Pubblichiamo le conclusioni di Pier Paolo Baretta all’evento “Consenso in rete e consenso reale”, organizzato da ReS e Comin&Partners (Roma, 1 dicembre 2021). Puoi rivedere l’evento qui
Grazie a tutti gli intervenuti, vicini e… lontani (come si diceva ben prima dei social). Grazie ai relatori, alla moderatrice, a Comin, ai collaboratori di ReS e alla regia.
Abbiamo voluto questo evento perché uno degli effetti del bombardamento mediatico è che, salvo chi sta nella… bolla, non si riflette mai su quello che sta succedendo. Ci abbiamo provato con questo incontro e, credo, sia perfettamente riuscito per la ragione che siamo partiti dai social, ma abbiamo parlato della società, di come funziona e dei suoi problemi.
Più che trarre delle conclusioni proverò a indicare quella che secondo me, alla luce del dibattito, potrebbe essere una agenda di lavoro, innanzitutto per noi politici, ma penso un po’ per tutti.
Lo dico con 5 punti, necessariamente molto schematici :
- Dovremo ricominciare a riflettere, molto più approfonditamente di quanto si stia facendo, sulla crisi della rappresentanza. Sì, se ne parla tanto, ma, mi sembra, con schemi abbastanza retrodatati. Vanno aggiornati gli studi e le analisi. La crisi della rappresentanza dei grandi soggetti collettivi coinvolge tutti ed è un fenomeno caratteristico della contemporaneità, accentuato dalla diffusione dei mezzi di comunicazione alla portata di ciascuno. Ne soffrono, soprattutto, la politica e i partiti; i sindacati, che pure conservano ancora un buon numero di iscritti, ma hanno il fiato grosso. Prendete la chiesa: allo straordinario successo del suo leader, Francesco, non corrisponde il peso che la chiesa aveva una volta nella sua rete relazionale. E poi… le urne sono vuote, la gente non va a votare, lo abbiamo visto anche alle ultime elezioni. Una riflessione nuova sulla solitudine del cittadino sarebbe assolutamente necessaria. La dimensione collettiva è in crisi: prima c’è stato uno scambio di battute sui concetti di popolo/pubblico/cittadino. Poi si è aggiunto il concetto di Flaviano: il cretino! Queste categorie sono, tra loro, ben diverse; sono approcci culturali, sociali e organizzativi differenti. Ma, in tutti si esprime la solitudine del cittadino. Se si vuole ricostruire un tessuto sociale di partecipazione (i social coprono il “buco” non lo riempiono) da qui bisogna ripartire.
- La seconda indicazione di lavoro riguarda il rapporto tra consenso, comunicazione e contenuti. E’ stato detto: prima la realtà! O, la realtà viene prima. Parliamo della realtà… reale, non virtuale. Quella materiale, concreta. I fondamentali… mi veniva in mente il libro di J. Diamond, “Armi, acciaio e malattie”. Sì, malattie! Con la pandemia è davvero cambiato il mondo. La percezione del cambiamento epocale in atto è molto percepita e presente nella vita quotidiana delle persone, nelle loro difficoltà. Forse più che dalle élite…
Questo è un tema decisivo: abbiamo bisogno di rimettere in relazione i contenuti con la comunicazione e con il consenso. È una battaglia culturale e politica.
Questo dibattito dimostra, parlando in particolare di social, che è possibile che ci sia una comunicazione capace di raccogliere il consenso indipendentemente dai contenuti, e, difatti, è quanto avviene ogni giorno. Dobbiamo combattere questo fenomeno deviante e lo possiamo fare attraverso un forte iniezione di contenuti. Spetta ai politici usare gli strumenti della comunicazione per comunicare contenuti. Sono stati citati gli scontri pesanti che si possono leggere nei resoconti parlamentari più vecchi (penso agli anni di Pajetta…). Ma dietro a questa polemica dura, sferzante, c’era rispetto reciproco; invece in molte situazioni sui social c’è degenerazione, assenza di rispetto. E poi era il merito, il contenuto, che motivava la polemica. - La terza riflessione è su regole e normative, che sono vecchie. Le più moderne sono quelle sulla televisione. Non c’è una struttura legislativa adeguata alla realtà che abbiamo di fronte. L’osservazione, che è stata fatta, sugli algoritmi è molto importante: non solo gli algoritmi legati alla comunicazione, ma, soprattutto quelli che regolano molti aspetti della vita quotidiana. Un sindacato, intelligentemente, ha chiesto di negoziare la formazione dell’algoritmo che determina i calcoli della produttività, perché, da esso ne consegue la distribuzione del salario per obiettivi. L’algoritmo, dunque, è ormai una condizione della contemporaneità che va ben oltre il sistema della comunicazione. Questo è un tema che ha bisogno di qualche nuova forma di normativa. Tutti ci ricordiamo una vicenda complicata, vissuta direttamente da noi, per mettere una tassa su Google. Al di là delle opinioni, la fatica di questo dibattito dimostra quanto ci sia uno scarto tra le normative attuali e quelle adeguate alle dinamiche che sono in atto.
- Bisogna anche fare una riflessione sui costi, non solo quelli della democrazia, ma sui costi della politica. Perché costa! Oggi, nella strumentazione attuale, è difficile farla se non hai risorse adeguate. L’ho sperimentato io che ho fatto una campagna l’anno scorso come candidato sindaco contro una persona che aveva tanti soldi da spendere in proprio. Legittimamente, per carità. Ma la politica costa e non è fatta solo di social, che poi sono quelli che costano meno: quella che costa di più è la comunicazione diretta con il cittadino. Se non si riaffronta questo problema la politica la fa solo chi se la può permettere. Anche perché i social sono importanti, ma non esaustivi della comunicazione politica.
- Un’ultima considerazione: è emersa dalla discussione di questa sera l’importanza dei social, la loro capacita di influenza, di trascinamento, di cassa di risonanza. Ma sono emersi anche i loro rilevanti limiti. Soprattutto è emerso anche che non ci sono soltanto loro. E non c’è solo la televisione, che pure è dominante…
Questa ultima riflessione mi riporta alla prima: dobbiamo ripensare a situazioni e momenti nei quali la comunicazione non è solo affidata a forme di altra intermediazione, ma si recupera mediazione diretta nel rapporto tra eletto, elettore, politico e cittadino. E forse non soltanto in politica, ma anche la vita collettiva deve tornare a un rapporto diretto.
Su questa agenda ci starebbe bene un altro seminario…