Nel grande sconvolgimento politico, sociale e culturale che si osserva nel mondo, anche la storia è diventata un campo di battaglie tra opposte ideologie e contrastanti modelli di civiltà. Prima ci furono i talebani che distrussero le statue di Buddha in Afghanistan, di recente l’abbattimento e la distruzione di statue si sono viste anche in Gran Bretagna e negli U.S.A., come protesta per il passato coloniale e contro il razzismo che ancora non passa. Poi è iniziata la cancel culture. Questi fenomeni scuotono l’idea che si possa avere un patrimonio storico universale.

Da questi fatti prenderei spunti per la prima domanda: che cos’è la storia?

La domanda se la pose il noto storico Marc Bloch, che vi dedicò tutto un libro: Apologia della storia o il mestiere dello storico ed evitò una risposta sbrigativa. Questa è una sua definizione: “La storia è scienza degli uomini. Bisogna aggiungere: degli uomini nel tempo. Il tempo della storia, realtà concreta e viva restituita all’irreversibilità del suo corso, è il plasma stesso in cui stanno i fenomeni, e quasi il luogo della loro intelligibilità”. Chiara e semplice è la definizione del grande filosofo illuminista e storico, lo scozzese David Hume (vissuto nel XVIII secolo): “Se consideriamo la brevità della vita umana e la nostra limitata conoscenza perfino di ciò che accade nel nostro tempo, dobbiamo convincerci che avremmo sempre un intelletto da fanciulli se non vi fosse questa invenzione (….) Di un uomo che conosca la storia, si può dire che vive, in un certo senso, dall’inizio del mondo e che in ogni secolo ha fatto continue aggiunte al bagaglio delle sue conoscenze” (Lo studio della storia).

Cosa sono i fatti storici?
Non sono per niente ovvi e facili da individuare e fissare. Può servirci d’avvertimento l’affermazione paradossale dello storico americano Carl Becker, il quale (nel 1910) scrisse: “I fatti storici non esistono finché lo storico non li crea”.

C’è stato un tempo in cui gli storici hanno nutrito la fiducia che i “fatti” fossero di facile identificazione, era il tempo del Positivismo, filosofia in auge alla fine dell’Ottocento. Ma il procedere della ricerca storica ha mostrato che la fiducia dei positivisti era davvero ingenua e illusoria. Lo storico inglese Edward H. Carr, passando in rassegna l’evoluzione storiografica (nel suo saggio Lo storico e i fatti storici, 1966), giudica così il punto di vista positivistico: “E’ questa l’immagine che il senso comune ha della storia. La storia consiste in un complesso di fatti accertati. Lo storico trova i fatti nei documenti, nelle iscrizioni e così via, come i pesci sul banco del pescivendolo. Lo storico li raccoglie, li porta a casa, li cucina e li serve nel modo che preferisce.” Ma le cose non stanno così, aggiunge Carr e, se vogliamo utilizzare la metafora dei pesci, allora bisogna dire che “i fatti storici non si possono minimamente paragonare a pesci allineati sul banco del pescivendolo. Piuttosto li potremmo paragonare a pesci che nuotano in un oceano immenso e talvolta inaccessibile: e la preda dello storico dipende in parte dal caso, ma soprattutto dalla zona dell’oceano in cui egli ha deciso di pescare e dagli arnesi che adopera”.

Lo storico, nell’abbondanza dei fatti accaduti e registrati, deve prendersi la responsabilità di decidere quali sono rilevanti e significativi. Ma non c’è lo storico, ci sono gli storici e, nella società democratica, anche la verità storica diventa plurale e contraddittoria. La pluralità e il contrasto di opinioni sono garanzia che circolino “verità storiche” ragionevolmente fondate. E l’obbiettività? Con le parole disincantate dello storico Gaetano Salvemini: “L’obbiettività dello storico è un sogno, la probità un dovere”.  

Per fare storia non basta raccogliere ed elencare numerosi fatti. “I fatti sono stupidi”, scrisse Nietzsche. E affinché non restino tali, hanno bisogno d’essere illuminati dalla luce dell’intelligenza, o, detto in modo più tecnico, dalla comprensione storica.

Quando, nel medioevo, la Chiesa aveva il monopolio della verità, quando, nel ventesimo secolo, in Russia, vigeva il regime sovietico, quando in Italia e in Germania c’erano le dittature fascista e nazista e gli oppositori finivano sul rogo, o nel gulag, o in carcere o nel lager, allora certamente c’era un’unica “verità storica”. Ma non credo che si possa avere nostalgia di quei tempi e di quei regimi.

Qual è l’origine della storia?
E’ giusto e inevitabile fare un cenno alla storia della storia. La storia come storiografia è una delle invenzioni della cultura greca classica, nel V secolo a.C.. Il primo storico fu Erodoto, detto il padre della storia, il quale nelle sue Storie narra non solo gli eventi delle città greche ma di tutti i popoli con i quali i Greci avevano rapporti, di pace o di guerra, dall’Egitto ai popoli dell’Impero persiano e dell’Asia. Egli descrive usi e costumi di ogni popolo ed inaugura una storiografia universale o onnilaterale. Subito dopo troviamo Tucidide (Le Storie), la cui storiografia presenta nuovi ed importanti aspetti. Il carattere dell’opera è monografico (la guerra del Peloponneso) con un’estensione temporale limitata che avrebbe dovuto essere di trent’anni se l’opera non fosse rimasta interrotta per la morte dell’autore. Tucidide cerca di scoprire i meccanismi storici fra i quali la “necessità dei comportamenti dei singoli”, collegata alla necessità di potenza ed all’inevitabilità del conflitto (sono gli anni dell’impero di Atene e del suo inevitabile conflitto con Sparta). Nella scelta degli eventi, egli assume il criterio della grandezza o valore del fatto storico (assiologia). Egli riteneva inseparabili fatto ed il giudizio sul fatto. Il terzo storico fu Senofonte, la cui opera (Elleniche) è legata fin troppo direttamente a quella di Tucidide, del quale utilizza molte pagine inedite. Senofonte fu l’inventore della storiografia con riferimento autobiografico (Anabasi). Con lui si afferma anche una “periodizzazione” della storia greca.

Prima degli storici greci, gli eventi importanti venivano fissati e ricordati nei monumenti per ordine dei grandi sovrani, come il Re di Persia o, in Egitto, i Faraoni. Era una storia ufficiale. La nuova storiografia nasce in un sistema politico democratico e, dalle origini, mostra la relatività dei giudizi sui fatti narrati. La storia di Erodoto fu scritta per essere letta nelle piazze, rivolta alla totalità della popolazione e questa destinazione fu detta “democratizzazione del discorso”. 

Questa differenza vale anche nel mondo contemporaneo, la libertà di pensiero produce una pluralità di punti di vista e di tesi. Dove c’è dittatura, c’è una sola storia. Se c’è.

Facciamo il punto: la storia riguarda il tempo e la memoria. Cosa si può dire al riguardo?
Il tempo. Ognuno di noi ha la sua immediata e personale intuizione del tempo. Ognuno vive il proprio tempo e con i propri tempi. Il tempo del proprio vissuto diventa anche fattore di comprensione della realtà. Ma il tempo del proprio vissuto, della propria esperienza ha i limiti propri di ogni soggettività. Il tempo storico può non coincidere con il tempo personale, anzi è senz’altro diverso, è una costruzione culturale non immediatamente a disposizione di ognuno di noi. Lo dobbiamo apprendere e lo studio della storia ha questa decisiva funzione: allargare l’orizzonte temporale, farci superare i limiti della nostra soggettività e guadagnare un punto di vista se non obbiettivo (abbiamo visto quanto è difficile) almeno più ampio e più profondo. Lo studio della storia ci mostra che non tutti i processi storici (sia pure decisivi per la nostra vita) hanno la durata delle nostre vicende personali, esso ci fa conoscere la media e la lunga durata, non immediatamente percepibili e ci dà il senso della profondità temporale.

La memoria. E’ una funzione decisiva della nostra vita spirituale, conscia e inconscia ma, come il tempo, ha i limiti della nostra esperienza personale. Lo studio della storia allarga e approfondisce, sia pure in modo mediato, la nostra esperienza e quindi la nostra memoria. Insomma, chi sa la storia ne sa di più. Ma la memoria storica è diversa dalla memoria personale, e la diversità non deriva tanto dall’essere una costruzione culturale perché anche la nostra memoria personale è una costruzione culturale, dato che noi veniamo acculturati dall’educazione sin dal primo giorno della nostra vita. La diversità sta nel fatto che ogni costruzione culturale viene costruita secondo leggi proprie, senza escludere analogie e somiglianze con altre costruzioni. Dobbiamo parlare di memoria storica quando si tratta di un’elaborazione condivisa da una comunità, più o meno vasta e la comunità affida la costruzione della propria memoria a fattori culturali suoi propri, che non solo possono essere diversi da quelli di altre comunità, ma possono essere molteplici e compresenti all’interno della stessa comunità. Il rapporto tra civiltà diverse – è accaduto nel passato ed accade nel presente – può aprire all’integrazione oppure ad una situazione di criticità.

La memoria e l’oblio. Non credo che possiamo ricordare tutto né lo vogliamo.
In realtà memoria ed oblio stanno in opposizione dialettica. Nel fissare la memoria e l’importanza dei fatti accaduti, una comunità, come un individuo, tende a lasciar cadere nell’oblio altri fatti.

L’oblio è l’altra faccia della memoria, da essa inscindibile. A ben considerare, ricordare significa scegliere e quindi anche obliare. L’oblio è diverso dall’omissione, la quale può derivare da trauma o da intenzione polemica. L’oblio, invece, è funzione vitale, perché utile ad alleggerirci del peso del passato, a non renderci prigionieri di esso, per non perdere la nostra capacità progettuale, la nostra capacità di futuro. Nietzsche, ch’è noto per i suoi giudizi non conformisti, nel saggio Sull’utilità e il danno dello studio della storia per la vita (1874), denuncia la “malattia storiografica” perché comprime le facoltà creative. L’oblio, dunque, non è rimozione (che nella vita dell’individuo come di un popolo costituisce problema) ma è archiviazione consapevole, cui si può attingere ogni volta che si vuol rivisitare il senso del passato.

Dobbiamo dire che se l’oblio si oppone alla memoria, tra i meccanismi della conoscenza storica c’è anche un’altra opposizione, quella tra rimozione e fissazione.
Facciamo un esempio. Alcuni anni fa, in Italia, ci furono delle polemiche sull’insegnamento della storia. In particolare, alcuni lamentavano che i libri di testo delle nostre scuole omettevano il racconto delle “foibe”, degli omicidi perpetrati dagli Jugoslavi nel corso della seconda guerra mondiale, non solo a danno dei fascisti italiani, avversari diretti, ma anche semplicemente degli italiani in quanto tali. Questa omissione c’era stata e la conoscenza di quei fatti è stata recuperata. Ma è anche vero che nei libri di storia di omissioni ce ne sono altre, anche importanti e questo riporta il discorso sui meccanismi di costruzione della memoria storica.

Si deve anche notare che l’attenzione per questa particolare omissione storiografica nacque all’interno di un atteggiamento politico che appariva ossessivamente legato al passato e rivelava una tendenza giustificazionista del fascismo. Chi s’impegnava in queste rimostranze, di solito tendeva ad omettere una chiara e coerente presa di posizione sul passato e sul presente, sui valori morali e politici della dittatura fascista e su quelli della democrazia. Eppure non poche questioni, di ordine morale e di ordine politico, esigono chiare prese di posizione nel nostro presente. Qui sfioriamo un problema di contrasto ideologico. Non tutti i polemisti sono mossi da disinteressato amore di conoscenza e va detto che qui si tocca il più opinabile dei generi storiografici: il genere fazioso, nel doppio significato del termine, ossia che ha come oggetto le lotte tra fazioni politiche (o partiti) e che alimenta, più di altri generi, la faziosità storiografica.

Fissità della memoria.  La storiografia sul fascismo, inclusa la Repubblica sociale italiana, è molto cresciuta negli ultimi anni per numero di ricostruzioni e per maggiore equanimità di giudizio. Ma nelle testimonianze di alcuni partecipanti ai fatti dell’epoca è emersa anche una sorprendente fissazione sul passato, una difficoltà o addirittura un’impossibilità di rielaborazione, di ripensamento. Tra la fine del 1996 e l’inizio del 1997, una ricostruzione storica della Repubblica di Salò fu fatta per radio, con testimonianze dirette di protagonisti. Lo storico Claudio Pavone, autore di un’importante ricerca sul fascismo e sull’antifascismo: Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella resistenza, pubblicato nel 1991, così commentò: “Ciò che impressiona in queste testimonianze è l’immobilità della memoria. I combattenti della R.S.I. si esprimono come se vivessero ancora nel ’44 o nel ‘45”.

Qual è il posto e la funzione della storia nella didattica?
Considerato all’interno di una prospettiva didattica, il problema della storia tocca sia aspetti di conoscenza sia di ordine psicologico e formativo. L’egocentrismo è l’atteggiamento spontaneo di ogni persona. Superare l’egocentrismo conoscitivo (quello morale è più difficile) è una delle funzioni fondamentali della crescita e dell’educazione e quest’ultima serve a favorire una buona crescita. Lo studio della storia dovrebbe avere l’ambizione di aiutare i ragazzi nel loro processo evolutivo, potenziando la memoria personale con la memoria storica.

Infine, vogliamo dire qualcosa sulla presenza della storia nei social?
Nei social la storia ha una diffusa presenza, nei modi tipici del medium. Come in uno sterminato mercato sempre aperto delle idee e delle opinioni, tutti sono fornitori e consumatori. La limitatezza spaziale di un post, la velocità della lettura, favoriscono i ritratti di personaggi storici e se ne leggono anche di accurati. Gli inconvenienti derivano dalla frammentazione degli argomenti, dall’uso strumentale e polemico, dal facile ed effimero consumo del dato. Questa abbondanza di facile e veloce reperimento va a scapito della ponderazione e della responsabilità del giudizio. L’apparente contemporaneità di ogni evento appiattisce le differenze e non giova all’acquisizione del senso della profondità temporale.

                                                                                     

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