quello di ricreare la situazione del governo Monti o del governo Letta o dei governi D’Alema, ossia un governo che si assume tutti gli oneri e, invece, paga pegno.
Quali dovrebbero essere, quindi, le condizioni per la riuscita di un governo Pd-M5S?
La mia idea, che è sotto-sotto quella lanciata da Prodi, è di un governo tutto sbilanciato sull’Europa a patto che l’Europa in cambio dia esattamente quello che Salvini chiede, ma lo dia a un governo Pd-5S di chiara matrice europea per bloccare la diffusione del virus salviniano nel Continente: decine e decine di miliardi per lo sviluppo economico e la riduzione delle tasse; la revisione del trattato di Dublino; l’esclusione degli investimenti pubblici dal deficit; una riforma delle pensioni che tenga conto di quota 100; la revisione dei decreti sicurezza e non la loro totale cancellazione – sarebbe un regalo a Salvini. Se si va su questa strada e c’è una solida ripresa economica, il controllo dell’immigrazione, il sostegno dell’Europa… forse, e dico forse, si può fare un governo capace di arginare Salvini. Ma i se iniziano a essere troppi.
Se dovesse funzionare, c’è la possibilità di un’alleanza stabile, che trasformi l’assetto istituzionale e favorisca il ritorno a un sistema bipolare?
È difficile dirlo, il bipolarismo è in crisi in tutti i Paesi, noi arriviamo sempre con trent’anni di ritardo. Anche perché se il governo dovesse funzionare si tornerebbe a una legge proporzionale per smontare ancor di più Salvini. Ma l’interrogativo è anche un altro. Davvero Renzi e Zingaretti riusciranno a convivere in un unico partito?