Domenica 26 gennaio, alle ore 23, la chiusura dei seggi in Emilia-Romagna decreterà contemporaneamente la fine di due partite che ormai da mesi si stanno giocando sulla Via Emilia. La strada, infatti, voluta dal Console romano Marco Emilio Lepido per collegare Rimini a Piacenza e inglobare la Gallia Cisalpina, è ora il teatro di uno scontro politico combattuto su più fronti.

Da un lato il Governatore uscente, Stefano Bonaccini, che ha cominciato questa sua partita nel 2014 quando venne chiamato a guidare un centrosinistra regionale coinvolto da inchieste giudiziarie. Bonaccini in quei mesi era già in odore di trasferirsi a Roma, dove Matteo Renzi gli stava preparando un ruolo centrale nella direzione nazionale del PD, ma accettò e vinse la sfida, pur dovendo fare i conti con un’astensione record che portò al voto solo il 38% dei cittadini. In 5 anni l’amministrazione a guida Bonaccini ha portato dei buoni risultati per la regione e ora il candidato modenese conta sul fatto che gli elettori sappiano riconoscergli questi anni di buongoverno.

Dall’altro Matteo Salvini, frontman della Lega che ha inevitabilmente oscurato la vera candidata alla presidenza, Lucia Borgonzoni. Salvini ha iniziato la sua battaglia proprio in Emilia-Romagna, al Papeete Beach di Milano Marittima, quando decise di staccare la spina al Governo Conte per chiedere il ritorno alle urne. Quella mossa però non è riuscita e allora il “Capitano” punta a conquistare una storica regione “rossa” per dare una spallata decisiva all’inquilino di Palazzo Chigi. Una battaglia a colpi di parmigiano, tortellini e piadine sì, ma con lo sguardo rivolto a Roma.

Elezioni Emilia Romagna: un sondaggio difficile

Fare previsioni è impossibile oltre che inutile e anche il più radicale dei sondaggisti non scommetterebbe a oggi sull’uno o sull’altro candidato.

Bonaccini ha dalla sua una regione che ha sì degli aspetti da migliorare (liste d’attesa nella sanità, sicurezza, ritardi nelle infrastrutture) ma che è tra le regioni virtuose d’Italia con molti importanti risultati conseguiti negli ultimi anni: l’Emilia-Romagna è, insieme al Veneto, prima regione per crescita del Pil (+1,5% rispetto al 2017); il tasso di disoccupazione è al 4,8% mentre l’occupazione ha superato i 2 milioni di unità con la percentuale più alta tra le regioni italiane (71,3%); la dispersione scolastica è scesa di 2 punti percentuale ed è cresciuto il numero di giovani diplomati e laureati. Trend positivi per quanto riguarda consumi, investimenti ed export. In particolare, questo ultimo settore ha fatto registrare un +17,3% negli ultimi 5 anni. In crescita anche i flussi turistici, non solo per il traino della riviera romagnola, ma anche grazie allo sviluppo delle aree interne e appenniniche. Inoltre, un dato che troppo spesso la politica regionale e nazionale sottovaluta, l’Emilia Romagna è tra le migliori regioni italiane ed europee in termini di utilizzo dei fondi europei, spendendo 22 miliardi nel Patto per il Lavoro. Non sarà facile per Bonaccini confermarsi o, come lui stesso si impegna, migliorarsi inserendo nel suo programma asili nido gratuiti, innovazione digitale, un nuovo piano per la Casa. E chissà se questo basterà a tenere insieme le molte anime che compongono la coalizione che lo sostiene e se il Pd pagherà in questa tornata l’alleanza nazionale con il Movimento 5 Stelle.

Sul fronte opposto, la coalizione di centrodestra si affida ai temi cari alla Lega a livello nazionale: sicurezza, immigrazione, tasse. Argomenti che hanno già in parte pagato in Emilia-Romagna, con le ultime vittorie nei comuni di Ferrara, Forlì e Sassuolo. E che continuano a pagare in termini di consenso nei tantissimi comizi di Salvini nei grandi e piccoli centri della regione, che il leader leghista sta continuando a battere palmo a palmo, consapevole del fatto che sarà proprio la “provincia” a essere determinante ai fini della vittoria. Quella provincia dove i problemi quotidiani vengono percepiti e vissuti molto più intensamente rispetto alle grandi città e dove gli elettori potrebbero scegliere di cambiare. Negli ultimi giorni è tornata in prima linea anche la stessa candidata Lucia Borgonzoni che dalle tribune politiche ai comizi, oltre ad attaccare Pd e Bonaccini sui cavalli di battaglia (caso Bibbiano, governo con il Movimento 5 Stelle), ha rilanciato alcuni punti del suo programma, dalla sicurezza, alla richiesta di più autonomia, fino alle tasse, con la proposta di eliminare Irpef regionale e Irap per le aziende che formano e assumono giovani.

Borgonzoni vs Bonaccini: la battaglia tra chi vuole “liberare” la Regione e chi intende confermarne la virtuosità

Quello che resta da capire, e che scopriremo solo lunedì 27 gennaio, è se dati, temi, proposte e impegni valgano ancora qualcosa o se sia definitivamente il tempo della comunicazione social, dove un titolo vale più di una notizia, un’emozione vale più di un fatto, la percezione vale più della realtà. Se sarà stata vinta la partita regionale di Stefano Bonaccini o quella nazionale di Matteo Salvini. Due partite molto diverse, giocate sullo stesso campo emiliano-romagnolo.

Certo è che chiunque sarà chiamato a governare l’Emilia Romagna fino al 2025 non avrà molto tempo per festeggiare, perché il ruolo che ricopre la regione per i suoi abitanti e per il resto del Paese è troppo importante per permettersi pause e brindisi. La squadra che andrà a comporre la nuova giunta non potrà più rilassarsi sui temi da campagna elettorale e dovrà farsi trovare pronta ai compiti e alle sfide che la attendono per i prossimi 5 anni.

Riusciranno Matteo Salvini e Lucia Borgonzoni a “liberare” la rossa Emilia-Romagna e ad abbattere il governo Conte? E per Bonaccini, sarà stata vera gloria? Alle urne l’ardua sentenza.

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